lunedì 21 maggio 2007
Arctic Monkeys "Favourite Worst Nightmare"
Il primo disco degli Arctic Monkeys, era un bel mix di sfacciataggine giovanilistica, bei riff e bei ritmi, ritornelli catchy come servono per essere passati nelle discoteche rock, e una voce fastidiosa quanto basta per essere inseriti fra le band indie dagli sprovveduti.
Un disco molto carino, nonostante tutto, con alcune canzoni che non evito mai, quando lo shuffle me le propina, ma che difficilmente vado a cercarmi quando voglio ascoltare qualcosa.
Devo dire quindi che non aspettavo con impazienza l'uscita del secondo capitolo, nè tantomeno nutrivo quei sentimenti da "vediamo se sono capaci di salvare il roccheerroll" oppure "vediamo se sono rimasti duri e puri com'erano all'inizio o se si sono venduti anche loro".
(Parentesi: che cazzo lo fai a fare un disco se non vuoi venderti? credo a malapena ai cantautori come possibili tipi dell'artista maledetto, figuriamoci se quattro ventenni che vogliono solo scopare e fare casino si mettono a suonare assieme per esprimere il proprio tedio esistenziale o per fare dell'arte immortale. L'unico scopo per cui formare un gruppo e suonare sono le groupies, è per quello che ci sono migliaia di suonatori di chitarra, e pochissimi di corno inglese. Detto questo: puoi vendere roba scadente, decente, buona o meravigliosa, è l'unica differenza possibile. Chiusa parentesi).
Dunque: non mi aspettavo nulla da questi quattro ventenni arrapati, e il singolo Brianstorm mi ha piacevolmente stupito: bello, tirato, con suoni di chitarra finalmente decenti, con un cantante che si lagna molto meno di prima e, soprattutto, con una sezione ritmica compatta e potente, di quelle che parlano direttamente al testosterone di noi maschietti (la controprova: ho sottoposto la mia ragazza qualche ascolto e mi ha sempre guardato con l'espressione "embè?" oppure si è distratta entro i primi venti secondi, mentre io cercavo di dirle: ma senti la batteria! senti il basso!). Il resto del disco non tiene alta la tensione allo stesso modo: gli Arctic Monkeys hanno deciso di inserire delle simil-ballate (only oness who knows, non eccezionali nè tantomeno originali), e non tutti i pezzi sono del livello del singolo. Si salvano - benché meno diretti - i primi quattro brani, Brianstorm compreso, che se fossero usciti come ep avrebbero fatto gridare al miracolo (teddy pickler, d is for dangerous, balaclava)- e l'ultimo pezzo, 505, questo sì, davvero BELLO. Per il resto si naviga a vista, si riempiono i tre minuti della forma canzone classica nel modo meno faticoso possibile, e si porta a casa la pagnotta.
Ovviamente per apprezzare il tutto sono necessari alcuni accorgimenti: mentre si ascolta il disco fare qualcos'altro che tenga libero il 20% della vostra attenzione(505 esclusa, quella si può anche ascoltarla e basta), far finta di non conoscere l'inglese e non cercare i testi sul sito ufficiale, non credere più alla possibilità che arrivi qualcuno a salvare il roccheerolle (sia che lo si dia per morto, sia che si pensi che non c'è bisogno di salvarlo).
Buon divertimento!
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