domenica 24 novembre 2013

COSE CHE (NON) CI SIAMO DETTE


Dammi risposte complesse. Così Gipi. Di fronte alla bellezza di unastoria di Gipi e di Una sterminata domenica di Claudio Giunta (rimando anche al suo sito, dove ci sono materiali estratti da poter leggere), verrebbe da ammettere che no, io al momento non posso dare risposte complesse e restituire quanto ho ricevuto e forse nemmeno fare domande complesse. E dunque la miglior cosa è chiedere risposte complesse. Poi la bellezza si esprime in varie forme, e le tavole di Gipi in qualche modo contraddicono il suo assioma, perché travolgono con una immediatezza tale che uno vorrebbe abbandonarsi a quella forza e tacere. Che sia una forza triste o gioiosa. Invece nella bellezza della raccolta di saggi di Giunta, ma vale anche per tutti i saggi nei quali riconosciamo un dono, ci sono alcuni aspetti che a volte insinuano dei dubbi ricorsivi, dubbi che si pone l’autore stesso, circa la possibilità di scrivere saggi sull’Italia e sul mondo che non scadano nella costernazione, nel moralismo, nel lamento dell’intellettuale. Scrivere dalla prospettiva dell’osservatore partecipante che a seconda del grado di approssimazione parlerà come Leopardi rifiutando la consolazione e l’inganno puerile, oppure come una guida al meeting di Comunione e Liberazione ( CL ), per la quale la conquista dell’Africa e dell’America è stata un’allegra scampagnata, in amicizia. Per questo ci sono le medicine. Non c’è niente come il pop, per schivare la costernazione, basta non fare attenzione. Parole di Giunta. Potrebbe essere una canzone de I cani. E a questo punto solo Lisa Simpson avrebbe la forza di ribattere. E il passo successivo è il disagio che comporta a volte questo chiedersi il perché delle cose, disagio non solo privato, per la vastità e per l’impotenza, ma anche per i rapporti con gli altri, come emerge ancora dal primo dei saggi di Giunta, quello sul meeting di CL, Anything goes. È il disagio che si prova a sentirsi estranei e in qualche modo superiori di fronte a ciò che pensano gli altri, e in questo caso a chi procede non tanto e non solo con la certezza della fede, ma con la fede nella certezza ( se ne è venuto fuori un gioco di parole à la Renzi, abbiate pietà ). E uno vorrebbe che l’abbraccio fraterno possibile non avvenga né con gli occhi strafatti della certezza né con quelli insinceri della condiscendenza, vorrebbe trovare l’immediatezza di un abbraccio e basta.

Dal momento che non si capisce molto di cosa sono fatte queste due opere, rimando ai link per le rispettive schede. Questo in fondo è solo un consiglio di lettura.

giovedì 7 novembre 2013

IL MONDO NUOVO


Womb – 2010, 111’. Regia di Benedek Fliegauf .

In questo film succede una cosa ( diciamo due ) che dovrebbe sconvolgere, ma che viene raccontata con la stessa placida grazia con la quale il film parte. Due bambini crescono assieme, poi lei parte, torna dopo 12 anni e i due si ritrovano, e diventano amanti. Poi lui muore ( preso sotto da un’auto ) e lei decide di farlo clonare e di partorire il clone, che crescerà e diventerà amante a sua volta di una giovinetta che passa da quelle parti. La vicenda viene anche narrata in una sorta di mondo a parte, una casa sul mare, nel Nord Europa, dove gli unici contatti sono con qualche bambino amico del clone e le mamme dei suoi amici, per cui apprendiamo che i cloni ( le copie ) sono emarginati dalla vita sociale, per quanto abbiano gli stessi diritti, almeno da ciò che si intuisce. La vicenda dunque è tutta giocata sul piano personale-famigliare, tanto più che il ragazzo solo alla fine saprà chi è veramente. Nelle scene iniziali e nella inconsapevolezza c’è tutta la bellezza possibile. Nei pensieri di questa donna amante e poi madre del proprio amante c’è l’incrinatura irrisolvibile del tempo che non lascia scampo e dell’unicità che l’esperienza dona alla nostra vita. 

martedì 1 ottobre 2013

PRESI ALLA POLVERE



"Qualunque cosa esista, disse. Qualunque cosa esista nella creazione senza che io la conosca esiste senza il mio consenso."

lunedì 9 settembre 2013

Cosa racconteremo dei film che ( non ) vedremo di questi cazzo di anni zero


Synecdoche, New York - 2008, regia di Charlie Kaufman  ( lo sceneggiatore cervellotico dei film cervellotici di Gondry e Jonze ), con Philip Seymour Hoffman ( ... ).

