mercoledì 31 dicembre 2008

Il non romanzo, il quasi romanzo, l'UNO: o quello che é, insomma, che poi in realtá si tratta sempre del BLIVIT. (sulla NIE, 3)

[Parlando della New Italian Epic e' fondamentale non cadere in quella che puo' essere definita la Sindrome del Povero Stronzo.
Se non sbaglio e' stato Arbasino a dire che in Italia fintanto che non ti caga nessuno perche' sei giovane e vendi poco sei una Brillante Promessa, e quando non conti un cazzo da vecchio allora diventi un Venerato Maestro. Il problema e' pero' l'interregno tra queste due condizioni, in cui non si puo' che essere catalogati nel campo riservato al "Solito Stronzo".
I Wu Ming sono sulla scena da troppo tempo, vendono, scatenano dibattiti (seppure in un ambiente alla fin fine molto elitario*) , vengono ascoltati e, non bastasse questo, a poco a poco una collana importante (se non altro in termini di vendite) come l'Einaudi Stile Libero sta diventando molto simile a quella che sembra essere la loro linea editorial-morale (che e' rimasta, negli anni, molto stabile: altra cosa decisamente sospetta, in Italia).
Quindi: hanno troppo potere e troppa influenza. Chi gli ha dato entrambe le cose? Perche' a loro si' e a noi no? Ecco dunque la spiegazione: truffa, o complottone, o popolo stupido e bue.]
[n.b. mi dispiace se scrivo sempre premesse, ma mi vengono naturali, e poi: c'e' una parte del mio giudizio su tutta la faccenda, se finisco sempre col parlare dei commenti a margine].
[Ah, altra premessa: una delle questioni piu' dibattute dai critici della NIE e' quella circa la preesistenza del fenomeno rispetto alla creazione dell'etichetta, e la conseguente valutazione del tutto come fenomeno puramente "promozionale". Quello del "si fanno solo pubblicita'" mi sembra un falso problema: le avanguardie e i manifesti servono esclusivamente a quello. (Ah, e a fare i fighi con le ragazze dicendo, "Sai, sono stato uno dei primi ad aderire alla New Italian Epic", cosa che di solito ha lo stesso effetto del regalare "La ricchezza delle nazioni" al primo appuntamento. Un mio amico lo faceva ma chissa' perche' non aveva grande successo). Piu' importante ancora: nella letteratura le correnti si creano a posteriori: una categoria critica non e' minimamente menomata dall'essere artificiale e tardiva. L'unico criterio e': funziona? non funziona? mi dice piu' o meno di quanto ne sapessi prima? Quindi: non parliamo per cortesia dell'uovo e della gallina]



"This book combines the tidal power of a major novel with the bone-rattling immediacy of front-line journalism - which is old stuff now, God knows, God knows. But I have also intetwined the flashy enthusiasms of musical theater, the lethal left jab of the short story, the sachet of personal letters, the oompah of American History, and oratory in the bow-wow style. [...] This is certainly that kind of masterpiece, and a new nameshould be created for such an all-frequencies assault on the sensibilities. I propose the name blivit. This is a word which during my adolescence was defined by peers as "two pounds of shit in a one-pound bag.""
(Kurt Vonnegut, Palm Sunday, Introduction).

A gennaio l'Einaudi pubblica la nuova versione del Memorandum sulla NIE, che cosi' diventa, per i critici "seri", non piu' fenomeno internettiano buono per un pezzo di colore ma oggetto di carta e inchiostro con cui fare i conti.
Intanto (e in preparazione), i Wu Ming hanno pubblicato su GIAP! una serie di considerazioni non troppo approfondite ma interessanti (o perlomeno: rivelatrici) su alcuni di quelli che (anche) a me sembravano punti critici o non scontati circa il loro lavoro. Ai WuMing sembra riduttivo confinare nella categoria del realismo le opere degli scrittori che si riconoscono nella NIE (ed e' un fastidio condiviso con piu' forza proprio da chi fra loro sembra fare meno ricorso alla letteratura di genere, all'ucronia, etc., come De Cataldo). Ai Wu Ming viene anche molto facile dire che chi mette la NIE sotto l'etichetta di Neo-neo realismo non ha capito niente: Dies Irae con le sue svisate cosmiche, Evangelisti con maghi e inquisitori, gli stessi Wu Ming con le scimmie aliene a Central Park (in New Thing di Wu Ming 1, finora la cosa piu' bella tra quelle uscite dal collettivo), i sogni premonitori e i fantasmi di Manituana, ecc. ecc. Che c'entra col neo-realismo tutto questo? Niente, infatti.
Il problema pero' e' che questo cercare di riportare tutto la neorealismo e' un riflesso condizionato da critici che di fronte alla parola "impegno" cercano la via di fuga piu' facile, il paragone meno impegnativo.
E' un errore senza un fondo di verita', ma con una motivazione plausibile.


