venerdì 24 giugno 2011

Tre Sul Nero (la rubrica dei film di Stefano)

M IL MOSTRO DI DÜSSELDORF – GER 1931, 117’. Regia di Fritz Lang.
Ci sono alcune scene indimenticabili e da brividi, come l’apparizione dell’assassino, un’ombra proiettata sul manifesto che annuncia la taglia per chi lo trova, mentre si avvicina all’ennesima bambina ignara di cosa le accadrà. Il fischiettio che poi incastrerà l’assassino stesso. La sua confessione, davanti a coloro che erano riusciti a catturarlo, strambe associazioni di scassinatori, rapinatori, giocatori d’azzardo e ladri d’orologi, con l’aiuto fondamentale dei mendicanti; il “mostro” urla devo! Non voglio! Devo! Il finale è sospeso: non sappiamo se sarà condannato a morte o cos’altro, ma vediamo tre donne con la voce dolente che pregano di stare più attenti ai nostri figli. Dopo una prima parte centrata sui bambini e il “mostro”, c’è la doppia indagine, quella ufficiale della polizia e quella delle associazioni di cui sopra che non ci stanno a farsi sospettare di un crimine tanto efferato ( il “mostro” violenta e uccide delle bambine, probabilmente fra i primi serial-killer del cinema ). Poi la cattura e il processo, sempre da parte delle associazioni. Qui il regista mette di fronte alla difficoltà di giudicare un tale fatto. C’è chi vuole la pena di morte perché l’uomo è inguaribile, chi proprio per questo pretende la consegna alla legge e la cura. Una donne che si alza e chiede di pensare alle madri delle bambine. E poi appunto il verdetto ufficiale sospeso e interrotto dal monito delle donne imploranti.



ANATOMIA DI UN OMICIDIO – USA 1959, 160’. Regia di Otto Preminger.
Appassionante nonostante le oltre due ore e mezza. Un tenente dell’esercito reduce dalla Corea è accusato di omicidio. Il movente è la violenza sessuale subita dalla moglie. La linea difensiva si baserà sull’impulso irresistibile scatenato dalla notizia della violenza. Il protagonista è l’avvocato del tenente, un appassionato di pesca e di jazz ( lo suona anche al piano ) poco propenso a far carriera che si fa convincere dal suo compagno di studi, un vecchio giurista dedito al whisky che per l’occasione si darà alle gassose ( pare che funzioni! ). La parte del processo è lunga e dettagliata, gustosa; ad un certo punto il giudice deve nominare un paio di mutandine e chiede consiglio agli avvocati della parti. Nessuno conosce sinonimi appropriati per non destare scalpore. Uno suggerisce un termine francese che non ricorda bene, ma il giudice lo ritiene troppo suggestivo. Vada per le mutandine allora, solo che il pubblico e la giuria scoppiano in una fragorosa risata. Altri tempi. Insomma anche qua siamo di fronte al dilemma di come giudicare un uomo che ha sì sparato cinque colpi ed ucciso una persona, ma l’uomo che ha ammazzato gli aveva violentata la moglie un’ora prima del fatto. Per giudicare intendo giudizio morale, ovvio.



VELLUTO BLU – USA 1986, 120’. Regia di David Lynch.                                    
Fino ad ora il film che più mi è piaciuto di David Lynch è Mulholland Drive, più la prima serie di Twin Peaks, però l’altra notte davano Velluto Blu alla tv e così parlo di questo. Parto dalla musica e dai suoni in generale che intervengono e fanno colonna sonora tanto quanto le musiche ufficiali. Ci sono tre livelli di musica: la sezione simil-sinfonica ( archi o synth ) che mi ricorda sempre le prime tracce di Disintegration ( The Cure ), usata per le scene in cui il giovane Jeffrey sta assieme alla sua bella; le canzonette, da Blue Velvet alle sezioni jazzistiche; infine i sottofondi inquietanti, suoni prolungati che si insinuano spesso repentinamente. Lynch usa moltissimo questa sorta di montaggio sonoro, anche senza stacchi tra un brano e l’altro. La musica usata in questo modo è uno dei suoi punti di forza in effetti. La storia per riassumere è quella di un ragazzo che si ficca pian piano in una situazione attratto dal mistero e poi risolto il caso ( uccidendo il cattivo ) ritorna alla tranquillità di sempre. Nel mistero troverà una donna sensuale e squilibrata tanto quanto il suo carnefice violento, sboccato ( “Andiamo a scopare! Voglio scopare tutto quello che si muove!” ) e criminale come pochi. Non è un film riuscitissimo, ma somma alcuni momenti affascinanti ( o perversi ) ad altri pieni di tensione in una maniera che rimane.