Ecco, cosa vuole l’uomo che vediamo nel film e cosa vogliamo noi, pensieri su pensieri vorticosi attorno a un cuore illusorio, anelli nell’io; i nostri geni non lo sanno eppure lo fanno, noi potremmo saperlo o fingere di saperlo, e cerchiamo dunque. Potremmo cercare meglio, stiamo bene magari, ma potremmo stare meglio? l’uomo del film si sente solo, è fin troppo cosciente della morte, è un autore di teatro che mette in scena se stesso fino alla fine, per un pubblico che non potrà esserci come non ci saranno più neanche gli attori, quasi solo lui stesso in mezzo alla scenografia fatta città, con la mappa che contiene la mappa, con la propria vita fatta recitare da un altro che ha finito per realizzarla davvero. È un film che parte piano, da piccoli giochi di parole, ma già il titolo promette bene, per poi dipanarsi in continui rimandi meta-qualsiasi cosa che lasciano storditi, ma che arrivano al benedetto cuore che non c’è e che però si sente eccome. L’unica cosa che manca è la visionarietà registica, ma a quel punto poteva essere troppo, e se non c’è quello slancio imponente che aveva The tree of life per esempio, c’è un tocco prezioso, intimo, una bellezza in miniatura, come i quadri che vanno visti con la lente d’ingrandimento che dipinge la moglie dell’uomo. Non è uscito in Italia, però si trovano i sottotitoli in italiano. 

venerdì 30 agosto 2013

PRESI ALLA POLVERE


“Una studentessa mi sembrava un pochino illogica, e quindi cercai di farla ragionare. <<Senta >>, le dissi, <<supponiamo che lei discuta con un islamico. Questo tizio le dice che quanto sta scritto nel Corano è tutto vero perché è stato dettato direttamente da Dio. Lei allora vuole sapere da lui come fa a esserne così certo. E questi le risponde: “c’è scritto nel Corano!”. Ebbene>> chiesi alla studentessa, <<a suo parere, cosa c’è che non torna in questo ragionamento?>>. Mi guardò stupita. Taceva. Io mi spiegai con più garbo, ma non capiva. Alla fine mi disse: <<io credo che bisogna rispettare tutte le fedi>>. Fine del discorso.”

“Supponi che, come è ben possibile che accadesse, nel 1962 o 1963 io facessi una conferenza sulla psichiatria. Fra le altre cose, mi capitava allora di spiegare come, per un qualsiasi individuo sofferente e in difficoltà, l’essere etichettato come malato di mente potesse in certi casi contribuire a un’interiorizzazione dell’etichetta. Ossia, inconsapevolmente, insensibilmente, questa persona poteva essere sospinta ad assumere alcuni dei comportamenti socialmente previsti per il ruolo “malato di mente”. Sempre ci tenevo però a precisare che questo fenomeno, già studiato da Lemert e da Becker non spiega affatto né l’inizio né la natura del disturbo mentale, anche se talora può influenzarne, in qualche misura, il decorso, o il decorso apparente. Ora, ecco il punto. Nel 1962 potevano venire ad ascoltarmi sì e no trenta persone; parlando con loro avevo l’impressione che la maggior parte di loro avesse compreso senza equivoci quello che volevo dire. Anni dopo, mi venivano ad ascoltare non trenta, ma trecento persone. la metà di loro se ne tornava a casa convinta che io avessi detto che la malattia mentale non esiste, perché io avevo detto che se un soggetto è trattato da pazzo egli si adegua all’etichetta solo per questo motivo e non perché affetto da una malattia mentale. Ed eccomi sistemato, per loro ero un antipsichiatra.”


Sono due passaggi del libro La razionalità negata, psichiatria e antipsichiatria in Italia, un dialogo fra Gilberto Corbellini e Giovanni Jervis, il primo storico della medicina, l’altro ( morto nel 2009 ) medico psichiatra. Si riferiscono a uno dei temi nel libro, la situazione culturale italiana, partendo dalle lotte e dai movimenti dei ’60 e ’70, nei quali si intrecciavano le teorie antipsichiatriche dell’epoca, trattando in particolare la storia di Basaglia, della legge 180, dei suoi effetti e della sua divulgazione. L’aspetto che più mi interessa è quello del come si formano le nostre opinioni, il nostro senso critico, perché ad esempio nel libro c’è una netta critica alla teoria foucaultiana, che idealizza la malattia mentale, e provando a leggere La storia della follia di Foucault mi accorgo che  ho delle riserve già in partenza, perché non mi piacciono il lirismo, la poesia e l’astrattezza poste come linguaggio fondamentale per parlare di certe cose. Ma questo fa parte del mio bagaglio critico o è solo una coincidenza?; se avessi letto prima Foucault e altri testi, e poi questo di Corbellini e Jervis, avrei considerato quest’ultimi come dei meri riduzionisti, degli aridi naturalisti? E soprattutto, sono in grado di affrontare certe letture e di comprenderle davvero? Non so, direi che c’entra molto la poca o maggiore istruzione, anche se a conti fatti gli studiosi prendono la loro via e si auto confermano le proprie teorie ( c’è anche un termine per ciò, il BIAS ), altrimenti immagino che non produrrebbero nulla in preda ai dubbi. Ci penserà poi la comunità degli studiosi a sistemare le cose.


