martedì 27 dicembre 2011

Sotto l'albero niente


C'è una questione che mi è venuta in mente, mentre leggevo e dopo aver visto il documentario. Si parla dei padri e di prendere una strada, e di sapere qual è il proprio dovere. Che il mondo di chi è andato in guerra nella prima metà del Novecento era un mondo dove la libertà stava a significare libertà dallo sfruttamento e da condizioni di vita disumane e anche parlando con mia nonna ho capito o almeno mi è sembrato di capire che non veniva in mente di chiedersi "come sarà la mia vita", "cos'è che mi piace fare" o cose di questo genere. C'era da faticare e si faticava, c'era poco da mangiare e poco si mangiava. Uno dei personaggi del libro di Wallace quando sta per essere sospeso dall'Università dice "chissenefrega", che è lo stesso "chissenefrega" dei padri di cui sto parlando, lo stesso pilota automatico, solo che per quest'ultimi significava prendere i lavori noiosi o sfibranti così com'erano, mentre li facevano, mentre per lo studente sospeso è il non pensare mentre non sta facendo niente, è il vuoto. La libertà di fare è spiazzante. Mi pare di dire cose sciocche, perché poi la maggior parte delle persone lavora e magari sa benissimo cose deve fare e sta bene, non so. Ho un amico che lavora in fabbrica e la cosa non gli fa certo bene, anche se non sta in catena di montaggio, è comunque pesante. E parlarne non serve a nulla, non aiuta, bisogna lavorare. Gli eroi dell'Agenzia delle Entrate Wallaciani sono veramente eroi, tutti quelli che vedo lavorare attorno a me, i miei amici che mi dicono "beato tu che non fai un cazzo" e ci facciamo una risata e in effetti io sto qua davanti al pc a pensare a qualcosa di sensato da scrivere a proposito di questo libro che sto leggendo ( un'altra opera straordinaria di un mio beniamino ), quando potrei limitarmi a mettere la copertina e via, e magari non rovinare nulla con le parole che davvero non contano. Sarà che avverto anch'io la mia insignificanza di fronte al mondo e voglio assolutamente lasciare tracce, come in un passaggio del libro, tanto forte da metterlo in quarta di copertina. Sarà pure che sono bravissimo ad affrontare la noia, e il libro ne è pieno, e secondo Wallace dovremmo parlare della noia; solo che è noioso, e dunque nessuno ne parla, ma per lui ci sarebbe non dico da divertirsi ma qualcosa da imparare. Cosa c'è dietro alla noia dunque?

Il film documentario si chiama "Passano i soldati", è di Luca Gasparini, ci sono le musiche di Massimo Zamboni ( CCCP ) e per questo l'ho visto. Luca va alla ricerca dei compagni alpini del padre, con cui egli andò in Russia durante la seconda guerra mondiale, intervista la madre e la zia, di passaggio ci sono anche Mario Rigoni Stern e Nuto Revelli che di quei giorni hanno scritto, e alla fine c'è modo anche di commuoversi ascoltando le parole del regista che dice al padre che ogni tanto se gli viene voglia può scrivergli, senza starci troppo a pensare, e il padre risponde con una delle ultime lettere in cui riconosce di essere un rompiballe.