I romanzi, nella NIE, sembrano non essere abbastanza. Quello che e' cambiato, nella visione dei Wu Ming, é la fiducia nell'atto del narrare storie: se nel primo Giap! il momento della creazione e trasmissione del mito e del racconto era quello assiologicamente importante, nella teorizzazione della NIE l'attenzione si e' spostata sulla figura del narratore, sul suo lavoro di recupero, di messa in prospettiva, di sovvertimento di regole, verosimiglianza, storicita', sintassi.
In secondo piano rispetto a questo, talmente secondario da sembrare piu' una faccenda sempre riferita piu' agli autori che ai lettori (ma un entusiasta potrebbe rispondermi: e' perche' tutti diventano autori) e' invece il discorso sulla ricezione, sulla lettura. Prima, il momento magico era quello dello scambio, ora i momenti sono quelli della produzione e poi (nelle punte piu' avanzate del movimento) quello della condivisione di un patrimonio narrativo (ma anche storico, nonostante l'ucronia proclamata), che aspira a diventare condiviso e riutilizzabile. Per essere condiviso, pero', quel materiale deve essere pochissimo ambiguo. I buoni si riconoscono facilmente, e i cattivi pure (unica parziale eccezione, tra quelli che ho letto, De Cataldo). I buoni possono anche perdere, ma la loro e' tragedia, non punizione. La punizione per i malvagi e' invece, in quelli meno sgamati dei NIE, inevitabile (negli altri i cattivi vincono: cosi' possiamo combatterli o riconoscerli anche noi): in Dies Irae di Genna, uno dei personaggi ha per un'attimo una tentazione (neanche realizzata) pedofila: il karma lo punisce immediatamente, la vita va a rotoli subito, manipulite, il cancro e non mi ricordo che altro gli cascano sulla testa. Ed e' evidentissimo che e' tutta colpa sua, che non si puo' lamentare, che se la merita. Le parti dei personaggi sono facili da individuare e, se non sempre e' facile individuare chi e' il bene assoluto, il male e' sempre visibile, etichettato, combattuto.
Questa e' una caratteristica centrale: i romanzi della NIE sembrano pretendere se non l'azione come loro conseguenza, almeno la presa di coscienza, e la presa di posizione. La narrazione e' efficace, IMPORTANTE, per usare la parola usata piu' di frequente da chi nella NIE si riconosce, quando scatena questo cambiamento. L'invenzione non e' piu' abbastanza, perche' l'invenzione da sola non richiede questo impegno: un romanzo che giochi con la storia, l'ucronia, il linguaggio, che sia aperto agli altri testi e agli altri mezzi e all'intervento esterno, ecc. ecc. ma che non presupponga questo impegno da parte dell'autore e, in secondo luogo, del lettore, e' un romanzo che i Wu Ming chiamerebbero: postmoderno. (Un esempio? "Jonathan Strange e il signor Norrell" di Susanna Clarke: c'e' riflessione sulla storia, straniamento, passati e presenti alternativi, sperimentazione sulla lingua e sulla struttura, ecc. Non e' transmediale o aperto, ma WM1 e' il primo a dire che non tutti i romanzi devono avere tutte le caratteristiche. Cosa gli manca per essere un romanzo della NIE a parte essere italiano? Che Susanna Clarke ha come unico scopo raccontare una storia e divertire il lettore - nel senso molto largo di entertainement, ovviamente).
Quindi: il romanzo per non essere "cool & dry" deve contenere una presa di posizione e questa presa di posizione sembra difficile ottenerla limitando il campo a quello che lo scrittore inventa soltanto. Deve contenere la sua posizione personale, e un giudizio sulla storia, e una sua analisi, e quell'analisi deve essere almeno in parte esplicita: a quello servono i due piani temporali di tutti i romanzi di Evangelisti (fra quelli che ho letto, almeno, a parte Noi saremo tutto, che invece ha un unico piano che basta a se stesso), a quello serve l'inserimento della cronaca, della storia, dell'autobiografia. A quello serve quella che WM1 chiama l'allegoria (che non ho ancora ben capito: bisognera' ragionarci a parte), che quando e' "semplice" e' semplicemente romanzo a tema, e quando e' complessa sfugge, in parte, al controllo dell'autore, ma rimane in realta' eco della posizione che esprime sul piano letterale.
La caratteristica centrale della NIE sembra quindi, tra tutte le caratteristiche elencate da WM1, proprio la necessita' di aggiungere all'invenzione romanzesca tutte gli orpelli del Blivit, finche' la busta da un pound esplode e diventa esplicito il contenuto.
(il giudizio assiologico su questa caratteristica diciamo che e' un altro paio di maniche).