L’altro aspetto interessante è non solo tutta la vicenda attorno alla psichiatria, le varie teorie contrarie, molto diverse tra loro, ma anche la prassi medica e l’evoluzione della medicina, il fatto triste e banale, che non è solo per la crudeltà che certe pratiche venivano adottate molti anni fa, ma è piuttosto l’impotenza di fronte a ciò che non si conosce. Per questo linko due belle conferenze nelle quali è presente Corbellini a proposito di storia e medicina:


domenica 25 agosto 2013

MIKROKOSMOS


Sylvain Chauveau - Un autre Décembre ( 2003 )

Molto del piacere che c’è nell’ascoltare questo disco credo stia nel suo tirarsi indietro, non solo nella sua breve durata, poco meno di mezz'ora ( le singole tracce sono brevi anch’esse ), che dà modo alla semplicità delle composizioni di risultare sempre azzeccata. Saper dunque chiudere al momento giusto. È un disco di pianoforte solo, con aggiunta di pezzi elettronici e di suoni ambientali. Le tracce elettroniche sembrano intermezzi, somigliano a volte a delle macchine inceppate, a volte creano un’ambientazione scura. Un accostamento insolito con il pianoforte, che insieme ai suoni ambientali rende più completo il tutto. Sono dei particolari che impreziosiscono il disco come se fossero piccole storie raccontate in musica. Ci sono situazioni più fantastiche, che sembrano parlare di mondi lontani, di viaggi nello spazio; oppure più famigliari, come una partenza all’aeroporto. Il pianoforte è dolce, delicato, malinconia o cupezza sono sempre stemperate dall’incedere lento e aggraziato. Poche note, melodie accennate e ripetute che poi si fermano, si sospendono per lasciare risuonare piccoli accordi. È un disco notturno, di una notte che lascia spazio alle riflessioni, ai sogni ( forse anche ai rimpianti ), alle possibilità.

Lo si può ascoltare qua

venerdì 12 luglio 2013

IL MONDO NUOVO



Questo film ( la scheda ) è stato trasmesso ieri, 11 Luglio, giorno del ricordo di ciò che avvenne nel 1995 ( per approfondimento ). Un film fatto di donne, le superstiti che raccontano le loro vicende impossibili da raccontare. L'aspetto principale è il dissidio interiore fra la possibilità di mettere una fine a ciò che è successo e la necessità di sperare che i propri cari scomparsi ritornino, dal momento che i resti ( le ossa ) dei figli e dei mariti o degli altri vicini sono stati occultati. Fondamentale dunque il lavoro che si svolge nei laboratori dove le ossa ritrovate vengono analizzate ( anche qua sono donne le analiste dei laboratori ). Non c'è molto da aggiungere, credo, se non come fa il regista alla fine, dire che il suo lavoro lo ha fatto anzitutto vivere con le persone intervistate, per compiere un'esperienza prima ancora che un'opera.

Non so se il film sia recuperabile sul sito di raitre, ce n'è una versione con i sottotitoli in inglese, stranamente a colori, dato che il film è in bianco e nero. 

lunedì 10 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Da Dialogo di Porfirio e di Plotino di Giacomo Leopardi

...Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Sì bene attendiamo a tenerci compagnia l'un l'altro; e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita. La quale senza alcun fallo sarà breve. E quando la morte verrà, allora non ci dorremo: e anche in quell'ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora.

L'opera completa è qua


domenica 9 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Dalle lettere di Leopardi

A Carlo Leopardi
                                                                                             Bologna 30 Maggio 1826

 …Sono entrato con una donna ( fiorentina di nascita, maritata in una delle principali famiglie di qui ) in una relazione, che forma ora una gran parte della mia vita. Non è giovane, ma è di una grazia e di uno spirito che ( credilo a me, che finora l’avevo creduto impossibile ) supplisce alla gioventù, e crea un’illusione meravigliosa. Nei primi giorni che la conobbi, vissi in una specie di delirio e di febbre. Non abbiamo mai parlato di amore, se non per ischerzo, ma viviamo insieme in un’amicizia tenera e sensibile, con un interesse scambievole, e un abbandono, che è come un amore senza inquietudine. Ha per me una stima altissima; se le leggo qualche mia cosa, spesso piange di cuore, senz’affettazione; le lodi degli altri non hanno per me nessuna sostanza, le sue mi si convertono tutte in sangue, e mi restano tutte nell’ani,a: ama ed intende molto le lettere e la filosofia; non ci manca mai materia di discorso, e quasi ogni sera io sono con lei dall’avemaria alla mezzanotte passata, e mi pare un momento. Ci confidiamo tutti i nostri secreti, ci riprendiamo, ci avvisiamo dei nostri difetti. In somma questa conoscenza forma e formerà un’epoca ben marcata della mia vita, perché mi ha disingannato del disinganno, mi ha convinto che ci sono veramente al mondo dei piaceri che io credeva impossibili, e che io sono ancora capace d’illusioni stabili, malgrado la cognizione e l’assuefazione contraria così radicata; ed ha risuscitato il mio cuore, dopo un sonno anzi una morte completa, durata per tanti anni…

 A Teresa Carniani Malvezzi
                                                                                               Bologna 30 Ottobre 1826

Contessa mia, l’ultima volta che ebbi il piacere di vedervi, voi mi diceste così chiaramente che la mia conversazione da solo a sola vi annoiava, che non mi lasciaste luogo a nessun pretesto per ardire di continuarvi la frequenza delle mie visite. Non crediate ch’io mi chiami offeso; se volessi dolermi di qualche cosa, mi dorrei che i vostri atti, e le vostre parole, benché chiare abbastanza, non fossero anche più chiare ed aperte…

                                                                                               Recanati 18 Aprile 1827
…Né anche vi domanderò nuove di voi: perché spero che presto potrò dirvi a voce tutto quel che vorrete sapere, e domandarvi tutto quello che vorrò saper io. Intanto amatemi, come certamente fate, e credetemi your most faithful friend, or servant, or both, or what you like.

