martedì 27 novembre 2007

lunedì 26 novembre 2007

grandi ritorni: l'amore a grottaglie /2


Sulle mura dell'ex liceo scientifico di Grottaglie. Non sono ancora riuscito a capire se la percentuale va applicata alla quantità di amore totale o alla quantità di principessitudine.

venerdì 23 novembre 2007

giovedì 15 novembre 2007

Backside to the Future /3

A guardare indietro con occhio di antropologo, i Fracitan Lizards sarebbero diventati una sorta di mito fondativo, per la Comitiva del Gabbiano, al di là della loro innegabile, per quanto casuale, importanza effettiva. Senza la fallita esperienza del gruppo io e i miei amici del liceo scientifico difficilmente ci saremmo mischiati con quelli dell'Istituto d'Arte, ma ciò che faceva dei Fracitan qualcosa più dell'aneddoto sul "come ci siamo conosciuti" era la riproposizione continua di estratti dalla cassetta Fracitan Lizards LIVE in Vurtagghie e soprattutto, da un certo momento in poi, i Fracitan Lizards tributes, cioè i giorni in cui - a scadenza grossomodo annuale - ci ritrovavamo tutti in una stanza a suonare anche gli strumenti più improbabili e a improvvisare canzoni originali (la migliore di tutte, quella cantata in tutte le occasioni per almeno tre o quattro anni era "Annarita - Cierto ca la vita è propria Bastarda", dedicata all'immortale tema delle femmine che non ce la davano), o a improvvisare (come già ai tempi dei Fracitan "veri") testi cretini e più o meno autobiografici sulle canzoni che conoscevamo meglio o che era più facile suonare in un contesto del genere. Da quel crogiolo vennero fuori capolavori che mi ritrovo a canticchiare ancora oggi, con quei testi (di solito improvvisavo io i testi, anche perché era meglio ch'io NON SUONASSI) al posto degli originali.
A tutti venne naturale pensare - un pò per scherzo, un pò sul serio - a quei ritrovi come ad un tributo ad un gruppo che in tutto fece si e no sei o sette prove, produsse una cassetta inascoltabile e non suonò mai una canzone per intero, e il tutto qualcosa come cinque anni prima. Essere invitati, significava fare parte di un gruppo di amici estremamente e forse eccessivamente coeso, avere le cassette (chi le ha ora? credo Piero, forse William, ma da quando mi evita per motivi a me ignoti è diventato difficile chiederglielo) voleva dire custodire qualcosa che di tanto in tanto ti veniva richiesto, per copia o giusto per cazzaggiare, dagli altri,;lasciare la tua traccia in una cassetta e non in un'altra segnalava come solo per un breve periodo eri stato considerato uno di noi.
Quando finimmo di incontrarci per i Fracitan Lizards Tribute la comitiva, in realtà, si era già sciolta, anche se ci avremmo creduto ancora per un pò, alla sua esistenza.