domenica 25 dicembre 2011

Sotto l'albero niente


DRIVE – USA 2011, 100’. Regia di Nicolas Winding Refn. Wow! Come direbbero i Verdena ( a me piacciono, a voi? ). Avevo sbirciato qua e là per la rete in cui si diceva di un gran film, d’altronde a Cannes non è che premino il primo che passa, e le aspettative sono state confermate, anzi di più. Perché non sapevo bene di cosa trattasse e così mi sono lasciato trasportare alla grande. Va detto che è un film per tutti fino a che non si complicano dannatamente le cose, per cui ci tengo ad avvertire chi non sopporta la violenza sullo schermo. Partenza strepitosa con un film ( un cortometraggio perfetto ) nel film, dove ci viene presentato il protagonista, l’eroe bello e impassibile, calmo e risoluto, che conduce due rapinatori al sicuro dalla polizia. In seguito avremo un’ambientazione notturna stupefacente, che può ricordare le storie di Elmore Leonard e tanti altri che non conosco, cullati dalle tastiere di Cliff Martinez ( proprio lui: ex batterista dei RHCP. Mistero nella colonna sonora: nei titoli di testa io ho letto Angelo Badalamenti, che però pare non c’entri nulla, e poi ho chiaramente ascoltati due pezzi di Trent Reznor, eppure nessuno ne ha parlato nelle recensioni, mah ), da alcuni pezzi stile anni ’80 azzeccatissimi, che creano una specie di viaggio fra Blade Runner ( le panoramiche sulla metropoli e i synth ), tutto il pulp possibile e vario cinema ( il protagonista che impugna il martello è “Old Boy” ). Nella prima parte c’è una rarefazione di parole e azioni, c’è la storia di due persone che pian piano si conoscono, si guardano sempre più da vicino, tutto così perfetto, come il protagonista quando guida; è un asso, che si tratti di scene per i film d’azione che gira o di rapine, o quando ripara auto nell’officina dove lavora. Poi arrivano i cattivi, e il nostro eroe non è da meno. Lascia senza fiato, per alcune scene d’azione, per l’improvvisa efferatezza, per gli sguardi di chi sta per perdersi. Le sonorità risplendenti fanno presto a rabbuiarsi, a sommergerci di cattive vibrazioni, nelle storie c’è sempre qualcosa che va storto e lo sappiamo, ma vogliamo sempre sapere come va a finire, soprattutto in un film come questo. Farebbe il paio con “Bittersweet Life”, film sud-coreano di qualche anno fa tra i miei preferiti in assoluto, però appunto il primo amore non si scorda mai, e così lo lascio a qualcun’altr*.


TOM BOY – FRA 2011, 84’. Regia di Céline Sciamma. Facce da schiaffi, i ragazzini. Laure, fra poco comincia la scuola, e la scambiano per un ragazzo, e lei ci prende gusto, e fa amicizia con un gruppetto e una ragazzina che piace a tutti e che si innamora di un equivoco, un biondino che sa pure giocare a calcio. Uno di quei film in cui ti metti seduto in sala e guardi, o meglio contempli, assorto nelle vite tranquille, le nostre vite fortunate per chi è fortunato, guardi gli altri giocare, crescere, scoprirsi.

venerdì 23 dicembre 2011

Risus abundat in ore stultorum


NON CI RESTA CHE PIANGERE – ITA 1985, 113’. Regia di Roberto Benigni e Massimo Troisi. A questo film è legata una delle più belle risate che mi sono fatto da piccolino, precisamente alla scena della dogana ( Ehi?! Chi siete?! Quanti siete?! Cosa volete?! Un fiorino!! ) e dunque caro mi è. Me lo sono andato a rivedere e sono rimasto sorpreso intanto di ridere ugualmente moltissimo, magari per cose che mi ero dimenticato, e poi di trovare un film bello anche da vedere, da seguire. Benigni e Troisi assieme sono favolosi, da mettere nella storia evolutiva dell’uomo. La storia comincia con questi due amici, “colleghi” ( uno è insegnante, l’altro bidello nella stessa scuola ), che aspettano davanti al passaggio a livello di un posto fuori porta, e che stufi dell’attesa cercano un’altra strada; la benzina finisce e mentre scendono dalla macchina per cercare aiuto vengono sorpresi da un temporale. Trovano una casa dove passare la notte e all’indomani si risvegliano nel 1492, “quasi Mille-cinque”. A Frittole. A Benigni viene in mente di fermare Cristoforo Colombo, ufficialmente per impedire la “scoperta” dell’America e lo sterminio degli Indiani, sotto sotto perché quello che ha mollata la su’ sorella l’è americano.



IL RITORNO DI CAGLIOSTRO – ITA 2003, 100’. Regia di Daniele Ciprì e Franco Maresco.È il primo film che vedo dei due, e non conosco neanche Cinico tv o altri lavori, e sono strani forte. Passano dalla trivialità pura a scenette surreali mentre scorrono sullo schermo i personaggi più improbabili. È il finto racconto delle vicende della “Trinacria Cinematografica”, la Hollywood siciliana che negli anni ’50 produsse i meglio film che si potevano produrre. Fino all’ultimo, indimenticabile, “Il ritorno di Cagliostro”. Tutto viene raccontato come un reportage dei giorni nostri sul ritrovamento della pellicola di detto film, con interviste ai critici e ai superstiti dell’impresa. Le riprese della lavorazione del film, il backstage, e la storia dei fratelli La Marca scultori artigiani che sognano di fare il cinema, assoldati dal Cardinale Sucato ( dietro a tutto c’è Lucky Luciano ). Si possono fare film di qualità come fossero film di serie b o zeta, prendendo per il culo forse il cinema italiano e regalando cartoline eterne di squallore comico.

