Ok. Se far venire in mente tutti assieme i nomi di David Byrne, Peter Gabriel e Prince e' un difetto, allora questo non deve essere un gran disco. A me fa venire in mente anche quello di Marvyn Gaye, ma magari e' solo una mia fissazione.
Pero': canzoni meno cupe e meno caotiche che nel disco precedente (o sara' che dato che l'abbiamo ascoltato oramai ci siamo abituati?), ma piene di suoni e inventiva e cambi, e su tutto quella voce in falsetto che ogni tanto diventa roca e piu' vera, quando meno te lo aspetti.
Voglia di battere il piedino insieme allo stupore per quello che i tizi che ascolti stanno facendo e scoperta continua di un livello, di un cambio, di un'idea di cui al primo ascolto non ti eri accorto.
E poi, l'Antibalas Afrobeat Orchestra (splendidi gia' da soli) a riempire gli spazi lasciati vuoti da chitarre e voci ed elettronica, e a sovrapporsi dove gli spazi sono gia' presi tutti, e a dare un altro strato di meraviglia ancora a canzoni gia' impegnative.
Funk, dance, rock e un sottofondo oscuro appena piu' dissimulato che negli altri dischi.
Bellissimo.
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