* Quando si parla di liti in campo di letteratura, filosofia e consimili inutilita' belle, la virulenza della lite e' inversamente proporzionale al numero dei cani che si spartiscono l'osso, nonché inversamente proporzionale al numero di ossa disponibile: cfr. le liti, ogni anno, su Giordano Bruno, che abbiamo letto (ma io mica per intero) in 25 in tutt'Italia.

santa vs god



In ritardo di qualche giorno, lo so.
(Mattinata pigra, i server alla fine dell'anno non sembrano rompersi. O per lo meno nessuno se ne accorge)

lunedì 29 dicembre 2008

Primus "Mrs Blaileen"


Discover Primus!


(Per la serie: Grandi Classici di Fine Anno. Da: Tales From The Punchbowl)
(Notevole, come quasi sempre nel caso dei Primus, il testo)

lunedì 22 dicembre 2008

Ta Dah! (Preparazione al Santo Natale)


Prendo tempo e invece di postare robe ammezzate vi propongo due immagini prese da Indizi dell'avvenuta catastrofe, il mio Tumblr preferito.
Soprattutto la seconda non smette di farmi ridere.

venerdì 19 dicembre 2008

Mini Achab! 10a


Il secondo mini Achab!. All'inizio era parte del capitolo 11, ma poi l'ho lasciato ammezzato per troppo tempo e ho deciso di riciclarlo.