 Ad Antonio Papadopoli
                                                                                               Bologna 21 Maggio 1827
 …Come mai ti può capire in mente che io continui d’andare da quella puttana della Malvezzi? Voglio che mi caschi il naso, se da che ho saputo le ciarle che ella ha fatto di me, ci sono tornato, o sono per tornarci mai; e se non dico di lei tutto il male possibile. l’altro giorno, incontrandola, voltai la faccia al muro per non vederla…

sabato 8 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Dalle lettere di Leopardi



A Carlo Leopardi
                                                                                             Roma 6 Dicembre 1822

…Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. Io ho fatto  e fo molti giri per Roma in compagnia di giovani molte belli e ben vestiti. Sono passato spesse volte, con loro, vicinissimo a donne giovani: le quali non hanno mai alzato gli occhi; e si vedeva manifestamente che ciò non era per modestia, ma per pienissima e abituale indifferenza e noncuranza: e tutte le donne che qui s’incontrano sono così. Trattando, è così difficile il fermare una donna in Roma come in Recanati, anzi molto di più, a cagione dell’eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie femminine, che oltre di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene d’ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi non si sa come, non la danno ( credetemi ) se non con quelle infinite difficoltà che si provano negli altri paesi. Il tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora che sono molto più circospette d’una volta, e in ogni modo sono così pericolose come sapete…

                                                                                              Roma 16 Dicembre 1822

…Cancellieri mi diverte qualche volta con alcuni racconti spirituali, verbigrazia che il Card. Malvasia b.m. metteva le mani in petto alle Dame della sua conversazione, ed era un débauché di prima sfera, e mandava all’inquisizione i mariti e i figli di quelle che le resistevano ec. ec. Cose simili del Card. Brancadoro, simili di tutti i Cardinali ( che sono le più schifose persone della terra ), simili di tutti i Prelati, nessuno dei quali fa fortuna se non per mezzo delle donne…

                                                                                              Roma 22 Marzo 1823

…Io vivo qui molto indifferentemente, non tratto donne; e senza queste nessuna occupazione o circostanza della nostra vita ha diritto di affezionarci o di compiacerci. Io me n’assicuro per esperienza, e posso giurarti che la conversazione o spiritosa o senza spirito m’è venuta in un odio mortale. Tutto è secco fuori del nostro cuore: e questo non si esercita mai: vada al diavolo la società. Addio, Carluccio. Salutami tutti.


venerdì 7 giugno 2013

CORRISPONDENZE


Dalle lettere di Leopardi





A Charlotte Bonaparte
                                                                                   Florence 17 Mai 1833






Madame la Princesse,



...Quant  à moi, Vouz savez que l'état progressif de la societé ne me regarde pas du tout. Le mien, s'il n'est pas retrograde, est eminemment stationnaire. Toujours mes occupations consistent à tâcher de perdre tout mon tems; je n'ecris pas, je ne lis pas, je fais tous mes efforts pour penser le moin que je peux; une ophthalmie fort obstinée, qui me rend absolument impossible toute espece d'application, est venue me perfectionner dans la nullité de ma maniere d'être...


A Carlo Leopardi
                                                                                   Roma 25 Novembre 1822 

...Ieri fui da Cancellieri, il qual è un coglione, un fiume di ciarle, il più noioso e disperante uomo della terra; parla di cose assurdamente frivole col massimo interesse, di cose somme colla maggior freddezza possibile; ti affoga di complimenti e di lodi altissime, e ti fa gli uni e l'altre in modo così gelato e con tale indifferenza, che a sentrirlo pare che l'essere uomo straordinario sia la cosa più ordinaria del mondo...

                                                                                  Roma 6 Dicembre 1822

...Senti, mio caro fratello; non mi dare del misantropo, nè del codardo, nè del bigotto; ma piuttosto assicurati che quello ch'io sono per dirti m'è dettato dall'esperienza, e dalla cognizione dell'animo tuo e mio...da quando io misi piede in questa città, mai una goccia di piacere non è caduta sull'animo mio... 

A Giulio Perticari
                                                                                 Recanati 30 Marzo 1821

...E la mia vita esteriore ed interiore è tale, che sognandola solamente, agghiaccerebbe gli uomini di paura...