lunedì 20 giugno 2011

MO' E CHI E'?



"quando alle sette di mattina
sei passata da quella cantina
lasciai un giro di birra dove ero io il padrone
perché capì che era passato l'amore"

BEST LOVE SONG EVER


(questi due tizi sono un mistero tipo i Beatles: insieme facevano cose geniali, da soli ... che cazzo vogliono?)

(lo psicoanalista di scuola livornese - 6)

(lo psicoanalista di scuola livornese non tradisce mai)

(nel corso di questa settimana il dottor Esposito giura e spergiura che ricomincerà a scrivere e a disegnare)

giovedì 16 giugno 2011

POST IT from ES! /4






(recupero un po' di post it from ES!, dato che non mi riesce di fare cose più di concetto)
(l'idea della rubrica comunque è: il disegno e la scrittura sui post it sono uno dei modi più diretti per accedere all'inconscio)

mercoledì 15 giugno 2011

Cose di questo mondo (non li uccise un malore) - La rubrica dei film di Stefano



È STATO MORTO UN RAGAZZO. Federico Aldrovandi che una notte incontrò la polizia – ITA 2010, 95’. Regia di Filippo Vendemmiati. “è morto. Il tuo amico è morto perché era un drogato, anche tu sei un drogato, lo sappiamo che siete tutti drogati, dimmi dove prendete la droga”.
Come apprendo dal blog aperto dalla madre di Federico Aldrovandi, venerdì scorso i quattro poliziotti indagati sono stati condannati anche in secondo grado per eccesso colposo. Inoltre anche altri poliziotti furono condannati in primo grado per vari capi d’imputazione. È difficile dire qualcosa di più su questo film, cioè vedetelo e basta. Visitate il blog di Patrizia Moretti, la madre di Federico, leggete le parole con cui racconta il suo dolore. Nel film tornano le parole della madre, ci sono le fasi del processo, i tentativi ignobili di trattare la materia come una fatalità, descrivendo il ragazzo come un “drogato” o un “pazzo”, una “bestia”; ci sono i vecchi filmini di Federico bambino e adolescente e insomma il racconto doveroso di una vicenda che in qualche modo ci riguarda. Film che lascia affiorare i sentimenti, che non cerca di sovrapporsi, che accompagna i passi dei genitori di Fedirico Aldrovandi con la volontà e il diritto di sapere ciò che successe quella notte. Il perché poi accadano queste cose richiede allo stato e alla società una lucidità e un impegno futuro, adesso è importante che si sappia che un ragazzo è stato ammazzato.