martedì 16 dicembre 2008

L'affaire Cardano, Prolegomeni ad ogni futura riscrittura, 2/ Elenchi

"Il tutto può essere ricondotto a sette elementi: aria, sonno, esercizio, cibo, bevande, medicine, strumenti. Le specie sono quindici e derivano da: aria, sono, esercizio, pane, carni, latte, uova, pesci, olio, sale, acqua, fichi, ruta, uva o cipolla acre. Quindici sono i mezzi per preparare: fuoco, cenere, bagno, acqua, piatto, padella, spiedo, coppa, pestello, filo e lama del coltello, grattugia, prezzemolo, rosmarino e lauro. Gli esercizi sono: la ruota del mulino, il passeggiare, il cavalcare, la palla piccola, la carrozza, la fabbricazione di spade propria dei fabbri, l'equitazione, la sella, la navigazione, la pulitura delle carte, la frizione o lozione, in tutto quindici. Come si fa con le cose sacre, ho ridotto tutto a pochi elementi con una riflessione profonda e un ragionamento luminoso: senza lo splendore anche le cose più chiare ti sembreranno meno semplici."
(Della mia vita, cap. VIII "Abitudini di vita")
Gran parte del fascino di Cardano lo si deve alla confusione dei suoi elenchi, alla sua incapacità di creare categorie e suddivisioni consistenti. Come in una finzione borgesiana, alle categorie di Cardano si può sempre aggiungerne una immaginaria, inesistente, illogica o incoerente. Gli elenchi si imbattono nella verità con la forza del numero, ma è una verità preterintenzionale. Quello che si può ricavare dagli scritti di Cardano è sempre molto di più di quello che sapeva il suo autore: l'ipotesi di una dottrina esoterica, soltanto improbabile in Bruno, è in Cardano ridicola: tutte le cose del mondo colpiscono l'attenzione di Cardano e il concetto di esperienza (nella forma controllata e asettica proprio della scienza) gli rimarrà per sempre estraneo: non c'è accidente e sostanza negli avvenimenti del mondo, ma solo cose che possiamo chiamare e incasellare, e ogni cosa si può incasellare più volte. La smania di nominare le cose, di creare per loro un posto è talmente forte che Cardano crea di frequente categorie che rimarranno esplicitamente vuote: per completezza (la completezza che da solo ciò che non esiste, che esiste come combinazione di parole e nient'altro), perché altrimenti le classificazioni non risultano simmetriche, perché devono stabilire, con lo spazio che creano, una distanza altrimenti equivocabile. E così, in Cardano, si scrive tutto e più volte, anche il contrario di quello che si affermerà poche righe più avanti (delizia, immagino, per il povero traduttore italiano del Prosseneta), si ritorna più volte e in luoghi diversi sugli stessi argomenti, si creano classificazioni (come nel De Sapientia) che si è incapaci di condurre a termine senza cadere nel ridicolo.
La serie degli elenchi di Cardano è la serie delle cose che si possono conoscere, persino di quelle che si possono conoscere ma non esistono. L'esempio più importante è il De Secretis, interrotto al livello di un semplice elenco di capitoli, l'esempio più evidente di come Cardano rimanga fino alla fine meravigliosamente incapace di spiegare alcunché, e di come si limiti ad indicare le cose. E indicarle di nuovo, con un nome diverso, non appena si dimentica di averlo già fatto.

Dato che nessuno ha colto la citazione



(Grazie ad Elisabeth per l'apparentamento con una canzone meravigliosa dei National, ma almeno il titolo viene da qui. Due minuti e mezzo che, vi piacciano o no, alla fine contengono dei versi bellissimi.)
Massimo Volume, Stanze, 1993.

lunedì 15 dicembre 2008

The Microphones "The Glow, Pt. 2"


Discover The Microphones!


Una delle mie canzoni preferite di sempre, dall'omonimo album del 2001.

Che poi i Microphones sulla lunga distanza non riesco mai a tollerarli davvero, ma qui danno il meglio di sé. Low-Fi pensato per essere ascoltato in cuffia, e un testo che amo moltissimo:

(i took my shirt off in the yard / no one saw that the skin on my shoulders was golden / now it's not / my shirt's back on / i forgot my songs / the glow is gone /my gliding body stopped)

venerdì 12 dicembre 2008

Tranne i colori che gia' conosci

Solo più tardi, ieri sera, è arrivato Gianni, stropicciato come al solito. Ma un po' gia' te l'ho raccontato.
Non fosse arrivato lui probabilmente avremmo bevuto di meno. Gianni aveva voglia di chiacchierare e noi no, e questo era un buon accordo, perche' potevamo stare li' ad ascoltarlo, e Gianni e' troppo intelligente per chiedere consigli.
Una volta, qualche anno fa, mi disse che avrebbe voluto una vita da adulto: sposarsi, avere un bambino, essere costretto ad alzarsi ogni mattina alle otto. Ecco, diceva: questo mi renderebbe stabile. Poi lo hai visto anche tu, come e' Gianni, anche in questo periodo. Non credo che gli farebbe bene avere qualcun altro di cui occuparsi.

