domenica 25 novembre 2012

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Da Latte Nero di Elif Shafak:

Per settant'anni la mia opinione sulle donne non ha fatto che peggiorare, e peggiora ancora. La questione femminile! Certo che c'è una questione femminile! Solo che non riguarda come le donne debbano prendere il controllo della vita, ma come possano smettere di rovinarla.
                                                                                                                  Tolstoj il misogino

Lo scopo della vita non dovrebbe essere trovare la gioia nel matrimonio, bensì portare più amore e verità nel mondo. Ci sposiamo per aiutarci reciprocamente in questo compito.
                                                                                                                  Tolstoj il femminista

Provo una grande tenerezza per lei ( la figlia Maša ). Solo per lei. Lei compensa gli altri, potrei dire.
                                                                                                                  Ancora Tolstoj


martedì 20 novembre 2012

Considerazioni alla vigilia di un compito in classe


L’intero capitolo 19 del Re Pallido è incentrato sul senso civico, sulla democrazia in America, sull’individualismo, sulla protesta anni ’60 divenuta moda inglobata dalle corporazioni, per finire a un modello in cui i cittadini da produttori sono diventati consumatori. È un discorso che avevo più o meno trovato in Consumed, di Barber. È un capitolo di dialoghi fra funzionari delle Entrate. Si parla di de Tocqueville e Rousseau, di Padri Fondatori, di Jefferson. Per coincidenza io sto “studiando” la Rivoluzione americana al serale, per cui doppio gusto. Nel dialogo il riferimento a de Tocqueville è questo: “dove dice che una particolarità delle democrazie e del loro individualismo è che per loro stssa natura erodono il senso di vera comunità del cittadino, l’impressione di avere davvero concittadini con preoccupazioni e interessi uguali ai suoi. Che è un paradosso agghiacciante, a pensarci, perché una forma di governo architettata per produrre uguaglianza rende i suoi cittadini così individualisti e presi da se stessi che finiscono col diventare solipsisti, concentrati sul loro ombelico”. Poi vado sul mio libro di storia per le superiori e per fortuna c’è una pagina proprio da La democrazia in America, del 1835, di de Tocqueville. Ed è effettivamente agghiacciante, aldilà del tono plumbeo ( fa venire in mente quella scena dei Simpson in cui Marge incontra Stephen King ): “Penso che la specie di oppressione che minaccia i popoli democratici non assomiglierà a nessuna di quelle che l’hanno preceduta nel mondo; le vecchie parole come “dispotismo” e “tirannide” non sono più adeguate ( sarebbero venuti i totalitarismi è vero, ma il senso rimane ). Vedo una folla innumerevole di uomini simili che non fanno che ruotare su se stessi, per procurarsi piccoli e volgari piaceri con cui saziano il loro animo. Al di sopra di costoro si erge un potere immenso e tutelare; è contento che i cittadini si svaghino, purché non pensino che a svagarsi. Lavora volentieri alla loro felicità, ma vuole esserne l’unico agente ed il solo arbitro”. Ora, io non saprei bene cosa dire. Se pensiamo ad oggi, uno dei temi “nuovi” è che il principio della delega mostra alcuni limiti. Le scelte economiche sono dettate senza che le si possa mettere in discussione. Non sono portato per una discussione di questo genere, però mi ha colpito il passaggio di de Tocqueville. Che i libri di Wallace ne siano impregnati è adesso ancora più interessante. Per esempio il tema della consapevolezza. L’insegnamento che teneva più a cuore di fronte agli laureandi e che viene però in certo senso messo in dubbio sia in Infinite Jest, sia nel Re Pallido, quando in due brevi passaggi scrive chiaramente che le scelte che poi condizioneranno la nostra vita non sono mai consapevoli. Da una parte la consapevolezza per toglierci questa sensazione di centro dell’universo, con le sue implicazioni esistenziali di nullità assoluta in confronto, che sfociano nel consumo compulsivo, nel dover essere qualcuno, lasciare il segno. Dall’altra il pensiero accidentale, quello che si manifesta in piccoli e inconsistenti frammenti, ma che ci direziona eccome. La cosa bella è di essermi accorto di un filo conduttore tra le opere, o almeno così mi è parso. In fondo non c’è nulla di tortuoso, ma per una persona che non ha studiato non è così semplice andare più a fondo nella lettura. Quindi oltre alla sensazione di leggere un autore con cui si “sente” qualcosa di affine, ma non si sa bene dire cosa, si è aggiunta la sensazione di cominciare a ascoltarlo veramente. Anche se poi le pagine finiscono e mi pare sempre che manchi qualcosa, forse perché mancano delle opere. O perché non capisco e la riflessione rimane superficiale.

Ok, non mi odiate, perdonate l'entusiasmo da primo giorno di scuola. Oltretutto faccio un sacco di assenze.
Vado a cercare un poster di DFW





domenica 18 novembre 2012

PRESI ALLA POLVERE






Due grossi volumi, un'antologia della canzone italiana partendo dai primordi. Oltre 1000 testi raccolti. Certo, è una bella spesa, 78 eurotti, ma si trova anche con un poco di sconto. Il curatore, Leonardo Colombati, è anche scrittore di romanzi, Perceber fra gli altri, l'unico che conosco e che ho cominciato a leggere, e che segnalo per il suo essere un romanzo-mondo, come vengono dette queste opere da chi lo sa dire. L'autore si rifà esplicitamente a Joyce e Pynchon, e la storia è ambientata a Roma.


sabato 17 novembre 2012

PRESI ALLA POLVERE

“Sono uno che fa cose tipo salire su un taxi e dire al tassista: “In biblioteca, e a tutta””.

