venerdì 30 agosto 2013

PRESI ALLA POLVERE


“Una studentessa mi sembrava un pochino illogica, e quindi cercai di farla ragionare. <<Senta >>, le dissi, <<supponiamo che lei discuta con un islamico. Questo tizio le dice che quanto sta scritto nel Corano è tutto vero perché è stato dettato direttamente da Dio. Lei allora vuole sapere da lui come fa a esserne così certo. E questi le risponde: “c’è scritto nel Corano!”. Ebbene>> chiesi alla studentessa, <<a suo parere, cosa c’è che non torna in questo ragionamento?>>. Mi guardò stupita. Taceva. Io mi spiegai con più garbo, ma non capiva. Alla fine mi disse: <<io credo che bisogna rispettare tutte le fedi>>. Fine del discorso.”

“Supponi che, come è ben possibile che accadesse, nel 1962 o 1963 io facessi una conferenza sulla psichiatria. Fra le altre cose, mi capitava allora di spiegare come, per un qualsiasi individuo sofferente e in difficoltà, l’essere etichettato come malato di mente potesse in certi casi contribuire a un’interiorizzazione dell’etichetta. Ossia, inconsapevolmente, insensibilmente, questa persona poteva essere sospinta ad assumere alcuni dei comportamenti socialmente previsti per il ruolo “malato di mente”. Sempre ci tenevo però a precisare che questo fenomeno, già studiato da Lemert e da Becker non spiega affatto né l’inizio né la natura del disturbo mentale, anche se talora può influenzarne, in qualche misura, il decorso, o il decorso apparente. Ora, ecco il punto. Nel 1962 potevano venire ad ascoltarmi sì e no trenta persone; parlando con loro avevo l’impressione che la maggior parte di loro avesse compreso senza equivoci quello che volevo dire. Anni dopo, mi venivano ad ascoltare non trenta, ma trecento persone. la metà di loro se ne tornava a casa convinta che io avessi detto che la malattia mentale non esiste, perché io avevo detto che se un soggetto è trattato da pazzo egli si adegua all’etichetta solo per questo motivo e non perché affetto da una malattia mentale. Ed eccomi sistemato, per loro ero un antipsichiatra.”


Sono due passaggi del libro La razionalità negata, psichiatria e antipsichiatria in Italia, un dialogo fra Gilberto Corbellini e Giovanni Jervis, il primo storico della medicina, l’altro ( morto nel 2009 ) medico psichiatra. Si riferiscono a uno dei temi nel libro, la situazione culturale italiana, partendo dalle lotte e dai movimenti dei ’60 e ’70, nei quali si intrecciavano le teorie antipsichiatriche dell’epoca, trattando in particolare la storia di Basaglia, della legge 180, dei suoi effetti e della sua divulgazione. L’aspetto che più mi interessa è quello del come si formano le nostre opinioni, il nostro senso critico, perché ad esempio nel libro c’è una netta critica alla teoria foucaultiana, che idealizza la malattia mentale, e provando a leggere La storia della follia di Foucault mi accorgo che  ho delle riserve già in partenza, perché non mi piacciono il lirismo, la poesia e l’astrattezza poste come linguaggio fondamentale per parlare di certe cose. Ma questo fa parte del mio bagaglio critico o è solo una coincidenza?; se avessi letto prima Foucault e altri testi, e poi questo di Corbellini e Jervis, avrei considerato quest’ultimi come dei meri riduzionisti, degli aridi naturalisti? E soprattutto, sono in grado di affrontare certe letture e di comprenderle davvero? Non so, direi che c’entra molto la poca o maggiore istruzione, anche se a conti fatti gli studiosi prendono la loro via e si auto confermano le proprie teorie ( c’è anche un termine per ciò, il BIAS ), altrimenti immagino che non produrrebbero nulla in preda ai dubbi. Ci penserà poi la comunità degli studiosi a sistemare le cose.


L’altro aspetto interessante è non solo tutta la vicenda attorno alla psichiatria, le varie teorie contrarie, molto diverse tra loro, ma anche la prassi medica e l’evoluzione della medicina, il fatto triste e banale, che non è solo per la crudeltà che certe pratiche venivano adottate molti anni fa, ma è piuttosto l’impotenza di fronte a ciò che non si conosce. Per questo linko due belle conferenze nelle quali è presente Corbellini a proposito di storia e medicina:


domenica 25 agosto 2013

MIKROKOSMOS


Sylvain Chauveau - Un autre Décembre ( 2003 )

