martedì 14 settembre 2010

Michele Mari - Cento poesie d'amore a Ladyhawke


MICHELE MARI
CENTO POESIE D’AMORE A LADYHAWKE
Einaudi, 11.50



Le cento poesie d’amore di Michele Mari vanno lette una dopo l’altra, come se si trattasse di un romanzo, perché poi alla fine un romanzo sono, o poco meno (o magari: poco più).
Sono un romanzo raccontato per ellissi, da un narratore-poeta (chissà quanto autobiografico: non so di Mari abbastanza da capirlo, e in realtà non mi interessa affatto) che non è mai immerso in quello che racconta, ma che lo rinvanga, lo riesamina, lo disseziona con l’astio non solo di chi non è stato scelto dalla donna che amava, ma anche di chi se ne da la colpa (“ma ogni giorno che passa/ si rinsalda in me/ un unico commento/ ed il commento dice/ due imbecilli”), di chi non può fare a meno di tormentarsi [Mi verrebbe da dire: per una di quelle che Rocco, in Porci con le Ali, chiamava “quelle che mi sarei fatto se non fossi un totale inetto”* (con la differenza che Mari parla di un amore altissimo e puro, ma con la congruenza che anche a lui dispiace, con la sua bella, soprattutto di non aver mai consumato)].
E’ la storia dell’amore che il narratore prova per la ragazzina frequentata ai giardinetti (“Tu non ricordi/ ma in un tempo/ così lontano che non sembra stato/ ci siamo dondolati/ su un’altalena sola// Che non finisse mai quel dondolio/ fu l’unica preghiera in senso stretto/ che in tutta la mia vita/ io abbia levato al cielo”) ma soprattutto tra i banchi del liceo, una storia che non si concretizza neanche quando, tre decenni dopo, i due si incontrano di nuovo, in internet e finalmente fuori, senza però andare mai oltre un fidanzamento virtuale e impossibile, schiacciato dal rifiuto di lei di abbandonare la famiglia e la vita che si è costruita, o anche solo di metterla in dubbio “ma tu ben di questo hai avuto paura/ che la buia cantina/ o la polverosa soffitta/ diventassero la parte più importante/ della tua bella e luminosa casa”.
Le poesie di Mari però, oltre l'astio per quello che poteva essere e non è stato, osano il romanticismo più smaccato, quello che si dedica agli amori adolescenziali e a quelli impossibili (due insiemi classicamente congruenti): ed è proprio nelle poesie più romantiche e più scoperte che va incontro ai suoi versi meno convincenti. Il mio critico letterario di riferimento, via sms , mi ha detto che a suo parere le poesie di Mari alla fine ti prendono, come certe canzoni, quando sei dentro a quel tipo di stato d’animo lì (e passato quello stato d'animo: anche no). Che è un pregio, perché significa che dicono qualcosa di vero, ma è anche un enorme difetto, perché vuol dire che hanno bisogno di una ferita, per riuscire a entrare sottopelle. (ed è per questo che a me, davvero, piacciono più di tutte quelle piene d'astio).

Quello che però è veramente notevole di queste poesie, e che a me è piaciuto (ma che potrebbe risultare odioso a molti altri) è il materiale poetico, le analogie e metafore di cui si serve per raccontare la sua storia: un materiale pop (e pop, nell'utilizzo che ne fa Mari sono anche Dante e Cavalcanti), dalla zucca di Cenerentola al film citato nel titolo, dai tre porcellini ("Puntavo sulla paglia o sul legname/ ma dei tre porcellini/ tuo marito/ deve essere quello in salopette con la cazzuola/ perché ho soffiato e soffiato/ ma la tua casa/ non è venuta giù") a Shining, usato per accumulo, a volte usando due o tre riferimenti in pochi versi, sovrapponendoli o confondendoli (soprattutto per quanto riguarda l'immagine del lupo, con cui il narratore si identifica). 
E' un utilizzo che, anche se non sempre funziona, già da solo rende la raccolta meritevole d'esser letta.

(Un avvertimento: il libro si chiude, per me, con un mistero. L'ultima poesia, infatti, è terribile, la peggiore della raccolta e anche la più lunga, e non me ne capacito).