Hostel, Part II, di Eli Roth

Ogni volta che sono a Grottaglie, anche se mentre ci sono ci lavoro (come in questo periodo) ormai non posso fare a meno di entrare nella modalità vacanza, il che vuol dire: leggo libri ponderosi e totalmente estranei ai miei studi o romanzi interminabili, e guardo i peggiori film in circolazione, soprattutto quelli che mai andrei a vedere al cinema. Grazie a questo modo di organizzare le mie vacanze grottagliesi sono riuscito a guardare gli ultimi due episodi della trilogia di Matrix, tutta la trilogia di guerre stellari (quella del giovane Anakin, quella degli anni settanta è bellissima, c'è poco da dire), i Fantastici Quattro (ma mi manca il secondo) e altre amenità di questo genere. Mi mancano ancora Van Helsing e Freddy vs Jason, ma recupererò. Tra i film visti durante uno di questi cicli dedicati al peggio del cinema americano (in realtà i teen movie sono peggiori, ma proprio non ce la faccio a guardarli), mi era capitato di vedere anche Hostel, con un certo disappunto (per la trama: l'unica cosa buona è che quello che all'inizio sembra il bravo ragazzo che non va a puttane e che crede nell'ammmore muore quasi immediatamente e di morte dolorosissima), ma anche con una certa dose di raccapriccio (le scene gore sono in effetti abbastanza forti) e con un certo sollazzo estetico, dato che il parterre di gnocca esibito dal film era quanto di meglio proposto dai tempi de "La liceale se la fa col professore". Oggi, sperando nel raccapriccio e nella gnocca, ho noleggiato "Hostel part II" e ho provato il forte disappunto di aver visto un film molto migliore di quanto credessi e (ovviamente: di solito le due variabili sono inversamente proporzionali) con molta meno gnocca. Hostel II ci premura subito di farci sapere che l'happy ending del primo episodio dura circa un paio di giorni, perché l'organizzazione che stampa la faccia del bracchetto sui suoi affiliati è implacabile, onnipervasiva e piena di gente che non ammazza in modo discreto e silenzioso neanche quando si tratta di far scomparire i testimoni scomodi (n.b. è tassativo guardare il film in inglese, non solo per la traduzione di Bloodhound in Bracco, ma anche perché è fondamentale nel film la peggiore parolaccia inglese, malamente tradotta - mi sono guardato un pezzetto del film in italiano solo per togliermi la curiosità - in "troia"). Dopodichè il film è la copia carbone del primo, con l'ovvio accorgimento che le donne si fanno convincere con la scusa delle terme e non con il turismo sessuale, che l'anima bella è sostituita con la bruttona (che va, come in ogni film americano che si rispetti, con quello grasso e uguale a Vinnie Paul, il batterista dei Pantera) e che hanno una personalità anche i due "carnefici" principali. Hostel II gioca con l'idea scontata ma efficace che la vera crudeltà non sia nello yuppie esaltato e di successo ma nel suo compare frustato dalla moglie, dal lavoro e dai debiti, quello che ha una sensibilità, è timido e gentile e si fa prendere dai dubbi. Infatti, il film gioca proprio col concetto che dal dubbio e dal torcersi le mani e dal desiderare di salvare la propria vittima discenda la vera crudeltà, ed è per questo che il torturatore teoricamente più "buono" è quello che davvero fa paura. Gli altri, soprattutto gli omini dell'organizzazione sembrano più che altro bravi impiegati assuefatti al lavoro e sembra anche che lo facciano un pò di malavoglia e non troppo bene. Insomma: è come quando ti assumono alla vodafone per sei mesi e gli ultimi quindici giorni rispondi un pò più sgarbato al telefono perché tanto sai che non ti rinnoveranno il contratto.
Tra l'altro nel film non lo dicono mai, ma è evidente che gli operai del Club della Caccia c'hanno un contratto a termine, e che quelli che procacciano le vittime vengono pagati a provvigione e si sono dovuti aprire una partita iva perchè i padroni si sono rifiutati di assumerli. Insomma: sono vittime anche loro.
(Anche perchè l'unica che si salva è quella coi soldi.)