12 DICEMBRE – ITA 1972 ( moltissimo tempo fa… ), 43’. Regia di Giovanni Bonfanti, da un’idea di Pier Paolo Pasolini. Riecheggiano le grida “Viva Marx! Viva Lenin!” in un film girato tra il ’70 e il ’72, partendo dalla strage di Piazza Fontana a Milano, una bomba piazzata nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, cha causò la morte di 17 persone e 88 feriti. Insieme ai molti arrestati ci fu Giuseppe Pinelli, anarchico, interrogato in questura per tre giorni e poi morto precipitando dal quarto piano. Si vedono le interviste alla moglie di Pinelli e alla madre di lui credo. Poi lo sguardo si allarga sui movimenti operai, sulle discussioni dei gruppi, ex-partigiani e lavoratori. Le condizioni di lavoro erano quando non mortali di una pesantezza incredibile. Per una paga poi comunque da fame. C’è un ex-partigiano che commenta: “ma che repubblica abbiamo fatto?, e al partito mi dicono di stare calmo, un passo alla volta, un passo alla volta. Mi pare che ci debba essere un buco enorme sopra ai nostri passi.” Si arriva a Reggio Calabria, dove avvenne una sorta di rivolta, ci furono barricate e azioni dinamitarde, fino all’intervento dell’esercito. Da non crederci. Il film finisce con un primo piano sul volto di una ragazza, emigrata assieme alla sua famiglia a Torino, quando gli immigrati erano italiani ( in Italia ). Tornano i “Viva Marx! Viva Lenin!” e si rimane a riflettere su quando c’è da scoprire e da conoscere. Sui fatti raccontati sopra in maniera tanto sommaria quanto neutra per chi vuole c’è la rete e ci sono libri su libri, tranne forse per alcuni misteri, tipo i malori che fanno compiere balzi dalle finestre.

martedì 14 giugno 2011

(lo psicoanalista di scuola livornese - 5)


(nell'attuale momento storico, contraddistinto da zero tempo e poca voglia, lo psicoanalista livornese è l'unica cosa che mi riesce di portare avanti)

domenica 5 giugno 2011

il porno su internet serve a scoprire nuova musica

Nel mondo della pornografia internettiana, non c'è solo gente che carica on line video e foto, suoi o di attori professionisti, ma c'è anche gente che fa le compilation.
Cioè: fa i "best of" delle varie perversioni/ argomenti.
Cosa che potrebbe essere un corollario alla regola trentaquattro di internet (se x esiste allora su internet c'è un porno relativo a x): se esiste un porno di x, allora ci sarà anche qualcuno che ci fa su una compilation con i momenti più - ehm - caratteristici.
Come in tutti i campi dell'umano scibile (e come nelle cassettine che si facevano da adolescenti) c'è chi è più bravo e chi lo è meno, chi è più preciso e inventivo, chi meno; chi lascia le colonne sonore originali (con mugolii annessi) e chi no.
Ecco, tempo fa sono incappato (del tutto per caso, non penserete mica stessi guardando dei porno, vero?) in una compilation abbastanza malata per contenuto ma con una colonna sonora che rendeva il tutto inquietante e - alla fin fine - bello: uno dei commentatori al video (sì, ci sono anche i commentatori) chiosava: "TwinPeaks : the porn". Ed era il commento più giusto possibile.
No, non vi dirò di cos'era. la compilation.
La colonna sonora, sono riuscito a scoprire, era la canzone di un gruppo tedesco di metallari che si sono messi a fare jazz/ambient.
I due loro dischi ("Sunset mission" e "Black Earth") che ho ascoltato finora sono assolutamente meravigliosi e perfettamente adeguati al mood attuale.
Enjoy (il link al video porno solo a chi lo richiede via mail).

sabato 4 giugno 2011

Cosa racconteremo dei film che (non) vedremo di questi cazzo di anni zero

(La rubrica dei film di STEFANO)


Premessa: dovrebbero essere i capolavori o comunque i film che penso valga la pena vedere, capaci di impressionare per la forza o la grandezza, oppure di smuovere, di far sussultare l’animo. Film degli anni ’00 con alcune aggiunte dal passato. Questi due mostrano uomini che un tempo buttavano giù alberi e adesso palazzi, con la testa rivolta alle loro case, alle mogli, al futuro per chi ce la fa.