domenica 18 dicembre 2011

Trova l'intruso

Premessa: ultimamente sto vedendo spesso dei film documentari, cercherò di segnalarne il più possibile.
Nel link seguente diverse tracce da seguire: http://www.leparoleelecose.it/?p=2369




TROPPO BELLI – ITA 2005, 97’. Regia di Ugo Fabrizio Giordani.
Perché ho visto questo film? Perché figurava alla voce “genere sperimentale” nel grande archivio mymovies. È brutto? Sì, è brutto. Lo dobbiamo vedere? No, non credo. Perché ne parli? Per prendere tempo, fare il simpatico, far vedere che anche da un film brutto il fine recensore trae l’espressione filmica più autentica, il fotogramma salvifico che gli spiriti retti stavano aspettando. Ci siete ancora? Comunque, Costantino e Daniele sono due gran bonazzi ed è giusto che anche le ragazzine degli “anni zero” abbiano quello che generazioni di maschietti hanno avuto dal cinema trash ( per quanto fuori tempo massimo data l’enorme disponibilità che offre la rete ); docce comprese, pure evidentemente più caste. Per esempio per vedere Corona nudo bisogna rivolgersi a Videocrazy di Eric Gandini. Fra quattro o cinque sorrisi strappati uno è stato per una scena carina: alla notizia della frattura fra Costantino e Daniele, due ragazzine provano a darsele di santa ragione, manco stessero parteggiando per Michelino Bakunin e Carletto Marx. Curiosità: c’è Ernesto Mahieux, inquietante tassidermista ne L’imbalsamatore di Matteo Garrone. Che altro? Basta così.



SILVIO FOREVER – ITA 2011, 80’. Regia di Roberto Faenza, Filippo Macelloni.
Che strano. Ho 26 anni e ho visto nascere il fenomeno Berlusconi politico, ne parlo addirittura in Internet. Riguardare i vecchi spezzoni di interviste, comizi e apparizioni varie, assistere poi al racconto di questo simpaticone capace di arrivare al fianco di altri uomini di potere. Il fascino che possono avere certi ruoli tutto sommato è scontato, qualcuno nelle società deve pur avere potere, per cui diventa straordinario. Il documentario è godibile, alle volte si sorride, altre vengono i brividi, non c’è bisogno di ripetersi le malefatte del Nostro, e comunque in questo paese abbiamo avuto vent’anni di Mussolini, abbiamo avuto Andreotti e Craxi, più o meno vent’anni di Berlusconi. Se conoscessimo meglio altri paesi non credo cambierebbe molto. Nel frattempo i diritti civili sono stati conquistati a forza di lotte e sacrifici da altri, e quando si ha la possibilità di conoscere le loro storie, ad esempio leggendo Donne Guerra Politica, esperienze e memorie della resistenza ( seguendo il link c’è il pdf dell’intero libro ), si avverte molto di più il legame umano che cerchiamo per conoscere il mondo. Di Berlusconi non me ne frega niente, non mi interessa la sua vita, i suoi soldi e tutto il resto; rimango a disposizione ( nei limiti delle mie possibilità e fragilità ) per dare una mano a vivere meglio.



ALISYA NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE – 2009, 38’. Regia di Simone Amendola.
Una scheda e il trailer. Raitre lo ha trasmesso da poco, ma dovrebbe trasmettere questi documentari a rotazione, non una volta sola. Si va nella provincia romana, cullati da un pianoforte per niente rassicurante, che solo raramente si concede delle aperture che paiono ricordare il Jarrett di Caro Diario. Persone di diversa provenienza raccontano frammenti di convivenza a Cinquina, manco fosse Spinaceto, dove non c’è niente da fare. Una coppia con una bambina nata da poco finalmente con la casetta e la voglia di fare le cose per bene. Toccante.

mercoledì 14 dicembre 2011

Musica per i denti del giudizio




La luce va e viene
( e così il tuo sguardo…
La mano trema mentre
( …si perde fra gli altri verso…
faccio ordine nel mio mondo
( …il giovane frastuono che fa eco…
in cerca di applausi
( …alla passione inespressa…

E tu non sai a quale distanza mi tengo dal precipizio
seppure fa male non mi butto, non salto e non provo a volare
pure se in questo c’è un po’ di tristezza,
come a Natale.