di ritorno da Milano principalmente dovrei studiare: fra meno di dieci giorni ho un appuntamento con uno dei due professori al mondo a cui interessa un minimo l'oggetto della mia ricerca, e mi sembra carino presentarmi con qualcosa da dire. allo stesso tempo l'esercizio minimo di scrittura "privata" che questo blog rappresenta (infatti, benchè sia pubblico nascondo la sua esistenza a tutti quelli che conosco: chi ci capita ci deve arrivare per vie traverse) deve andare avanti. Negli ultimi tempi ho letto molto e ho ascoltato molta musica, e ad avere un minimo di tempo e di lucidità ci sarebbe da fare un pò di recensioni, di quelle che piacciono a me, di libri e musica misconosciuti e da recuperare, in cui essere una volta tanto entusiasta di quello di cui parlo. Ho letto il libro di Marzio Pieri, "Fischiata XXXIII. Un sonetto di Giambattista Marino" e benchè poco m'interessi di Marino e di solito io non sopporti la critica ai poeti, si tratta di un libro meraviglioso, pieno di intelligenza e umorismo, di amore per la poesia e la bellezza una volta tanto disgiunte dall'accademia e dal piglio ridicolo di quasi tutta la critica "seria". Non conosco altri scritti di Pieri, non so se si può permettere di scazzare in questo modo perché ormai ha più di sessant'anni ed è ordinario o se ha sempre scritto così: ma mi riprometto di leggere tutto quel che di suo mi riesce di trovare.
Poi: ho finito Manituana di Wu Ming, e anche di questo mi piacerebbe parlare più diffusamente, ma temo passerà troppo tempo prima ch'io possa farlo per bene, e che quando finalmente potrò non m'interesserà più parlarne. Comunque, i Wu Ming non mi hanno deluso, hanno scritto un bel romanzo, una bella storia capace di riprodurre - in piccolo, forse, mutatis mutandis - il rapporto tra gli eroi greci - da Ercole a Teseo, a Giasone - e i guerrieri omerici. I protagonisti del romanzo di Wu Ming, come gli eroi omerici si muovono nell'ombra e nel solco di avventure già vissute, con altro splendore e ben altri risultati rispetto ad avi le cui imprese, benchè recentissime (una sola generazione!), hanno già assunto le caratteristiche del mito. Questo rapporto con un livello mitico ulteriore è il motivo che più mi ha affascinato del libro, quello che - paradossalmente - dà più spessore, umanità, tragicità ai suoi protagonisti. Anche questo da consigliare.
Poi, ma qui il discorso sarebbe lungo, la "Vita di Filippo Maria Visconti" di Pier Candido Decembrio, a cui mi sono avvicinato solo per fare un po' i conti con gli storici e i biografi del quattrocento e che mi ha stupito non solo per la rappresentazione della paranoia del potere, ma anche perchè il potente che Decembrio descrive nel quattrocento era perlomeno un tiranno, il capo di una città, di un regno, per quanto piccolo, mentre oggi comportamenti inquietantemente simili li vedo in un qualsiasi barone dell'università, anche in quelli di medio potere e media onestà. E forse si possono vedere ancora di più in qualsiasi piccolo e medio imprenditore capace di tenere per le palle un pò di lavoratori grazie a comodissimi contratti a progetto.
Ho iniziato "Risvegli" di Oliver Sacks, ma ne parlerò a lettura ultimata.
Musica, in versione telegrafica: abbastanza pessimo l'ultimo Queens of the Stone Age, "Era vulgaris", riff poco inventivi, suono abbastanza vuoto e voce di Josh Homme ai minimi storici. Mi sembra una figata "Mirrored" dei Battles, ma non ho avuto il tempo materiale di ascoltarlo per bene. Invece: mi è appena arrivato tra le mani il nuovo degli Shellac: sto ritardando il momento di ascoltarlo apposta, contento come un bambino. Non credo neanche alla possibilità di una delusione. Steve Albini non si permetterebbe mai di far uscire sotto la sigla degli Shellac un disco che non sia un cazzotto nello stomaco.
Mi è venuta voglia di ascoltarlo, ora che ne ho parlato: vado a farmi picchiare le orecchie da Steve Albini, continuerò questo post un'altra volta; più pesto, e più contento.
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