STILL LIFE – CINA 2006, 111’. Regia di Jia Zhang Ke.
Come recuperare il proprio spazio e riadattare lo sguardo in un mondo che sta per scomparire. Un uomo è in cerca della propria moglie andata via ormai da 16 anni, insieme con la loro figlia. Arriva in una provincia che diventerà una diga per produrre energia idroelettrica, un progetto immenso che ha comportato l’evacuazione di oltre un milione di persone. Si ritrova così in un paesaggio per buona parte sommerso dall’acqua, senza soldi o quasi e senza sapere dove trovare la moglie che ormai vive da un’altra parte. L’uomo comincia a lavorare assieme ad una squadra di demolitori di palazzi, riuscendo poi in seguito ad incontrare la donna che cercava. Un racconto lentissimo e straordinario, una continua carrellata di volti e scorci di paesaggi spettrali, suoni della civiltà avanzata che disturbano la quiete della rovina. Lo sguardo nascosto e dettagliato di un regista da scoprire e seguire ( se potete guardatevi Platform e The world ) che descrive come fosse un documentario una dimensione sospesa  nella quale vivono alcuni lavoratori a cui si aggiunge il protagonista. Nel finale del film si vedono mangiare assieme e fumare, brindare alla partenza dell’uomo che dice di tornarsene a lavorare dove stava prima, nelle miniere di carbone. Gli altri sono tristi, poi uno chiede quanto si guadagna. Almeno il quadruplo. Allora gli altri senza pensarci un attimo brindano ancora e dicono che lo seguiranno, però lui li avverte che è anche molto più pericoloso, la mattina si scende e non si può essere sicuri di tornare. Non fa niente, partiranno lo stesso, zaino in spalla e via andare, lasciandosi alle spalle un equilibrista temerario sopra un filo appeso agli ultimi palazzi rimasti in piedi, esistenze precarie che proseguono il cammino.



IL TAGLIO DEL BOSCO – ITA 1963, 56’. Regia di Vittorio Cottafavi
Gian Maria Volonté è Guglielmo, vedovo da alcuni mesi, che prende con sé una squadra di boscaioli per andare a tagliar legna nei boschi della Toscana. Di giorno si taglia la legna, poi si va a lavare i panni al fiume, ci si accorge di quanto faccia male l’acqua alle mani e si pensa alle proprie mogli. A sera, nel rifugio si prepara la polenta, si gioca a carte e si fuma; c’è anche chi rammenda e chi racconta delle storie, alcune ci vogliono tre sere per finirle. C’è Fiore, scorbutico che mugugna per tutto, c’è il giovanotto che aspetta di partire militare, magari al nord dove le donne sono più libere; chi sogna di andare in California. Passato l’Inverno e la Primavera gli altri tornano al paese, mentre Guglielmo aspetta il carbonaio per finire il lavoro. Incontra un uomo davvero solo, anche lui ha perso la moglie, e anche una figlia, l’altra invece lavora lontano, e così adesso non gli resta davvero più nessuno, il lavoro lo porta sei mesi per i boschi, ma è un lavoro che svolge senza aiuti e quando torna a casa è lo stesso. Guglielmo può così pensare che lui almeno ha una sorella che lo aiuta a crescere le due figlie che lo aspettano ormai da cinque mesi. Guglielmo torna a casa e passando ancora una volta sulla tomba di sua moglie chiede che gli doni un po’ di rassegnazione.
È un film stupendo, mostra la vita di un tempo, le fatiche e i malanni, la povertà e la necessità schiacciante del lavoro. È incentrato sugli uomini, sui loro gesti e le loro voci, anche i loro canti. C’è tutta la buona umanità possibile, anche nella sofferenza, e si capisce bene che le ferite interiori sono il legame che abbiamo con le generazioni passate.