 Un piccolo e utile saggio.

 Il commento personale, in fondo trascurabile, e, dato il caso, detto davvero senza ironia ( non senza però il compiacimento effettivamente sciocco nello scrivere “detto davvero senza ironia”; un peccatuccio perdonabile in fondo ): Dopo di questo solo liste della spesa. Depressione, divertimento, dedizione, dipendenza. Dopo la seconda lettura. Edmund Wilson scrisse a proposito di Joyce, dell'impegno che richiede, del fatto che se uno scrittore ci ha messo anni a fare un libro, un lettore non può pensare di cavarsela con una sola lettura. In più, alcune letture danno proprio piacere, sono divertenti, ti prendono. Certe opere incidono a fondo. Tolti però l’intrattenimento puro e semplice, anche della maggior qualità possibile, e quella che si potrebbe dire la descrizione del mondo, di noi, certe volte rimane il bisogno di leggere, solo quello, continuo, di conoscere il più possibile. Dentro Infinite Jest ( IJ ) c’è scritto a un certo punto, che ognuno pare avere un’attenzione ossessiva per qualcosa. E in Questa è l’acqua, che credenti o meno, non possiamo esimerci dal venerare ( dunque diventa fondamentale riuscire a scegliere a cosa pensare: che poi sia i giovani tennisti dell'accademia sia i residenti della casa di recupero, sono soggetti a cui viene detto di non pensare: i primi per essere immersi nel gioco senza spazio per il proprio Io, un ostacolo alla vittoria; i secondi perché solo seguendo regole precise possono sperare di farcela contro la dipendenza ). IJ, nel suo modo di prendere il lettore ( ammesso che accada, ovvio ), diventa quasi simile al film diabolico omonimo di cui parla, l’ipotesi di un tentativo analogo, per fortuna impossibile. Per cui verrebbe da dire che Wallace non voglia che i suoi libri siano letti assiduamente, ma con misura. Il nodo alla fine è che IJ racconta l’epoca in cui è stato per la prima volta così accessibile il piacere alla massa. Lo fa in maniera strabiliante nelle descrizioni e nell’azione, e vicina all’essenziale, soprattutto nei dialoghi. Un altro nodo mi sembra la percezione di sé. A parte quando siamo chiaramente felici o tristi, come stiamo? Il fatto stesso che uno ci pensa è indice che le cose potrebbe andare meglio? Mah!

sabato 10 novembre 2012

Fiction's about what it is to be a fucking human being

Punch-drunk love - Amour - Io e Te - Clerks. Un ragazzino che evita gli altri sgusciando di soppiatto da una settimana bianca per rifugiarsi in cantina, per uno scontro-incontro con un’anima ammalata. Un giovane intrappolato in un lavoro poco stimolante, indeciso sul da farsi nel campo sentimentale e sul futuro. Un uomo segnato da un’infanzia opprimente alle prese con un colpo di fulmine e con le sue nevrosi. Un vecchio che assiste impotente la sua compagna appassire, affrontando fino all’ultimo e con ammirevole forza la vita che se ne va. Si passa dalle punte toccanti, strazianti e snervanti di Haneke alla demenzialità delle situazioni messe in scena da Kevin Smith. Bertolucci restringe il campo visivo e si fionda nel mondo interiore di uno sbarbatello incazzoso e solitario che si vede invaso dalla sorellastra sotto “rota”. Paul Thomas Anderson diverte e stupisce con una situazione che si ingarbuglia man mano, si infittisce di tentativi a vuoto e di passi falsi, seguendo le evoluzioni della mente del protagonista sotto pressione. Un balletto bizzarro e confuso mentre sopra le teste dei protagonisti da un momento all’altro sta per cadere qualcosa di grosso.

venerdì 2 novembre 2012

CHI HA PAURA DEL BUIO?

Session 9 ( 2001 ) Regia di Brad Anderson ( quello dell'Uomo senza sonno ). Considerando che l'ho visto in inglese e non ho potuto capire tutto, e considerando che gioca molto sull'aspetto psicologico, mi è piaciuto molto lo stesso. Con poco riesce a dare più di tanti film horror. Come cornice parte un po' come Shining, una grossa villa e una settimana scandita giorno per giorno, settimana in cui una ditta di disinfestazione dovrà lavorare nella villa. Cinque uomini al lavoro. Detto questo, per chi vuol provare i brividi seri, i videogiochi horror non si battono. Il primo e unico amore fu Resident Evil, e ci siamo capiti. Poi smisi di giocare con la Play, praticamente giocavo solo a Pes, mi ricordo di Clock Tower 3, in cui il personaggio era una bambina e al primo livello era inseguiga da un lupo mannaro che brandiva un grosso martello. La bambina andava a due all'ora e non aveva armi. Mi faceva stare male. Il bello è che una volta su Fuori orario trasmisero alcuni videoclip di quel gioco. Comunque, un amico mi ha prestato Silent Hill 2. Stanza buia, notte fonda, cuffie, strizza continua.