Molto del piacere che c’è nell’ascoltare questo disco credo stia nel suo tirarsi indietro, non solo nella sua breve durata, poco meno di mezz'ora ( le singole tracce sono brevi anch’esse ), che dà modo alla semplicità delle composizioni di risultare sempre azzeccata. Saper dunque chiudere al momento giusto. È un disco di pianoforte solo, con aggiunta di pezzi elettronici e di suoni ambientali. Le tracce elettroniche sembrano intermezzi, somigliano a volte a delle macchine inceppate, a volte creano un’ambientazione scura. Un accostamento insolito con il pianoforte, che insieme ai suoni ambientali rende più completo il tutto. Sono dei particolari che impreziosiscono il disco come se fossero piccole storie raccontate in musica. Ci sono situazioni più fantastiche, che sembrano parlare di mondi lontani, di viaggi nello spazio; oppure più famigliari, come una partenza all’aeroporto. Il pianoforte è dolce, delicato, malinconia o cupezza sono sempre stemperate dall’incedere lento e aggraziato. Poche note, melodie accennate e ripetute che poi si fermano, si sospendono per lasciare risuonare piccoli accordi. È un disco notturno, di una notte che lascia spazio alle riflessioni, ai sogni ( forse anche ai rimpianti ), alle possibilità.

Lo si può ascoltare qua

venerdì 12 luglio 2013

IL MONDO NUOVO



Questo film ( la scheda ) è stato trasmesso ieri, 11 Luglio, giorno del ricordo di ciò che avvenne nel 1995 ( per approfondimento ). Un film fatto di donne, le superstiti che raccontano le loro vicende impossibili da raccontare. L'aspetto principale è il dissidio interiore fra la possibilità di mettere una fine a ciò che è successo e la necessità di sperare che i propri cari scomparsi ritornino, dal momento che i resti ( le ossa ) dei figli e dei mariti o degli altri vicini sono stati occultati. Fondamentale dunque il lavoro che si svolge nei laboratori dove le ossa ritrovate vengono analizzate ( anche qua sono donne le analiste dei laboratori ). Non c'è molto da aggiungere, credo, se non come fa il regista alla fine, dire che il suo lavoro lo ha fatto anzitutto vivere con le persone intervistate, per compiere un'esperienza prima ancora che un'opera.

Non so se il film sia recuperabile sul sito di raitre, ce n'è una versione con i sottotitoli in inglese, stranamente a colori, dato che il film è in bianco e nero. 

lunedì 10 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Da Dialogo di Porfirio e di Plotino di Giacomo Leopardi

...Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Sì bene attendiamo a tenerci compagnia l'un l'altro; e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente; per compiere nel miglior modo questa fatica della vita. La quale senza alcun fallo sarà breve. E quando la morte verrà, allora non ci dorremo: e anche in quell'ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno ancora.

L'opera completa è qua


domenica 9 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Dalle lettere di Leopardi

A Carlo Leopardi
                                                                                             Bologna 30 Maggio 1826

 …Sono entrato con una donna ( fiorentina di nascita, maritata in una delle principali famiglie di qui ) in una relazione, che forma ora una gran parte della mia vita. Non è giovane, ma è di una grazia e di uno spirito che ( credilo a me, che finora l’avevo creduto impossibile ) supplisce alla gioventù, e crea un’illusione meravigliosa. Nei primi giorni che la conobbi, vissi in una specie di delirio e di febbre. Non abbiamo mai parlato di amore, se non per ischerzo, ma viviamo insieme in un’amicizia tenera e sensibile, con un interesse scambievole, e un abbandono, che è come un amore senza inquietudine. Ha per me una stima altissima; se le leggo qualche mia cosa, spesso piange di cuore, senz’affettazione; le lodi degli altri non hanno per me nessuna sostanza, le sue mi si convertono tutte in sangue, e mi restano tutte nell’ani,a: ama ed intende molto le lettere e la filosofia; non ci manca mai materia di discorso, e quasi ogni sera io sono con lei dall’avemaria alla mezzanotte passata, e mi pare un momento. Ci confidiamo tutti i nostri secreti, ci riprendiamo, ci avvisiamo dei nostri difetti. In somma questa conoscenza forma e formerà un’epoca ben marcata della mia vita, perché mi ha disingannato del disinganno, mi ha convinto che ci sono veramente al mondo dei piaceri che io credeva impossibili, e che io sono ancora capace d’illusioni stabili, malgrado la cognizione e l’assuefazione contraria così radicata; ed ha risuscitato il mio cuore, dopo un sonno anzi una morte completa, durata per tanti anni…

 A Teresa Carniani Malvezzi
                                                                                               Bologna 30 Ottobre 1826

Contessa mia, l’ultima volta che ebbi il piacere di vedervi, voi mi diceste così chiaramente che la mia conversazione da solo a sola vi annoiava, che non mi lasciaste luogo a nessun pretesto per ardire di continuarvi la frequenza delle mie visite. Non crediate ch’io mi chiami offeso; se volessi dolermi di qualche cosa, mi dorrei che i vostri atti, e le vostre parole, benché chiare abbastanza, non fossero anche più chiare ed aperte…

                                                                                               Recanati 18 Aprile 1827
…Né anche vi domanderò nuove di voi: perché spero che presto potrò dirvi a voce tutto quel che vorrete sapere, e domandarvi tutto quello che vorrò saper io. Intanto amatemi, come certamente fate, e credetemi your most faithful friend, or servant, or both, or what you like.