mercoledì 1 giugno 2011

L'oroscopo di Cinzia - giugno

La luna nera di giugno e altre cose che danzano nel cielo
Questo mese la rubrica esce in formato ridotto, a causa della stanchezza dei miei occhi.
Di cose da dire ce ne sarebbero però, eccome.
Alcuni dati, in sintesi: la luna di inizio giugno è la brillante luna in gemelli, che si eclissa fra le braccia del sole mentre giove sta per fare ingresso nel segno del toro, dove già si trova uno stellium vivace: mercurio, venere e marte. Plutone, dal capricorno, si allea con questi pianeti per trasformare in energie concrete le sue forze sotterranee e misteriose.
Alcune riflessioni, in sintesi: l’equilibrio delle energie in gioco è capovolto rispetto alla situazione dello scorso mese. Rapidamente, ha preso forza il lato femminile, notturno e gentile dell’universo e si intende opportuno allinearsi con queste modalità di espressione. Il mondo questo mese è meno cerebrale e anche le idee si solidificano per diventare tangibili. Per tutti noi, quello che comincia è un mese dal carattere molto concreto. Non sciupiamolo restando tra le nuvole. Soprattutto chi è capace di pensare e sognare e negli ultimi tempi ha molto sognato e pensato, adesso è chiamato a cimentarsi con la dimensione plastica e tridimensionale che si spalanca sotto l’iperuranio.
A chi tocca, tocca
 L’ariete, quel che ha avuto ha avuto. Adesso si sente sfuggire, uno dopo l’altro, gli stimoli che l’avevano portato ad agire freneticamente negli ultimi tempi. Segue un momento di assestamento e di controllo: può darsi che abbia messo troppa carne al fuoco e allora deve contenersi adesso o non riuscirà a cuocerla tutta. Fase di aggiustamento, necessaria per trattenere i benefici.
Il toro si sente pungere da idee e prospettive nuove e resiste per connaturata inerzia. Triplamente sostenuto da venere, giove e plutone, se non muove il culo quest’anno se ne pentirà poi per tutta la vita. Pessima idea, quella di godersi semplicemente le prime settimane estive.
I gemelli raccolgono adesso quello che hanno seminato durante l’anno. Trovandosi la maggior parte dei pianeti in segni femminili, purtroppo la loro mietitura non sarà particolarmente sostenuta, a meno che non abbiano pianeti importanti nel vicino segno del toro, cosa che è molto probabile. Viene premiata la capacità di condensare il pensiero in fatti.
Il cancro gode di riflesso del sovraffollamento del segno del toro. Sicuramente può preparare questo mese un terreno ideale per il suo prossimo regalo di compleanno.
Il leone è bendisposto per natura. Questo mese sarà innervosito e smanioso; c’è in vista il pericolo di qualche sciocchezza che può essere commessa, di qualche azione avventata. Non sembrerà così sulle prime, sembrerà tutto così bello…
La vergine vive questo mese uno dei suoi momenti più piacevoli e può anche provare a non essere tirchia e a non perdersi fra i dettagli: c’è tanto da fare e, anzi, tutto sembra farsi da sé.
La bilancia, messa alle strette dal suo severo maestro saturno, assediata dalla pragmaticità uraniana, è costretta ad arrendersi all’idea che nella vita bisogna stare o di qua o di là. La luna in gemelli offre una chance per scegliere bene, o per incontrare qualcuno che sappia scegliere per lei.
Lo scorpione questo mese rischia di arrabbiarsi e di innamorarsi ogni volta che esce di casa. Cosa succede? Attenti ai soldi, attenti ai coltelli, e non gettate via numeri di telefono, fino al mese prossimo.
Il sagittario speriamo che abbia fatto tesoro delle forze che l’hanno sostenuto nella prima metà dell’anno. Fase di aggiustamento, contenimento, consolidamento. E insegnamento, dono agli altri di quello che si è conquistato, che è un modo come un altro per aumentare la fortuna.
Il capricorno avanza schivando il rigore saturnino, ammettendo nella propria vita anche qualcosa di più vitale. O, almeno, ragiona su dove sistemare tutto questo denaro…
L’acquario può approfittare del trigono della luna per accogliere il risultato delle sue ultime fatiche. Dopo andrà peggio, ci saranno meno energie e conviene sviluppare i lati più femminili e pacati, comportarsi come ‘collaboratori dei giusti’ e non come propugnatori di questioni di principio – ne deriverebbe altrimenti molta inquietudine.
I pesci ricevono un bel sestile incoraggiante dallo stellium in toro. Molte energie a disposizione, ma non troppe, non troppi stimoli difficili da gestire. Attenzione a non lasciar scivolare dalle mani la manna caduta dal cielo.