Ancora stamattina, per pigrizia e stanchezza, ma anche perché non avevo trovato la forma che avrei voluto, ritornavo a rigirarmi in testa le solite tre o quattro parole.
Qualche ora prima mi sembreava di star giocando: non ne avevo bisogno, ma seguire con un dito quel profilo, alcune ciocche di capelli, quel poco dei seni lasciati scoperti dalle braccia e dal piumone, non finiva di sembrarmi divertente.
Lei dormiva o faceva finta di dormire, per non essere costretta a chiacchierare, ma se si fosse svegliata come uno stupido le avrei detto: “Ti sto solo disegnando! Sto imparando a disegnarti”. O qualcosa del genere: ancora adesso non ho deciso quale sarebbe stata la frase più ad effetto, con quale l'avrei costretta a innamorarsi. Comunque, te lo ripeto, non era la peggiore delle scuse, per giustificare l'intenzione di ricordare lei e quella stanza il più a lungo possibile, e vedere quanto a lungo l’immagine sarebbe rimasta precisa, quanto presto la mattina l'avrebbe rovinata.
Se fosse stata sveglia, avrei insistito per fare l'amore un'altra volta, avrei cercato di chiederle cosa pensava, ma me ne sono voluto andare troppo presto, ma non ce l'ho fatta ad aspettare. Ci ripenso anche adesso, e non ho avuto il coraggio di controllare se dorme ancora.
Una volta fuori ho chiamato Carlo, l'unico che poteva essere sveglio ad un orario in cui la gente normale lavora già da un'ora.
Carlo non è la persona migliore a cui raccontare qualcosa: per ognuna delle cose che gli racconti lui sente il bisogno di tirare fuori quattro o cinque esempi di cose simili già capitate a lui, di fare paragoni, di fornire interpretazioni, generalizzazioni e teorie. Ma a Carlo non ero ancora sicuro di aver voglia di raccontare niente: ricordavo ancora troppo bene quando lei si é alzata per andare in bagno e per un attimo mi sono convinto che si sarebbe rivestita e se ne sarebbe andata e mi avrebbe lasciato lì. Ed eravamo a casa sua, oltretutto. La sensazione che, se fosse tornata a letto, per il resto della notte potevo rilassarmi.