 Ad Antonio Papadopoli
                                                                                               Bologna 21 Maggio 1827
 …Come mai ti può capire in mente che io continui d’andare da quella puttana della Malvezzi? Voglio che mi caschi il naso, se da che ho saputo le ciarle che ella ha fatto di me, ci sono tornato, o sono per tornarci mai; e se non dico di lei tutto il male possibile. l’altro giorno, incontrandola, voltai la faccia al muro per non vederla…

sabato 8 giugno 2013

CORRISPONDENZE

Dalle lettere di Leopardi



A Carlo Leopardi
                                                                                             Roma 6 Dicembre 1822

…Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi. Io ho fatto  e fo molti giri per Roma in compagnia di giovani molte belli e ben vestiti. Sono passato spesse volte, con loro, vicinissimo a donne giovani: le quali non hanno mai alzato gli occhi; e si vedeva manifestamente che ciò non era per modestia, ma per pienissima e abituale indifferenza e noncuranza: e tutte le donne che qui s’incontrano sono così. Trattando, è così difficile il fermare una donna in Roma come in Recanati, anzi molto di più, a cagione dell’eccessiva frivolezza e dissipatezza di queste bestie femminine, che oltre di ciò non ispirano un interesse al mondo, sono piene d’ipocrisia, non amano altro che il girare e divertirsi non si sa come, non la danno ( credetemi ) se non con quelle infinite difficoltà che si provano negli altri paesi. Il tutto si riduce alle donne pubbliche, le quali trovo ora che sono molto più circospette d’una volta, e in ogni modo sono così pericolose come sapete…

                                                                                              Roma 16 Dicembre 1822

…Cancellieri mi diverte qualche volta con alcuni racconti spirituali, verbigrazia che il Card. Malvasia b.m. metteva le mani in petto alle Dame della sua conversazione, ed era un débauché di prima sfera, e mandava all’inquisizione i mariti e i figli di quelle che le resistevano ec. ec. Cose simili del Card. Brancadoro, simili di tutti i Cardinali ( che sono le più schifose persone della terra ), simili di tutti i Prelati, nessuno dei quali fa fortuna se non per mezzo delle donne…

                                                                                              Roma 22 Marzo 1823

…Io vivo qui molto indifferentemente, non tratto donne; e senza queste nessuna occupazione o circostanza della nostra vita ha diritto di affezionarci o di compiacerci. Io me n’assicuro per esperienza, e posso giurarti che la conversazione o spiritosa o senza spirito m’è venuta in un odio mortale. Tutto è secco fuori del nostro cuore: e questo non si esercita mai: vada al diavolo la società. Addio, Carluccio. Salutami tutti.


venerdì 7 giugno 2013

CORRISPONDENZE


Dalle lettere di Leopardi





A Charlotte Bonaparte
                                                                                   Florence 17 Mai 1833






Madame la Princesse,



...Quant  à moi, Vouz savez que l'état progressif de la societé ne me regarde pas du tout. Le mien, s'il n'est pas retrograde, est eminemment stationnaire. Toujours mes occupations consistent à tâcher de perdre tout mon tems; je n'ecris pas, je ne lis pas, je fais tous mes efforts pour penser le moin que je peux; une ophthalmie fort obstinée, qui me rend absolument impossible toute espece d'application, est venue me perfectionner dans la nullité de ma maniere d'être...


A Carlo Leopardi
                                                                                   Roma 25 Novembre 1822 

...Ieri fui da Cancellieri, il qual è un coglione, un fiume di ciarle, il più noioso e disperante uomo della terra; parla di cose assurdamente frivole col massimo interesse, di cose somme colla maggior freddezza possibile; ti affoga di complimenti e di lodi altissime, e ti fa gli uni e l'altre in modo così gelato e con tale indifferenza, che a sentrirlo pare che l'essere uomo straordinario sia la cosa più ordinaria del mondo...

                                                                                  Roma 6 Dicembre 1822

...Senti, mio caro fratello; non mi dare del misantropo, nè del codardo, nè del bigotto; ma piuttosto assicurati che quello ch'io sono per dirti m'è dettato dall'esperienza, e dalla cognizione dell'animo tuo e mio...da quando io misi piede in questa città, mai una goccia di piacere non è caduta sull'animo mio... 

A Giulio Perticari
                                                                                 Recanati 30 Marzo 1821

...E la mia vita esteriore ed interiore è tale, che sognandola solamente, agghiaccerebbe gli uomini di paura...

A Volumnia Roberti
                                                                                 Recanati 6 Gennaio 1810

...vi mando certe bagattelle per cotesti figliuoli, acciocchè siano buoni ma ditegli che se sentirò cattive relazioni di loro, quest'altro Anno gli porterò un po' di Merda...Frattanto state allegri, e andate tutti dove io vi mando, e restateci finché non torno ghiotti, indiscreti, somari scrocconi dal primo fino all'ultimo.
                                                                                                                                  La Befana