domenica 16 maggio 2010

Poesie in forma di nota /10

Il sogno è uno di quelli soliti

(O. e C. ci vedono:

sottofondi sessuali e insoddisfazioni personali):

di crepe nei muri e di lenzuola a fiori sui balconi

di condomini altissimi e un chiosco di giornali

nello spiazzo dove c'è ora la rotonda

(Pino Sopraffino, il giornalaio,

ero convinto vivesse lì, e io ci compravo i libri, e il mio primo porno, che era giapponese, e ora ci portano a pisciare i cani) (e a baciarsi le coppiette)

(E quello spazio teoricamente evita incidenti, comunque poco gravi - a quell'incrocio non c'era morto mai nessuno, d'altra parte non c'è niente,

nessun posto in cui andare, non c'è ragione d'affrettarsi,

una pizzeria, un supermercato che hanno appena aperto - brutto, ma mia madre dice costa poco)

(E ci abita gente che conosco, intorno a quella rotonda,

tutti figli di gente che lavorava all'Italsider, ma anche l'unico delinquente o quasi che ho avuto per amico - invece che per cugino

- andavamo d'accordo, in seconda elementare - il che forse fa di lui solo un teppista, aveva sette anni -

E con me era gentilissimo,

Solo che una volta - giocavo a pallone nel campetto sotto casa sua -

Provò a tirarci - a me e ai miei compagni di squadra -

bottiglie di birra vuote in testa - gli sarà sembrato divertente, ma non sapeva che giocavo in quella squadra - dopo un po’ abbiamo anche smesso d'essere amici, ma non mi ricordo come, forse ha cambiato scuola - scrissi un tema molto bello, su tutta la vicenda).

E nel sogno le campagne

si aprivano alle spalle dei palazzi*:

Le case popolari come ritratte e concentrate

contro la sterpaglia che riconquistava spazio.


* come nella realtà, ma ancora più incoerenti

E forse le campagne erano anche fra i palazzi

E per andare da uno all'altro bisognava riconoscere i sentieri

Schivare i cani randagi

E arrampicarsi

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