lunedì 9 settembre 2013

Cosa racconteremo dei film che ( non ) vedremo di questi cazzo di anni zero


Synecdoche, New York - 2008, regia di Charlie Kaufman  ( lo sceneggiatore cervellotico dei film cervellotici di Gondry e Jonze ), con Philip Seymour Hoffman ( ... ).

Ecco, cosa vuole l’uomo che vediamo nel film e cosa vogliamo noi, pensieri su pensieri vorticosi attorno a un cuore illusorio, anelli nell’io; i nostri geni non lo sanno eppure lo fanno, noi potremmo saperlo o fingere di saperlo, e cerchiamo dunque. Potremmo cercare meglio, stiamo bene magari, ma potremmo stare meglio? l’uomo del film si sente solo, è fin troppo cosciente della morte, è un autore di teatro che mette in scena se stesso fino alla fine, per un pubblico che non potrà esserci come non ci saranno più neanche gli attori, quasi solo lui stesso in mezzo alla scenografia fatta città, con la mappa che contiene la mappa, con la propria vita fatta recitare da un altro che ha finito per realizzarla davvero. È un film che parte piano, da piccoli giochi di parole, ma già il titolo promette bene, per poi dipanarsi in continui rimandi meta-qualsiasi cosa che lasciano storditi, ma che arrivano al benedetto cuore che non c’è e che però si sente eccome. L’unica cosa che manca è la visionarietà registica, ma a quel punto poteva essere troppo, e se non c’è quello slancio imponente che aveva The tree of life per esempio, c’è un tocco prezioso, intimo, una bellezza in miniatura, come i quadri che vanno visti con la lente d’ingrandimento che dipinge la moglie dell’uomo. Non è uscito in Italia, però si trovano i sottotitoli in italiano.