In questo dicembre in cui sto ascoltando molta musica (fissare il pc tentando di scrivere ha i suoi pregi), due dischi hanno preteso la mia attenzione più spesso di altri, e si sono fatti canticchiare nelle occasioni più sconvenienti (ieri al pranzo di natale dell'Istituto me ne sono uscito canticchiando "E lei venne!" ).
Il primo è quello di Elvis Perkins (forse l'unico cantante sfigato quanto E degli Eels), "Ash Wednesday": canzone americana classica che non ha paura di somigliare a Dylan e Neil Young, ma più simile, per la voce di Perkins e per certe progressioni nelle canzoni, per certi crescendo, alle cose migliori dei Decemberists.
Insomma, niente di che, forse, ma artigianato di altissima qualità, di quello che riscalda il cuore, e con testi che man mano che procedono gli ascolti, mi sembrano addirittura belli.
Il secondo è un disco italiano, de "Il teatro degli orrori" (il bellissimo titolo del disco è Dell'Impero delle tenebre): che è musicalmente un buffo e a volte mal riuscito ibrido tra i Jesus Lizard, il rock alla One Dimensional Man (da cui provengono alcuni dei componenti) e la canzone italiana. Tra l'altro, non ho capito se il gruppo casca nel pop italiano di sua spontanea volontà o se ci scivola inavvertitamente di tanto in tanto: io comunque trovo questi slittamenti la cosa migliore del disco, capaci di riabilitare passaggi non convincenti o noiosi. Lo stesso vale per i testi, che esibiscono a volte ingenuità disarmanti, e che allo stesso modo, magari subito dopo, imbroccano la frase rivelatrice e musicale (quella da canticchiare nel momento sbagliato, per intenderci). "E lei venne!" e "Il turbamento della gelosia" (cosa c'è di più pop italiano di quest'ultimo titolo?) sono gli esempi migliori in questo senso, e se avete abbastanza coraggio, potete anche ascoltarle sul loro myspace (e sto facendo violenza a molte mie convinzioni per consigliare di visitare quel luogo orribile).
Nessun commento:
Posta un commento