lunedì 25 luglio 2011
venerdì 15 luglio 2011
martedì 12 luglio 2011
The Monkey Never Dies (la rubrica dei film di Stefano)
LE CONSEGUENZE DELL’AMORE – ITA 2004, 100’. Regia di Paolo Sorrentino.
Il regista è uno dei migliori da anni a questa parte e di questo film vado pazzo. La ragione del titolo è presto detta: l’uomo protagonista viene scosso dal torpore in cui vive ( non racconto la trama perché è da vedere ) il giorno che si accorge di una ragazza. Il sussulto che lo assale lo porterà a rischiare la vita. Memorabile per l’attore protagonista, Toni Servillo; per le musiche, per la storia. Lo stile di Sorrentino non lo saprei spiegare, ma ho visto tutti i suoi film ( il meno bello è “L’amico di famiglia” ). Credo che si possa descrivere come pop sofisticato, portato ai massimi livelli ne “Il divo”; un abito che mette addosso a storie incentrate su uomini molto soli. La musica la usa come pochi. Alcune scelte estetiche insolite, da video-clip. Quindi, viva Sorrentino!
L’UOMO DAL BRACCIO D’ORO – USA 1955, 119’. Regia di Otto Preminger.
Frankie “Mr. Machine” torna dopo sei mesi di cura in una clinica per tossicodipendenti in cui ha imparato a suonare la batteria deciso a cambiare vita. Ma nel quartiere in cui vive è costretto a tornare sui suoi passi, tormentato dalla polizia, dal suo vecchio spacciatore e da un tipo che gestisce il gioco d’azzardo. Frankie è anche “dealer”, mazziere o non so come si chiamano. Essendo un film degli anni ’50 fece scalpore vedere forse per la prima volta un eroinomane, la preparazione della dose accompagnata dagli ottoni, la manica della camicia tirata su a scoprire il braccio, la camera stringere sugli occhi di Frankie; e poi lui che riesce almeno a riprendersi dopo giorni di tormenti chiuso a chiave in camera dalla sua amica. Forse due ore sono troppe per questo film, e il rapporto di Frankie con la moglie compagna Zosh, che vive su una sedia a rotelle sempre in casa, appesantisce il tutto, però rimane un film apprezzabile.
AMORE TOSSICO – ITA 1983, 90’. Regia di Claudio Caligari.
I primi venti minuti si possono vedere, un po’ perché fanno ridere ( aho! Ce stamo a sbatte per facce ‘no skizzo e tu te si pijato ‘n gelato? ‘mbe, me so pijato un gelato, m’annava. Vabbè in finale quanto c’è rimasto? Ottomila lire. Ottomila lire? Da du mila te lo si pijato il gelato? ) e un po’ perché si conoscono i personaggi di questo film crudo e trashissimo. Certo vedere ‘sti pori disgraziati che si trascinano in cerca di una “svolta” alla fine mette un certo disagio, come nel film Christiane F. i ragazzi dello zoo di Berlino, l’ennesima siringa nel braccio, ragazzi e ragazze che si prostituiscono, certo in Germania andavano a vedere David Bowie, a Roma i Nostri al massimo si concedono di cantare in macchina “Per Elisa” ( Battiato – Pio – Visconti ). Insomma è un film a basso costo, con attori di strada ecc. la sua “forza” la trae dal realismo ma più di tanto non si può fare.
Il regista è uno dei migliori da anni a questa parte e di questo film vado pazzo. La ragione del titolo è presto detta: l’uomo protagonista viene scosso dal torpore in cui vive ( non racconto la trama perché è da vedere ) il giorno che si accorge di una ragazza. Il sussulto che lo assale lo porterà a rischiare la vita. Memorabile per l’attore protagonista, Toni Servillo; per le musiche, per la storia. Lo stile di Sorrentino non lo saprei spiegare, ma ho visto tutti i suoi film ( il meno bello è “L’amico di famiglia” ). Credo che si possa descrivere come pop sofisticato, portato ai massimi livelli ne “Il divo”; un abito che mette addosso a storie incentrate su uomini molto soli. La musica la usa come pochi. Alcune scelte estetiche insolite, da video-clip. Quindi, viva Sorrentino!
L’UOMO DAL BRACCIO D’ORO – USA 1955, 119’. Regia di Otto Preminger.