Ieri sera io e Carlo eravamo gli unici ad essere usciti prima di cena, e i tre bicchieri di vino a testa che ci siamo bevuti sono stati più silenziosi del solito. Non c'eri tu, non c'era nessuna di quelle con cui Carlo di solito ci prova. Che bisogno avevamo di essere brillanti? Le serate di Carlo, e i suoi discorsi, di solito si snodano intorno ad una serie di donne di cui sente il bisogno costante di parlare. Ieri invece sono stato io che ho iniziato a raccontargli di una delle ragazze con cui ho lavorato il mese scorso. Come al solito lui mi ha detto che in quel posto ero fuori luogo, che lì sprecavo tempo ed energie che avrei dovuto dedicare a trovare qualcosa di meglio a Pisa. Non è durato tanto, forse anche lui si è rassegnato al fatto che voglia andarmene da qui. Gli dicevo che, ad insegnarmi un mestiere che avrei fatto per due mesi e che non aveva alcun bisogno di essere imparato, era stata una ragazza di qualche anno più giovane di me. Brutta, ma lo dissi solo per prevenire le sue domande. Suo marito – il primo, che' un altro ora si era aggiunto, uno che non sono mai riuscito bene a capire che lavoro faccia e come si comporti con lei – era stato ammazzato per strada tre anni prima. Lei aveva perso il bambino, in quell’occasione. Era incinta di pochi mesi e ora ce la stava mettendo tutta a restare incinta di nuovo, ma aveva qualche problema. Mi aveva fornito anche una spiegazione molto tecnica del perché non riuscisse a portare avanti una gravidanza, ma non ci ho capito molto. Qualcosa su dove dovrebbe attaccarsi qualcos’altro, e invece no. Mi raccontava queste cose durante le pause caffè o quando nessuno dei clienti aveva bisogno, o quando qualcuno dei responsabili si allontanava abbastanza da non dover far finta di lavorare. In una busta portava alcuni dei documenti del processo contro i tizi che avevano sparato al marito, e dei ritagli di giornale con la notizia. Ora che ci penso, forse non li portava sempre con sé, forse iniziò a portarli solo dal terzo o quarto giorno che lavoravo lì, e forse li portava solo per mostrarmeli, perché la ascoltavo, mentre mi raccontava quelle cose. Io cercavo di figurarmi come doveva essere lei prima di tutto questo. Lo sai che delle storie non mi frega niente, ma cercavo di immaginare come fosse lei prima di tutto questo, prima che perdesse il bambino, prima ancora che restasse incinta. Quelle carte che si portava dietro, se le portava in una busta di plastica, come io mi porto dietro le mele. Erano atti giudiziari, con quella spaziatura e quell’impaginazione tipica e assurda che ancora riescono ad avere, con i timbri fotocopiati, con le pagine mischiate. Roba con cui mi divertirei a fare il decoupage. Lei aveva – così mi disse – letto tutti gli atti del processo, ma perché l’avesse fatto non l’ho capito. Suo marito aveva smesso di drogarsi già da un anno e non spacciava neanche più, era lì in mezzo solo perché stava aiutando un cugino. Non lo so se poi e' come me l'ha raccontata lei, quando mi raccontano queste cose perdo la forza di fare domande, smetto di essere curioso. Carlo non ci credeva che non avessi polemizzato con la ricostruzione dei fatti che mi faceva Caterina, che non avessi perlomeno cercato di capire quanto ci credesse sul serio in quello che diceva. Io ero interessato, in quei giorni, a qualcos’altro.
Caterina non era diventata una persona migliore o più sensibile, per quello che le era successo. Neanche più triste. O più cinica, o piu' disillusa. Quando oramai lavoravamo assieme da dieci giorni, Caterina smise di parlarmi del primo marito per parlarmi del secondo, della solita processione di piccolissime incazzature di cui sembrano essere disseminate le vite della maggior parte delle coppie che conosco.
Carlo ci ha tenuto ad interrompermi per raccontarmi di un ex trafficante di droga con cui si era ubriacato a Sarajevo. Aveva visto il mondo, sapeva parlare diciassette lingue. Aveva avuto più donne di quante io e lui ci saremmo mai sognati. Anche con Carlo non mi viene di essere polemico, e ho accettato la storia dell’ex trafficante di droga come se tutto quello che mi diceva Carlo e tutto quello che gli era stato detto in quella sbronza fosse vero. Carlo gli aveva chiesto delle donne, di dov’era stato in Italia. Aveva passato un anno a Pisa, lavorava in un cantiere prima che una signora se lo prendesse come amante e lo mantenesse e rivestisse. A Carlo sembrava strano che a me interessassero particolari secondari: com’erano i baffi del tizio, era zoppo? Aveva un bastone? Lui non ci aveva fatto caso o non ricordava. Le poche cose che mi ha detto erano palesemente inventate lì per lì per farmi contento. Le mani com’erano? Come stava seduto? Si poteva disegnare, la pelle era liscia o era scavato dalle rughe? Era un vecchio, messo male, così mi ha detto Carlo. Mi sono dovuto accontentare. “E da giovane com’era?” , gli ho chiesto. Bellissimo, mi ha detto Carlo, altro e grosso, muscoloso. Una bestia bionda. Gliel’ho detto che trovavo tutta la descrizione un po’ nazista.
Carlo gioca a fare quello di destra, e mi spaventa essere d'accordo con lui su troppe cose.
Di Caterina non sono riuscito a capire cosa ci fosse intorno a quei due anni di cui mi ha parlato, quelli in cui e' morto il marito, quelli in cui e' andata ai processi e in cui si e' ritrovata ad uscire con il tizio con cui ora vive. Prima, e' come se non fosse esistita, ma e' lo stesso anche per lei, solo quegli anni sono a fuoco, solo in quelli lei ha l'impressione che le sia successo qualcosa. Non esiste una Caterina adolescente, e non esiste una Caterina adesso: mi interessava solo quando parlava del passato.
Ma in fondo, neanche quel passato era cosí interessante: non avrei continuato a pensare a lei neanche se non fosse arrivato Gianni, neanche se non avessi poi bevuto troppo e non mi fossi trovato a letto con una persona che non mi aspettavo, e che desideravo da tanto. Non era poi cosí interessante, davvero, neanche abbastanza da riempire una serata.

solipsista


3 cose che mi contraddistinguono:

1) quelle poche volte che faccio qualcosa di nascosto, vengo sgamato immediatamente.

