lunedì 4 giugno 2007

Stephen King "Cell"


Erano almeno quindici anni che non leggevo niente di Stephen King. L'ultima volta che ci avevo provato, a quattordici anni, è stato con "Il gioco di Gerald", e mi ricordo che dentro ci cercavo le parti sconce, e che non l'ho mai finito: intanto era iniziata infatti la grande epoca che vedeva diviso il mio mondo in grandi classici che dovevo leggere a tutti i costi e pornografia pura e semplice. Bella cosa, l'adolescenza, meno male che è finita.
Comunque, sono tornato a King grazie ad una recensione lusinghiera dei Wu Ming (il cui gusto non mi ha finora mai deluso) e, soprattutto, grazie alla prospettiva di un viaggio di quattro ore e mezza (interregionale Pisa-Milano via Fornovo) con niente di più divertente da leggere del Parapolimen, Liber XVIII, di Girolamo Cardano (che è fighissimo ma se sono quattrocentoquarantasette anni che a nessuno viene in mente di ristamparlo un motivo ci sarà). Devo dire che King ha svolto egregiamente il compito: le quattro ore sono volate e ho continuato a leggere con voluttà anche sull'82 in direzione Bovisa. Il libro di King sviluppa il modello esemplificato da "Io sono leggenda" di Richard Matheson unendolo agli zombi di Romero: all'inizio del volume, un impulso partito dai telefoni cellulari azzera il cervello di chi li sta usando (in Italia non si salverebbe nessuno), cancellando millenni di evoluzione e cultura, e riportando le vittime (i phoners, in inglese, o i cellulati nell'edizione italiana, bella scelta che esprime bene il senso di superiorità-paura-sfotto che i "normali" provano nei loro confronti) al puro istinto e, dunque, alla violenza assoluta. Il libro segue un piccolo gruppo di sopravvissuti (con al centro il solito alter ego di King, stavolta un fumettista: pollice verso a queta cifra stilistica di King, dopo un pò stufa....) nel loro tentativo di arrivare nel Maine (e dove, sennò), in una zona che dovrebbe essere sicura. Con sottotrame e sottomotivi che qui però non mi va di riassumere, ovviamente.
I phoners intanto si organizzano, e sviluppano a poco a poco un tipo di intelligenza differente, basato sul gruppo (sullo stormo, anzi) anzichè sull'individuo, e la lotta tra i sopravvissuti e il nuovo gruppo egemone si inasprisce. Piacciono, nello svolgimento della storia, i continui pugni nello stomaco che King molla al lettore (avevo istintivamente scritto spettatore, e questo è un altro dei pregi del libro...), costringendolo, come dicono bene i Wu Ming, ad elaborare continuamente il lutto per personaggi a cui ci si era appena affezionati, il modo magistrale in cui vengono disattese le aspettative del lettore in alcuni punti chiave (così anche come in alcuni momenti che sembrano centrali, King è bravissimo ad allentare improvvisamente la tensione, per recuperarla su un lettore ormai rilassato: un trucco da film horror, ma difficile da rendere così bene sulla carta), la prosa e i dialoghi limpidissimi e naturali.
Piace moltissimo il fatto che l'impulso non venga mai spiegato: il libro mantiene sempre il punto di vista del piccolo gruppo di sopravvissuti, e dato che tutti i media sono collassati non c'è modo di sapere come e perché tutto questo stia accadendo: le illazioni dei protagonisti rimangono sempre tali, con il vizio di fondo di dare subito la colpa ai terroristi, e con il supporre che se è successo in America allora vuol dire che è successo in tutto il mondo.
Dispiace invece il finale (l'ultima azione dei protagonisti sembra frutto di troppi colpi di fortuna messi assieme, e di troppa self confidence dei cattivi, come nei telefilm di Batman degli anni '60), il mezzo lieto fine con spiegazione tecnologica poco convincente (in tutto il libro vige la metafora cervello=computer, e si suppone che ai phoners sia stato cancellato il disco rigido, e che sia possibile riportare tutto al punto di ripristino... cosa che con i computers non funziona però praticamente mai...), la scelta iniziale dell'epidemia via telefonino, che da The Ring in poi non se ne pole più.
Però: per un viaggio è quasi l'ideale.
Quasi quasi mi compro Colorado Kid, per il prossimo Pisa-Milano.

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