martedì 13 novembre 2007

aggiornamenti grottagliesi

Come anticipato, la prima metà del viaggio verso grottaglie è stato dedicato alla lettura del libro di Luzzatto su Padre Pio. Alle ore 11, però, un pò stanco e annoiato ho aperto l'ultimo libro di Chuck Palahniuk, "Rabbia", gentilmente prestato dalla mia amica Mariangela e, a parte dormire un paio d'ore, non sono riuscito più a chiuderlo. Palahniuk scrive il suo libro più bello dai tempi di "Soffocare", e lo fa una volta tanto puntando non sull'ammasso di freaks e di storie assurde che contraddistinguono i suoi libri (e che qui non mancano) ma attraverso la struttura del libro (che imita la storia orale e si presenta come un cut up di interviste rilasciate da amici, nemici e parenti di Buster "Rant" Casey) e attraverso un'idea di fondo stranamente legata ai canoni classici della fantascienza, a cui mi sembra che Palahniuk non si fosse mai avvicinato. In più, Palahniuk riesce, attraverso le voci degli "intervistati" a fornire lui stesso un tentativo di interpretazione del suo stesso romanzo, e lo fa in maniera convincente. Devo riscriverne, appena potrò farlo da un luogo diverso dall'INTERNET POINT PIU' CARO DELL'UNIVERSO.
Finito Palahniuk mi sto ridedicando a Luzzatto, il cui maggior pregio - ma anche di questo riparlerò - è nell'aver scovato e valorizzato la figura di Emanuele Brunatto, spia, truffatore, millantatore e faccendiere, ma allo stesso tempo cristianissimo e devotissimo seguace di Padre Pio, vero artefice di molte delle fortune di quest'ultimo. Ecco, solo per un personaggio da romanzo "larger than life" come questo Brunatto, valeva la pena spendere i 24 euro del libro di Luzzatto. (Che, ripeto, se i bravi cattolici si prendessero la briga di leggerlo, contiene cose capaci di far rizzare i capelli molto peggio della discussione sulle stimmate....)

giovedì 8 novembre 2007

numerologia (666 the number of the bitch)


non ho capito molto bene il senso di tutto questo, ma per scrivere una cosa enorme su un muro uno deve avere dei motivi no?

a Pisa, vicino a Ponte di Mezzo.

mercoledì 7 novembre 2007

Luzzatto, Padre Pio: ovvero la differenza tra un libro e un articolo del Corriere della Sera


Sabato torno a Grottaglie per una decina di giorni. Ho dunque dato fondo alle mie finanze per comprare il nuovo libro di Sergio Luzzatto "Padre Pio. Politica e miracoli nell'Italia del Novecento", da leggere durante le abbondanti 14 ore di viaggio.
Mi è venuta la curiosità di cercare commenti al libro, via Gugle, naturalmente.
Ho scoperto così che le reazioni della rete "cattolica" al libro sono piuttosto scomposte, anche più di quanto avrei immaginato: come minimo si afferma che Luzzatto (cioè l'"EBRAISMO", come viene comicamente sottolineato dal paparatzingerblog) non dovrebbe occuparsi di un santo cattolico e che il contrario non potrebbe avvenire (ma io non credo che nessun ebreo avrebbe niente da ridire ad un libro su Maimonide). ***Ah, senza considerare che per quanto ne so Luzzatto NON è ebreo.*** La cosa davvero strabiliante, però, è che tutti parlano del "libello" di Sergio Luzzatto senza, palesemente, averlo letto. Io, che per ora mi sono limitato a leggere qualche pagina dell'introduzione e l'indice, so già perfettamente che il libro contiene ben di più (e ben peggio, per un qualsiasi cattolico pensante) che una discussione delle stimmate. Eppure, nessuno parla d'altro: evidentemente nessuno l'ha, non dico letto, ma nemmeno aperto, il libro, e l'hanno scambiato per l'articoletto uscito sul Corriere della Sera. Detto articolo, che sarà sconvolgente per chi non ha letto il fondamentale volume di Federico Sardelli "I miracoli di padre Pio", conta però 9536 caratteri, cioè neanche cinque cartelle: come si fa a scambiarlo per un libro? Anche la forma è diversa. Non mi sembra un buon punto di partenza per criticare il "rigore scientifico" di Luzzatto.

martedì 6 novembre 2007

festività natalizie



a pisa, davanti alla sede centrale delle poste: la qualità infima è dovuta al fatto che  lo sfogo è stato vergato sulla rete che copre i lavori per il parcheggio sotterraneo di piazza Vittorio Emanuele II.

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avversativa amara



a Vicenza, nel sottopassaggio della stazione.

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