A Volumnia Roberti
                                                                                 Recanati 6 Gennaio 1810

...vi mando certe bagattelle per cotesti figliuoli, acciocchè siano buoni ma ditegli che se sentirò cattive relazioni di loro, quest'altro Anno gli porterò un po' di Merda...Frattanto state allegri, e andate tutti dove io vi mando, e restateci finché non torno ghiotti, indiscreti, somari scrocconi dal primo fino all'ultimo.
                                                                                                                                  La Befana 


 

domenica 28 aprile 2013

IL MONDO NUOVO





Bimba col pugno chiuso
Segnalo questo film documentario stupendo, allegro e commovente, con una protagonista che non si scorda. Non vale tanto per la sua storia di partigiana, per la resistenza al fascismo o per l'impegno attivo per l'emancipazione femminile, e colpisce la sua critica ai "compagni" che cercavano di approfittarsi delle ragazze che entravano nei collettivi, oppure a quelli che una volta raggiunti posti di potere poi diventavano corrotti; vale soprattutto per le sue parole, perché è una persona che ha avuto e ha a cuore le vite degli altri, le interessano davvero, non solo per senso del dovere.

Il sito del film col calendario delle promozioni


martedì 26 marzo 2013

PRESI ALLA POLVERE









Come i tre coraggiosi cannoni umani ( tre allegri ragazzi morti ), i bei petali di ciliegio caddero per l’imperatore, ben sapendo che il dovere è più pesante delle montagne, ma la morte è più leggera di una piuma. Io, questa confusione e anarchia, sono io ( pilota tokkokai )



Note private dette in pubblico

Best fall

sabato 2 marzo 2013

In culo al monossido di diidrogeno



Non so voi, a me fa una certa impressione. In più mi viene da pensare che sia meglio vivere così. Cerco di spiegarmi. Leggo un libro, Pane e bugie di Dario Bressanini, e a un certo punto c’è un capitolo scritto con un tono allarmistico che fa presa. Leggete questo estratto e poi tornate qua. Uno poi ci ride sopra, però è frustrante, perché io adesso vi ho consigliato un libro, magari qualcuno si fida e lo legge e ne sarà influenzato come lo sono stato io, e io non ho nessuna preparazione per sapere se ho dato un buon consiglio oppure no. Molto meglio consigliare l’ultimo disco o film uscito, al massimo faccio sprecare un download o un biglietto al cinema. Non sto parlando di qualità letteraria in questo caso, ma di divulgazione scientifica, di informazioni su fatti. Ed è spiacevole scoprirsi in balia degli altri. Poi certo in linea di massima su certe cose ci si fida, tipo che la Terra gira intorno al Sole ( e nessuno si azzardi a dire che bisogna considerare il sistema di riferimento, me ne frego! ), però poi su questioni che addirittura incidono sulla propria vita, come ad esempio la possibilità che un inceneritore sia costruito nel comune in cui si vive, non è uno scherzo. E ci butto dentro anche un po’ di politica, visto il periodo. Così per curiosità mi guardo su youtube un vecchio video di un tale, del 2006, che a un certo punto ( a un'ora e venti circa ) parla di inceneritori e di nano-particelle. Cita due ricercatori italiani che hanno “dimostrato” che dagli inceneritori di nuova generazione escono nano-particelle che provocano il cancro. Queste nano-particelle sono presenti inoltre in molti cibi, segue una lista di alimenti e dei loro marchi produttori. Poi costui aggiunge che lo strumento per effettuare queste ricerche è molto costoso e che i due ricercatori ne saranno privati per le loro scomode ricerche. Seguirà raccolta fondi e tutti vissero felici e contenti. Faccio un giro in rete e scopro, ma a questo punto di chi ti fidi?, che una giornalista, ( nello spazio commenti, la giornalista si chiama Valeria Rossi, gli articoli non li metto ché il punto è un altro ) volendo dare risalto alla notizia, accede a tutt’altra verità, ovvero che i due ricercatori hanno usato lo strumento per ricerche private e non hanno prodotto nessuno studio accreditato. Insomma è faticoso ogni volta stare a controllare, e poi dove ti fermi, quand’è che ti puoi ritenere soddisfatto? Mah. Di positivo c’è che la possibilità di cercare c’è, se uno vuole. Un altro aspetto da tenere in considerazione è la complessità delle cose. Me ne accorgo anche a scuola, al corso serale che sto facendo per il diploma di maturità. La prof spiega storia, è molto esauriente, ma ha poche ore, deve condensare l’essenziale, tenendo conto anche del fatto che stiamo al serale e che non si può pretendere troppo. In più non frega molto quasi a nessuno. Riceviamo nozioni su epoche varie in tre o quattro fotocopie. Certo, uno apprende che in un certo anno ci fu un evento chiamato Rivoluzione francese, ma poi ( uno scopre che c’è un’interpretazione dell’Illuminismo di Adorno e Horkheimer, alla quale la stessa prof si rifà, poi però gli capita di leggere Darnton che invece risponde “manco per il cazzo”, e che diamine )? Non è tanto e non solo il discorso sulla rete, il web, sulle potenzialità e sui rischi, è che proprio c’è una quantità di cose che richiedono una costante verifica che sovrastano le nostre possibilità, per non parlare del sapere specialistico degli scienziati. La morale della favola comunque è la condivisione del sapere ( è anche l’alibi che mi consente di giocare a fare lo strillone all’angolo della strada ), come scrive Jean-Marc Lévy-Leblond nel suo La velocità dell’ombra, libro che ho già consigliato e che tratta appunto di cosa significa sapere e di divulgazione scientifica. Va beh, il finale vorrebbe essere ottimistico. Poi cercherò notizie su La peste del linguaggio di Calvino e Uwe Pörksen.

venerdì 8 febbraio 2013

... :-) ...