*cito a memoria, non ne ho una copia sottomano, ma l’ho letto troppe colpevoli volte per non ricordare abbastanza bene il tono generale.

10 commenti:

eh! ha detto...

Ladyhawke, scritto tutto attaccato, mi sá di nickname in chat, ahahahahah!

daniele ha detto...

:)
ed in realtà è proprio quel che è (fra le altre cose), quindi ci hai preso in pieno!

eh! ha detto...

Era troppo semplice, credo sia il nickname piú inflazionato fra le donne over 35.

daniele ha detto...

è che non ne frequento tante! e quelle che ne hanno di più faccio finta che ne abbiano di meno :)

cassandra ha detto...

Dopo una attenta lettura estiva di Mari credo di poter legittimamente supporre che con Ladyhawke ci stiamo facendo una scorpacciata di cavolacci dell'autore. Anche nel romanzo Rondini sul filo, Mari non fa che dilaniarsi su un passato sul quale non ha controllo,(tema su cui torna, e molto meglio, in Verderame), nello specifico quello della donna che amava da ragazzo e che ritrova e conquista da adulto.

Sarà che sono diversamente-romantica ma lo preferisco quando non si tormenta per le donne; è difficile che le ossessioni diventino la parte migliore di una poetica perché il rischio della scrittura compulsiva in questi casi è sempre in agguato e Rondini sul filo ne è una dimostrazione, infatti lo sconsiglio.
Leggi Tutto il ferro della torre Eiffel(il mio preferito), dove Marc Bloch e Walter Benjamin, nella Parigi del '36, indagano su suicidi misteriosi e nani assassini. E poi Io venia pien d'angoscia a rimirarti, davvero divertente :)

daniele ha detto...

la definizione di "diversamente romantica" mi piace molto.
Grazie per l'orientamento nell'opera di Mari (ho letto solo 'Tu, sanguinosa infanzia' degli altri suoi, e mi è piaciuto solo a tratti), per il prossimo vada per la torre Eiffel!

daniele ha detto...

ah, cassandra, ma secondo te, l'ultima poesia, è l'ultimo giochino pop? gioca a fare le poesiuole? c'è una qualsivoglia spiegazione??

cassandra ha detto...

Basandomi anche sul verso "Fior d’amaranto fiore foscoliano"(nei sepolcri "Le fontane versando acque lustrali amaranti educavano e viole su la funebre zolla"), io credo che l'elenco dei fiori sia in realtà una specie di omaggio a vari poeti e scrittori che quei fiori hanno citato.
Per esempio: "...e il gelsomino l'insonnia" potrebbe fare riferimento al Gelsomino Notturno di Pascoli. Ma Pascoli racconta anche di altri fiori, il croco ad esempio.
Il fior di giaggiolo riprende quello di Lola nella cavalleria rusticana?
"...Ma gli assassini scelgono il giusquiamo" è un riferimento ad Amleto, al veleno usato dallo zio per ucciderne il padre.
La cicuta la associa ai suicidi per via di Socrate ma restando in Shakespeare può essere sempre legata all'omicidio, visto che è usata dalle tre streghe del Macbeth.

Per l'ultima strofa il riferimento immediato è Gozzano: "Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state... Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent'anni or sono!"
E sempre Gozzano: "Socchiusi gli occhi, sto
supino nel trifoglio,
e vedo un quadrifoglio
che non raccoglierò", nell'ambito delle cose desiderate, non possedute ma solo vagheggiate.

Ci potremmo mettere dentro anche Al tempo degli asfodeli di Cummings, se non fosse che Mari li intende in senso classico, come fiori dell'Ade,e Cummings ne fa emblema di crescita.
Della rosa scrive molto anche Rilke...insomma, se qualcuno mi pagasse per farlo mi divertirei a trovare tutti i riferimenti possibili :)

cassandra ha detto...

Montale e il girasole: "portami il girasole impazzito di luce".

daniele ha detto...

Ok, un omaggio quindi. La risposta mi soddisfa intellettualmente ma ancora non mi capacito della riuscita.
Per quanto riguarda il tuo lavoro di ricercatrice di fonti et riferimenti, dammi il tempo di arrivare a guadagnare TROPPO e poi considerati assunta.