Frankie “Mr. Machine” torna dopo sei mesi di cura in una clinica per tossicodipendenti in cui ha imparato a suonare la batteria deciso a cambiare vita. Ma nel quartiere in cui vive è costretto a tornare sui suoi passi, tormentato dalla polizia, dal suo vecchio spacciatore e da un tipo che gestisce il gioco d’azzardo. Frankie è anche “dealer”, mazziere o non so come si chiamano. Essendo un film degli anni ’50 fece scalpore vedere forse per la prima volta un eroinomane, la preparazione della dose accompagnata dagli ottoni, la manica della camicia tirata su a scoprire il braccio, la camera stringere sugli occhi di Frankie; e poi lui che riesce almeno a riprendersi dopo giorni di tormenti chiuso a chiave in camera dalla sua amica. Forse due ore sono troppe per questo film, e il rapporto di Frankie con la moglie compagna Zosh, che vive su una sedia a rotelle sempre in casa, appesantisce il tutto, però rimane un film apprezzabile.
AMORE TOSSICO – ITA 1983, 90’. Regia di Claudio Caligari.
I primi venti minuti si possono vedere, un po’ perché fanno ridere ( aho! Ce stamo a sbatte per facce ‘no skizzo e tu te si pijato ‘n gelato? ‘mbe, me so pijato un gelato, m’annava. Vabbè in finale quanto c’è rimasto? Ottomila lire. Ottomila lire? Da du mila te lo si pijato il gelato? ) e un po’ perché si conoscono i personaggi di questo film crudo e trashissimo. Certo vedere ‘sti pori disgraziati che si trascinano in cerca di una “svolta” alla fine mette un certo disagio, come nel film Christiane F. i ragazzi dello zoo di Berlino, l’ennesima siringa nel braccio, ragazzi e ragazze che si prostituiscono, certo in Germania andavano a vedere David Bowie, a Roma i Nostri al massimo si concedono di cantare in macchina “Per Elisa” ( Battiato – Pio – Visconti ). Insomma è un film a basso costo, con attori di strada ecc. la sua “forza” la trae dal realismo ma più di tanto non si può fare.
martedì 5 luglio 2011
The Cries of the Carrots!!! The Cries of the Carrots!!
(allora: ho due rubriche di Stefano e la doppia recensione di The Room da pubblicare, ma non c'ho per niente tempo. Mi dispiace: lo farò, appena sarò lucido abbastanza. mi dispiace per i lettori abituali o occasionali, ma è un periodaccio, in termini di tempo ed energie a disposizione - e sì, anche in altri termini. Comunque, cercherò di pubblicare quanto arretrato entro i prossimi giorni. A metà luglio ci sarà l'oroscopo dell'estate di Cinzia e dopodiché direi che chiuderò battenti per l'estate. L'idea sarebbe di scrivere e disegnare, quest'estate: ci rivedremo poi.)
(per ora, beccatevi questa classica traccia nascosta - pezzo 66 di Undertow, 1993, se non vado errato - che io stesso non ascoltavo da un sacco di tempo, e leggetevi il testo, che è carino, soprattutto la prima parte mi fa sempre un sacco ridere)
Disgustipated
And the angel of the lord came unto me, snatching me up from my place of slumber. And took me on high, and higher still until we moved to the spaces betwixt the air itself. And he brought me into a vast farmlands of our own midwest. And as we descended, cries of impending doom rose from the soil. One thousand, nay a million voices full of fear. And terror possesed me then. And I begged, "Angel of the Lord, what are these tortured screams?" And the angel said unto me, "These are the cries of the carrots, the cries of the carrots! You see, Reverend Maynard, tomorrow is harvest day and to them it is the holocaust." And I sprang from my slumber drenched in sweat like the tears of one million terrified brothers and roared, "Hear me now, I have seen the light! They have a consciousness, they have a life, they have a soul! Damn you! Let the rabbits wear glasses! Save our brothers!" Can I get an amen? Can I get a hallelujah? Thank you Jesus.
Life feeds on life feeds on life feeds on life feeds on........
This is necessary.
It was daylight when you woke up in your ditch. You looked up at your sky then. That made blue be your color. You had your knife there with you too. When you stood up there was goo all over your clothes. Your hands were sticky. You wiped them on your grass, so now your color was green. Oh Lord, why did everything always have to keep changing like this. You were already getting nervous again. Your head hurt and it rang when you stood up. Your head was almost empty. It always hurt you when you woke up like this. You crawled up out of your ditch onto your gravel road and began to walk, waiting for the rest of your mind to come back to you. You can see the car parked far down the road and you walked toward it. "If God is our Father," you thought, "then Satan must be our cousin." Why didn't anyone else understand these important things? You got to your car and tried all the doors. They were locked. It was a red car and it was new. There was an expensive leather camera case laying on the seat. Out across your field, you could see two tiny people walking by your woods. You began to walk towards them. Now red was your color and, of course, those little people out there were yours too.
lunedì 27 giugno 2011
domenica 26 giugno 2011
venerdì 24 giugno 2011
Tre Sul Nero (la rubrica dei film di Stefano)
M IL MOSTRO DI DÜSSELDORF – GER 1931, 117’ . Regia di Fritz Lang.