2) quando sono incazzato affretto le decisioni gia' prese.

3) se ogni dicembre non sconvolgo la mia esistenza non sono contento.


martedì 9 dicembre 2008

un altro ragazzo morto

Un lettore con più senso civico di me mi chiede di fare una cosa e io lo accontento volentieri. Non credo di avere molto da dire rispetto a quanto ha scritto lui nel commento al penultimo post. Quindi, copio e incollo.

Una cosa però: trovare una foto di questo povero ragazzo non è semplice. Su flickr ce n'è giusto una, ma non credo neanche sia davvero lui.

Facciamo finta di, i ragazzi sono tutti uguali.

Okkio al Kranio dice: "senti, so che questo è un blog disimpegnato però...visto quello che sta succedendo, se postassi una foto del liceale alexis gregoroupulos ammazzato a sangue freddo dalla polizia ad atene non sarebbe male.

breve resoconto (documentato): nel quartiere exarchia all'ora dell'aperitivo ci stanno tre ragazzi di un liceo che girellano davanti ai bar. arriva una pattuglia, vola qualche insulto. l'autopattuglia parcheggia, i poliziotti escono e seguono i tre a piedi.
ancora insulti, un poliziotto tira fuori la pistola e spara ad altezza d'uomo: il 16enne alexis stramazza al suolo, è morto.
ci sono decine di testimoni tra la gente che prendeva l'aperitivo....

poco più di un mese fa l'ex-ministro dell'ordine pubblico aveva definito i poliziotti "pretoriani di stato", affermando che dovevano usare il pugno duro e che non sarebbero mai stati perseguiti per eventuali eccessi.

anche in grecia l'opposizione di sinistra è debole e divisa, governa un partito di centro-destra reazionario che si scontra con gli studenti e punta ad alzare la tensione. sto giro c'è scappato il morto....

ricorda qualcosa???"

domenica 7 dicembre 2008

Rettifica: volevo che voi leggeste: "Club Midnight"


I lettori più attenti di questo blog si dovrebbero essere accorti che ogni tanto il suo autore non capisce un cazzo. Nello scorso post volevo infatti consigliarvi di leggere "Club Midnight", di Charles Simic, che ho appena finito e che è molto bello. "Hotel Insonnia" l'ho letto anni fa, è ancora più bello e l'ho consigliato più o meno a chiunque mi sembrasse capace di tenere in mano un libro. Quindi: siete pregati di leggere anche quello, ma io volevo parlare di quest'altro, anche se, poverino, nel mio cuore ha il posto dedicato al figlio scemo.

venerdì 5 dicembre 2008

Charles Simic "Hotel Insonnia"


Uffa, come si fa a parlare di un libro di poesia? La poesia per me, quelle poche volte che mi colpisce e che voglio condividerla, e' una faccenda che si riduce al mostrare: "Leggi qua, che bello". Questo e' il mio commento standard sulle poesie che mi piacciono.

Quindi, Simic, lo leggete, per piacere?

C'e' della verita', in queste pagine, e righe bellissime. Ci sono anche: un'America inaspettata, fantasmi e scarafaggi, luoghi deserti e specchi, e l'occasionale riferimento ad una donna; ci sono alte bibliotecarie che chinano la testa per ascoltare quel che i libri dicono e alchimisti che si rifugiano nel soffritto; ci sono ciabatte rosse abbandonate in almeno due occasioni, storni nervosi e picchi reduci di guerra; c'e' molta polvere e molto grigio e qualcuno raffreddato che legge i russi a letto, e che ho pensato mi assomigliasse molto.

martedì 2 dicembre 2008

il papa contro ken shiro

Qualcuno con dei rudimenti di giapponese mi spiega cos'e' sta roba?
No, perché l'idea di un fumetto su Giovanni Paolo II con quell'espressione e quel gesto mi esalta.