mercoledì 29 settembre 2010

Affinità e divergenze tra i contadini di Grassano e me alla vigilia del voto di fiducia alla camera

" - Eravamo sempre otto o dieci: c'era un dottore, un farmacista, dei commercianti, un cameriere d'albergo e qualche artigiano. Tutti del nostro paese, ci si conosceva fin da bambini. La vita è triste, tra quei grattacieli, con tutte quelle straordinarie comodità, e gli ascensori, le porte girevoli, la metropolitana, e sempre case e palazzi e strade, e mai un po' di terra. Viene la malinconia. La domenica mattina si saliva in treno, ma bisognava fare dei chilometri, per trovare la campagna! Quando eravamo arrivati in qualche posto solitario, diventavamo tutti allegri come ci si fosse tolto un peso di dosso. E allora, sotto un albero, tutti insieme, ci si calava i pantaloni. Che delizia! Si sentiva l'aria fresca, la natura. Non come in quei gabinetti americani, lucidi e tutti eguali. Ci pareva di essere ragazzi, d'essere tornati a Grassano, si era felici, si rideva, si sentiva l'aria della Patria. E, quando avevamo finito, gridavamo tutti insieme: "Viva l'Italia!". Ci veniva proprio dal cuore"

Carlo Levi, "Cristo si è fermato a Eboli"

(Sto recuperando in questi giorni questo classico finora da me colpevolmente ignorato. E' la storia di un antifascista che viene spedito a fare un focus group lungo tre anni in un paesino della basilicata. O forse sono io che sovrainterpreto causa troppo lavoro negli ultimi giorni. Comunque: è molto, molto bello. E i contadini di Grassano, in questo passo, in questi giorni, mi rappresentano abbastanza)

(Ricordo sempre con affetto il babbo che su un Firenze-Pisa in tragico ritardo educò il figlio con la frase: "vedi? qui ci hanno scritto il libro: "CRISTO SI E' FERMATO A EMPOLI")

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