Ci sono alcune scene indimenticabili e da brividi, come l’apparizione dell’assassino, un’ombra proiettata sul manifesto che annuncia la taglia per chi lo trova, mentre si avvicina all’ennesima bambina ignara di cosa le accadrà. Il fischiettio che poi incastrerà l’assassino stesso. La sua confessione, davanti a coloro che erano riusciti a catturarlo, strambe associazioni di scassinatori, rapinatori, giocatori d’azzardo e ladri d’orologi, con l’aiuto fondamentale dei mendicanti; il “mostro” urla devo! Non voglio! Devo! Il finale è sospeso: non sappiamo se sarà condannato a morte o cos’altro, ma vediamo tre donne con la voce dolente che pregano di stare più attenti ai nostri figli. Dopo una prima parte centrata sui bambini e il “mostro”, c’è la doppia indagine, quella ufficiale della polizia e quella delle associazioni di cui sopra che non ci stanno a farsi sospettare di un crimine tanto efferato ( il “mostro” violenta e uccide delle bambine, probabilmente fra i primi serial-killer del cinema ). Poi la cattura e il processo, sempre da parte delle associazioni. Qui il regista mette di fronte alla difficoltà di giudicare un tale fatto. C’è chi vuole la pena di morte perché l’uomo è inguaribile, chi proprio per questo pretende la consegna alla legge e la cura. Una donne che si alza e chiede di pensare alle madri delle bambine. E poi appunto il verdetto ufficiale sospeso e interrotto dal monito delle donne imploranti.
ANATOMIA DI UN OMICIDIO – USA 1959, 160’. Regia di Otto Preminger.
Appassionante nonostante le oltre due ore e mezza. Un tenente dell’esercito reduce dalla Corea è accusato di omicidio. Il movente è la violenza sessuale subita dalla moglie. La linea difensiva si baserà sull’impulso irresistibile scatenato dalla notizia della violenza. Il protagonista è l’avvocato del tenente, un appassionato di pesca e di jazz ( lo suona anche al piano ) poco propenso a far carriera che si fa convincere dal suo compagno di studi, un vecchio giurista dedito al whisky che per l’occasione si darà alle gassose ( pare che funzioni! ). La parte del processo è lunga e dettagliata, gustosa; ad un certo punto il giudice deve nominare un paio di mutandine e chiede consiglio agli avvocati della parti. Nessuno conosce sinonimi appropriati per non destare scalpore. Uno suggerisce un termine francese che non ricorda bene, ma il giudice lo ritiene troppo suggestivo. Vada per le mutandine allora, solo che il pubblico e la giuria scoppiano in una fragorosa risata. Altri tempi. Insomma anche qua siamo di fronte al dilemma di come giudicare un uomo che ha sì sparato cinque colpi ed ucciso una persona, ma l’uomo che ha ammazzato gli aveva violentata la moglie un’ora prima del fatto. Per giudicare intendo giudizio morale, ovvio.
VELLUTO BLU – USA 1986, 120’ . Regia di David Lynch.
Fino ad ora il film che più mi è piaciuto di David Lynch è Mulholland Drive, più la prima serie di Twin Peaks, però l’altra notte davano Velluto Blu alla tv e così parlo di questo. Parto dalla musica e dai suoni in generale che intervengono e fanno colonna sonora tanto quanto le musiche ufficiali. Ci sono tre livelli di musica: la sezione simil-sinfonica ( archi o synth ) che mi ricorda sempre le prime tracce di Disintegration ( The Cure ), usata per le scene in cui il giovane Jeffrey sta assieme alla sua bella; le canzonette, da Blue Velvet alle sezioni jazzistiche; infine i sottofondi inquietanti, suoni prolungati che si insinuano spesso repentinamente. Lynch usa moltissimo questa sorta di montaggio sonoro, anche senza stacchi tra un brano e l’altro. La musica usata in questo modo è uno dei suoi punti di forza in effetti. La storia per riassumere è quella di un ragazzo che si ficca pian piano in una situazione attratto dal mistero e poi risolto il caso ( uccidendo il cattivo ) ritorna alla tranquillità di sempre. Nel mistero troverà una donna sensuale e squilibrata tanto quanto il suo carnefice violento, sboccato ( “Andiamo a scopare! Voglio scopare tutto quello che si muove!” ) e criminale come pochi. Non è un film riuscitissimo, ma somma alcuni momenti affascinanti ( o perversi ) ad altri pieni di tensione in una maniera che rimane.
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