venerdì 4 luglio 2008

Tristam Shandy /3 - dottor Divago

Solo negli ultimi anni sto riuscendo a ricostruire un'epica familiare minima. Ai miei genitori non piace granche' raccontare, e non piace granche' rispondere alle domande. Mio padre e' genialmente fuoriluogo nelle sue battute estemporanee, ma il suo repertorio di storie da raccontare si riduce a due o tre esempi, talmente stilizzati da sembrare quasi barzellette. Mia madre racconta solo quando e' particolarmente seccata (ma ha una riserva notevolissima di pazienza) o quando non c'e' altro modo di far passare il tempo.

Cosi', fino a poco tempo fa, la conoscenza che avevo degli anni d'oro dei miei si riduceva ad una serie di storielle 'piccanti' raccontate da mio padre, e all'elenco delle lamentazioni di mia madre; due fonti e modalita' solo apparentemente differenti, perche' gli eventi alla base erano sempre gli stessi.

Poi mio padre e' stato seriamente male, e i lunghi tragitti casa/ospedale fatti in macchina con mia madre mi hanno consentito di saperne qualcosa di piu', di recuperare pezzi che mi mancavano, di far tornare cose che non capivo (tipo: come conciliare gli undici anni di fidanzamento tra mio padre e mia madre con la serie di femmine e l'esuberanza latinloveresca che mio padre non smette di attribuire alla sua giovinezza. ....E anche oltre, se lo si lascia parlare), di farmi un'immagine di quei grandi antichi che sono i miei due nonni maschi, morti uno quando avevo un anno e l'altro quando ne avevo tre, e persino di scavare un minimo fino all'innominabile livello dei bisnonni, oscuri personaggi dalla fonte prominente da cui ho preso il vago aspetto neanderthaliano che mi contraddistingue (ma per fortuna non ho l'uniciglio, almeno in questo caso v'e' stata una leggera e tricologica evoluzione della specie).

Solo ultimamente ho iniziato a sovrapporre alla pelata di zio Peppo, alla panza di zio Vele e ai baffi di zio Lino le immagini delle loro (nel caso di zio Lino e di mio padre soltanto, gli altri erano i figli tranquilli) scapestrate giovinezze, unite al casino che mio padre sembra aver sempre fatto.

Il bello di mio padre e dei suoi tre fratelli, concepiti tutti nel corso di licenze premio durante la guerra (one shot, one kill, credo che fosse il motto di mio nonno) risiedeva nell'assortimento dei loro caratteri, perfetti per la costruzione di una storia familiare ricca di contrasti e colpi di scena, o per la formazione di una boyband.

Ancora piu' indietro, mio nonno GgiroCatav'to (scritto cosi' sembra sempre piu' simile a Yohg Shothot) e i suoi fratelli formavano un gruppo ancora meno omogeneo, ma di loro rimane solo zia Chitina (il cui superpotere e' la percezione dello spiffero), che e' talmente religiosa che tutte le storie che potrebbero interessarmi sono state secretate, e degli zii di mio padre e' possibile ottenere solo ritratti angelici e totalmente irreali.

Ma, a poco a poco, qualcosa da ri-raccontare, esagerando, modificando, allargando, epicizzando, lo sto trovando. Vi faro' sapere.

Tristam Shandy in inglese e' un po' piu' difficile del previsto, e finalmente Middlemarch mi ha un po' preso, quindi divago. Il tutto e' abbastanza sterniano, ed io comunque sono abbastanza refrattario ai sensi di colpa.

3 commenti:

Ste ha detto...

Non ho mai fatto tante domande sul passato ai miei, non c'è un esatto motivo o meglio, ho la sensazione di esser troppo invadente. O forse ho un po' paura che loro mi facciano domande precise su cosa ho combinato dalla presa di coscienza (alias inizio liceo) in poi. So che mio padre durante l'università quando poteva andava in giro per l'Italia con treno e chitarra...
Vabbe vado a nanna
Ste

Anonimo ha detto...

e chi la castiga

Anonimo ha detto...

@ ste: per fortuna i miei preferiscono vivere nell'ignoranza e non mi fanno quasi mai domande precise su quello che faccio (ne tantomeno su quello che ho fatto in passato, quello che non mi ha fatto danni visibili non vale la pena di essere investigato, no?). Comunque anch'io sono ancora a disagio a fargliele, anche perche' vedo che loro sono a disagio a rispondere. Mettere assieme le tessere del puzzle solo attraverso racconti monchi e fotografie (i miei infatti non scrivono, credo di aver letto giusto due "lettere" di mio padre a mia madre, in realta' poche righe dietro due fotografie, ed e' tutto quello che e' possibile recuperare, quelle di mia madre a mio padre non esistono oppure hanno fatto una brutta fine) e' divertente fino ad un certo punto, e ancora non mi va di riempire i buchi con materiali inventati... fintanto che ho delle fonti affidabili sottomano, tanto vale sfruttarli, no?
(in realta', sono molto preoccupato per loro, in questo periodo, e uno dei motivi per cui tendo a scrivere/pensare su di loro e' perche' non posso esserci fisicamente).

@ anonimo: c'e' una struttura tematica ricorrente, nei tuoi commenti.