mercoledì 24 ottobre 2007
Philip Pullman "His Dark Materials III: The amber Spyglass"
Di ritorno dalla Valtellina, con i pizzoccheri e una sorta di purè 2.0 da digerire ("tavroz", mi sembra che si chiami), non ho potuto fare a meno di finire di leggere l'ultimo capitolo della trilogia di His Dark Materials: The Amber Spyglass.
Da allora continuo a chiedermi cosa non mi è piaciuto di questo terzo volume, e mi do varie risposte: i nemici come al solito sembrano avere troppa fiducia in sè stessi, ed è questo che causa alla fine la loro sconfitta (ma il difetto è alla base: è nel cercare di dipingere il nemico sempre come il più potente possibile, per far apparire più grandi anche i "buoni": d'altronde è più semplice disegnare grandi villains che grandi eroi): l'angelo Metatron è troppo umano e troppo debole, alla fine, troppo scoperto. L'unico colpo di genio è renderlo così perché in fondo troppo arrapato. Poi non mi è piaciuta la conversione al "bene" di una delle cattive dei primi due volumi, in virtù di un amore materno a cui invece in precedenza era risultata magnificamente indifferente. Inoltre alcune sdolcinatezze finali, e una certa sproporzione tra l'evento da cui tutto dovrebbe dipendere, cioè la "tentazione" di Lyra e Will, i due bambini protagonisti del libro, e il reale impatto che esso ha sulla storia dei mondi (ma ho qualche dubbio: proprio questa sproporzione potrebbe essere un colpo di genio ulteriore di Pullman: almeno, è da quando ho finito di leggere il libro che mi ci sto interrogando).
Le cose che me lo hanno fatto amare sono però molte di più di quelle che non mi soddisfanno e che mi sto arrabattando ad elencare: una costruzione teologico-ontologica profondissima (in un libro per bambini, poi! Dovevo ripetermelo ogni dieci pagine, che stavo leggendo una roba messa sugli stessi scaffali di Harry Potter), in cui il bene è l'autocoscienza e la capacità degli uomini di mantenere la propria mente aperta, l'esortazione a costruire nel mondo "la repubblica del paradiso" (dopo che il Regno viene, giustamente, distrutto) contro ogni pensiero o religione che vorrebbe imporci rinunce e spostare la nostra attenzione dal mondo in cui viviamo ad un inesistente vita dopo la morte; alcuni personaggi fenomenali (i due angeli omosessuali, il prete assassino, Lord Asriel, che non prova mai affetto per la propria figlia, che al limite è fiero di quello che sta facendo, risultando in questo ben più credibile di Mrs Coulter, la dottoressa Malone, ovvero il serpente, ecc.), la morte di Dio e una delle discese agli inferi più "credibili" che io abbia mai letto. Inoltre, un continuo riferimento/controcanto ad alcuni capolavori della letteratura: nel primo il Paradise Lost di Milton, nel secondo le Songs of Innocence e le Songs Of Experience di William Blake, in quest'ultimo di nuovo Milton, ma anche la Commedia di Dante (ovviamente) e, in un capitolo geniale, la Recherche di Proust.
Mi rimane il dubbio di come possano pensare di trarne un film visionabile alle grandi masse: certo Pullman ha l'accortezza di non parlare mai di Cristo (anche se la religione del mondo di Lyra è la religione cristiana, priva della divisione tra protestanti e cattolici) e l'impressione che se di Cristo parlasse lo metterebbe dalla parte di coloro che lottano contro Dio rimane una lettura tendenziosa: magari basta ammorbidire la polemica contro la chiesa e fare della lotta contro Dio la lotta contro qualche tipo di potere superiore non meglio specificato per renderlo fruibile. L'unico problema è che così della profondità del libro non rimane quasi niente, e non si capisce tutta la riflessione sul peccato e sulla libertà degli uomini. L'unica speranza insomma, è che il primo film vada così male che ai produttori non convenga realizzare gli altri due. Contro questa riflessione però, temo proprio che il film, quando arriverà in Italia, andrò a vederlo. (ripeto, la mia religione me lo consente).
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