La svastica sotto a Bob Marley e un tizio sconosciuto
di fianco, un camioncino ambulante con gli interni in mattoncino
e un cliente stronzo e strani cori in lontananza e una macchina
a velocità sparata
Rastafarian!

Inside è un posto fuori dal mondo
di porte sbarrate e bagni senza porte
per foto in bianco e nero stile reportage
delle nostre guerre interiori e degli sguardi incrociati
Rastafarian!

Le ragazze vestite alla leggera
nel traffico anarco-quantistico romano
di infiniti incidenti paralleli
e tu non ti distraevi ( oppure sì? )
Rastafarian!



 

lunedì 28 gennaio 2013

domenica 27 gennaio 2013

PRESI ALLA POLVERE

“Bisogna saper ricominciare dal fondo. Senza niente. Senza una carta da giocare, senza un’arma, senza una proprietà, senza un diritto, senza dignità.
-         Come un cane.
-         Sì, come un cane.”

Vergogna di J.M.Coetzee è un romanzo duro, che mi è rimasto impresso e che ho voluto rileggere, in cui nulla di quanto succede è ciò che si vorrebbe. Ambientato in Sud Africa, è un romanzo che trasmette anche un sentimento negativo nei confronti degli uomini, dei maschi. La situazione insostenibile per il protagonista, un professore di mezza età cacciato dall’università per una relazione con una studentessa, che si rifugia dalla figlia in campagna, è quella non solo di assistere impotente allo stupro di lei da parte di tre uomini, ma di vederla imprigionata per sua scelta in una vita di dipendenza dalla stessa gente che la circonda. Protezione in cambio di terra e di acquiescenza. Mentre i sentimenti e i pensieri di David, il padre, sono chiari per tutta la storia, ciò che prova Lucy mi è oscuro, e così immagino per qualsiasi lettore, perché c’è un ovvio limite ad una esperienza che per mia fortuna mi è quasi impossibile pensare di poter vivere. Così come ci può apparire impossibile che Lucy voglia ancora restare in quel posto, una scelta che fa quasi rabbia, una rabbia prevaricatrice che dà quella sensazione spiacevole di quando si crede di sapere cosa è bene per gli altri. Ne è stato tratto un film, con John Malkovich, Disgrace, come da titolo originale.

mercoledì 23 gennaio 2013

IL MONDO NUOVO

Quella casa nel bosco – 2011, 95’. Regia di Drew Goddard.
Oscilla tra la figata e il niente di che, tra il voler fare sul serio o per finta, tra il voler divertire e il voler spaventare, in un continuo inseguirsi di queste due intenzioni che ne fanno forse il limite maggiore, nel senso che sì, è divertente, ma all’ennesima citazione e all’ennesima allusione, oltretutto a film come La Casa e Funny Games, che già di loro smontavano il genere, il gioco mostra la corda e si ha bisogno di vedere un solo film, non anche il suo riflesso; e appunto che la parte paurosa non incide granché. Meglio la parte avventurosa splatter, con una royal rumble cinematografica finale che è da pop-corn affogati in vari liquidi gassosi e non, ben disposti su qualsiasi superficie morbida.
Poi  si può guardare un vecchio film del genere, io ho optato proprio per La Casa ( Evil dead, del 1981 ), che sa ancora il fatto suo.

lunedì 21 gennaio 2013

IL MONDO NUOVO









‘ndate a vedere il nuovo Tarantino al cinema che è la spacconata di uno spaccone poi tornate a casa e spolverate le Colt e in sella al primo ronzino che vi capita sotto mano via alla volta della frontiera in cerca di guai.

Tarantino prosegue dopo Bastardi senza gloria con gli sfondi storici e vergognosi, stavolta guardando in casa propria, pure se in fin dei conti la casa è di tutti. E uno pensa “eh certo Tarantino, caruccio, divertente, demenziale, però leggerino”. E invece no, nel suo frullatore visivo e verbale spuntano certi particolari che ti fanno apprezzare la curiosità. La storia in breve è quella di un cacciatore di taglie che libera uno schiavo e lo aiuta ad andare in cerca della moglie schiava anch’essa da qualche parte nel Mississippi durante il 1858, anni in cui i giudici dell’epoca dibattevano se la costituzione americana comprendesse i neri liberati oppure no. Il cacciatore di taglie compare in scena su un carretto fingendo di essere un dentista, e nel film qua e là ci sono particolari sui denti dei vari personaggi. Tutte dentature malmesse. E come comincia Robert Darnton per parlare dell’Illuminismo? Parlando della dentiera di George Washington! Maniacalità a parte, c’è un sacco di roba strabiliante per gli occhi e smottante per l’animo, perché certo si ride e si spara però poi Tarantino piazza i suoi colpi duri facendoli mal digerire ai protagonisti e agli spettatori.


mercoledì 16 gennaio 2013

PRESI ALLA POLVERE



"I diplomatici di questo e di altri Paesi che provavano una certa apprensione quando vedevano avvicinarsi loro nei corridoi delle Nazioni Unite la figura leggermente curva dle dottor Raphael Lemkin non dovranno più essere in ansia. Non dovranno inventare spiegazioni per una mancata ratifica della convenzione sul genocidio alla quale il dottor Lemkin lavorava in modo così paziente e disinteressato da quindici anni. Morte in azione era il suo argomento finale - una parola finale per il nostro dipartimento di Stato, che ha temuto che un accordo per non uccidere violasse la nostra sovranità."

"Lemkin aveva coniato la parola <<genocidio>>. Aveva contribuito a redigere un trattato concepito per metterlo al bando. E aveva visto la legge respinta dall nazione più potente del mondo. Al suo funerale parteciparono sette persone."

"Tra i cento e passa trattati ci sono una Convenzione sul tonno con il Costarica, un ponte sul Rainy River, una Convenzione sull'halibut con il Canada, una Convenzione sul traffico stradale che consente agli automobilisti con patente americana di guidare sulle strade europee, una Convenzione sui gamberi con Cuba, un trattato di amicizia con il sultanato di Mascate e Oman, e persino un trattato quanto mai colorito e stuzzicante intitolato <<Protocollo del salmone rosa>>. Io non voglio insinuare che nessuno di questi trattati avrebbe dovuto essere ratificato. Ma ognuno di essi ha come obiettivo la promozione del profitto o del piacere."

sabato 12 gennaio 2013

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Il genocidio avvenuto nel Rwanda è un fatto che mi ha spinto a leggere vari libri, a fare piccole ricerche sul web per vedere in che modo se ne è parlato. Ci sono resoconti documentaristici, di cronaca e ci sono anche romanzi, testimonianze, quelle delle vittime e quelle dei carnefici. Poi c'è il ruolo di chi osservava, l'Occidente per così dire. La domanda di fondo è sempre "perché?", ma come è impossibile rispondervi, si può rispondere all'altra domanda, ovvero "come?". Io sono sicuro nella mia tiepida casa e a volte mi chiedo perché mi interesso a certi orrori. Non è così importante in fondo. Metto alcuni link per chi vorrà fare una propria ricerca.

Un articolo di Andrea Inglese che fornisce una buona bibliografia e offre una riflessione sul dovere di conoscenza proprio di ogni cittadino.

Un sito in cui troverete interviste a scrittori e analisi di opere letterarie in tema.

Un'intervista a Daniele Scaglione, autore di un saggio.

Un documentario e un film, Hotel Rwanda, che ancora non ho visti, ma che consiglio comunque.


mercoledì 9 gennaio 2013

Sturm und drang, sein und zeit, prosit!


La notte di Capodanno l’ho finita incazzato nero per non aver trovato nessuno con cui fare a botte. Cercavo qualcuno che difendesse Heidegger, il filosofo, non importa se questo ipotetico qualcuno lo conoscesse appena, bastava fare a botte, io avrei smerdato il filosofo e al minimo segno di disaccordo mi sarei avventato contro. A un certo punto bastava pure un altro motivo, però niente.
Era cominciata bene intendiamoci, una cenetta con pochi amici, della musica, un po’ di fumo, un po’ di sniffate. E non lo dico per fare scena, per fare il trasgressivo, il passo più trasgressivo è stato assaggiare il salmone affumicato, per me che sono vegetariano e che non lo avevo mai mangiato. Non m’è piaciuto fino in fondo. Era continuata meglio, al bar di un locale mi arriva una tizia allegra e carina in vari modi e punti, con alcuni tatuaggi, uno sul dito indice con scritto shhh!; rock & roll scritto sul polso; insomma niente male, niente male davvero. Mi dice – che fai, bevi da solo? – e poi – mi piaci tanto, si vede proprio che sei un bravo ragazzo, però sei troppo insicuro. Sì, ce l’ho stampato in fronte che sono un bravo ragazzo, oppure ci vede male, però resto un bravo ragazzo, radiografato in tre secondi da una tizia ubriaca che mi prende in giro, mi racconta la sua vita, poi mi prende la mano e mi porta a spasso a cercare i suoi zii, mi prende sottobraccio e mi porta a pensare a una serie di ipotesi, a come raggiungere “l’autenticità assumendo esplicitamente il proprio essere per la morte”; al “rapporto privilegiato che ha l’essere con l’essere dell’esserci, cioè con l’esistente”; al linguaggio che è “la casa dell’essere”. E poi mi offro di accompagnarla a casa, ma non si fida mica, mi chiede il contatto facebook, - non ce l’ho le dico. Che non è vero, ce l’ho con uno pseudonimo, va beh una cosa da scemi in fondo, da paranoici magari, mica che non glielo volessi dare, però in quel momento ho detto no. Poi mi saluta e se ne va con gli zii. Ma come? E Heidegger? E l’ermeneutica? E l’esistenzialismo?

Note al testo: le citazioni provengono da un testo di Gianni Vattimo uscito per una collana de La Repubblica. Io Heidegger non l’ho mai letto e ho fatto a botte un paio di volte da ragazzino, una volta e mezzo via.


martedì 8 gennaio 2013

Messaggio ai postumi



“Come penetrare nell’intimo della gente? Era una dote o una capacità che non possedeva. Non aveva, semplicemente, la combinazione di quella serratura. Prendeva per buono chi lanciava i segnali della bontà. Prendeva per leale chi lanciava i segnali della lealtà. Prendeva per intelligente chi lanciava i segnali dell’intelligenza. E fino a quel momento non era riuscito a vedere dentro sua figlia, non era riuscito a vedere dentro sua moglie, non era riuscito a vedere dentro la sua unica amante: forse non aveva neppure cominciato a vedere dentro di sé. Cos’era, lui, spogliato di tutti i segnali che lanciava?”

Pastorale americanaPhilip Roth

“Se l’identità che noi diciamo di essere non può catturarci una volta per tutte, e allude immediatamente a un eccesso e a un’opacità che fuoriescono dalle categorie dell’identità stessa, allora ogni tentativo di “dar conto di sé”, dovrà necessariamente fallire per avvicinarsi a una qualche verità. Nella misura in cui chiediamo di conoscere l’altro, o chiediamo che l’altro dica, una volta per tutte e in modo definitivo, chi lui o lei sia, sarà necessario non aspettarsi una risposta che possa davvero soddisfarci. Solo non aspirando a tutti i costi a una risposta esaustiva, e lasciando che la domanda resti aperta, che addirittura continui a insistere, noi lasceremo davvero vivere l’altro – dal momento che la vita può essere intesa proprio come ciò che eccede ogni tentativo di dar conto di essa. Se lasciar vivere l’altro è parte essenziale di ogni definizione etica del riconoscimento, allora questa versione del riconoscimento si fonderà meno sulla conoscenza che sulla percezione e l’assunzione consapevole di certi limiti epistemici, di certe pretese di verità.
In un certo senso, come suggerisce Cavarero, il “vero” atteggiamento etico consiste nel porsi la domanda “Chi sei tu?” e nel continuare a domandarselo senza mai aspettarsi una risposta piena e definitiva. L’altro a cui pongo la domanda non sarà mai completamente catturato da una risposta che possa soddisfarlo del tutto. così, se nella domanda vi è un desiderio di riconoscimento, questo desiderio sarà sempre obbligato a tenersi vivo come desiderio, a non risolversi mai in qualcosa di soddisfatto. “Oh, ora finalmente so chi sei”: nel momento stesso in cui pronuncio queste parole io cesso di rivolgermi a te, o di essere interpellata da te.”

Critica della violenza eticaJudith Butler

“Eppure suo padre continuava a passare i giorni e notti cercando di convincersi che non esistevano altre spiegazioni, che non le era mai successo nient’altro di sufficientemente orribile, nulla che fosse, anche lontanamente, abbastanza grande o abbastanza sconvolgente da spiegare perché sua figlia potesse diventare terrorista.”

Pastorale americana

L’accenno a Pastorale americana è contenuto nella prefazione a Una tragedia negata di Demetrio Paolin, prefazione di Filippo La Porta. Nella narrativa italiana che parla degli “anni di piombo” mancherebbe una figura tragica come quella di Merry, giovanissima terrorista e martire, scheggia rivelatrice di un crollo. Paolin esamina molte opere letterarie che trattano appunto gli anni ’70, opere spesso uscite nell’ultimo decennio. Opere che in generale non vanno fino in fondo, si ritraggono a un passo dal tragico. Non so fino a che punto Pastorale americana sia tragico, probabilmente lo è nell’esasperazione del protagonista, un uomo perfetto che non può far altro che chiedersi perché, per un dolore incomprensibile, per una follia incomprensibile. Poi nel romanzo c’è questa idea di mondo che va in pezzi, di morale svanita ( in fondo è un romanzo che arriva a fine Novecento ), resa nella scena della cena, la famiglia e gli amici di famiglia, i tradimenti incrociati, la discussione sul film Gola Profonda, il degrado urbano, cose così. Curiosamente in questi giorni al cinema c’è un film di Robert Redford, La regola del silenzio, che parla proprio dei Wheatermen, il gruppo terroristico che agiva negli USA. Il film non vale il cinema, ma a parte una certa prevedibilità e fiacchezza non è male. Uno spunto più che altro. Tutto questo per arrivare al Rwanda ( io non lo so se me ne fotto del Rwanda, ma effettivamente pur trovandomi ridicolo nel dirlo continuo a credere negli altri, pure senza aspettarmi chissaché ), alla cronaca di quello che fu scritta da Daniele Scaglione nel suo saggio Istruzioni per un genocidio.
Fra un po’ sarà la giornata della memoria per ricordare le vittime del nazifascismo e insomma il senso è: mai più! Poi la vita e la storia continuano e sappiamo che questo mai più è ben lontano dall’essere realizzato. Qui dovrebbe partire un lungo pippone sul senso dell’informazione, sull’apprendere e raccontare agli altri quello che abbiamo appreso, sul fatto che forse dei passi avanti li abbiamo fatti ( noi chi? Certo ) oppure che vedere un percorso è già sbagliato. Non c’è bisogno del pippone, al di là della piccola vanità di unirsi al coro generale della produzione di contenuti nella rete, immagino che alla fine un senso possa stare nella condivisione. Confusione personale a parte.