giovedì 18 ottobre 2012

IL MONDO NUOVO

« Essere, o non essere, questo è il problema: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e, contrastandoli, porre loro fine. Morire, dormire… nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale deve farci esitare. È questo lo scrupolo che dà alla sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal loro corso e perdono il nome di azione. »

Ore 17:00, italiano, compito in classe: breve riassunto del monologo, varie domande sul perché e il percome e infine la domandona: che ne penso io e i giovani ( ‘sti cazzo di giovani ) del suicidio e legami con il monologo. Due ore di tempo. In realtà quattro, ma io il giorno prima ero assente. Io ho pure letto un saggio sul suicidio, quello di Marzio Barbagli. E mi sono anche impegnato per tirare fuori qualcosa di sensato, pure nel breve tempo a disposizione, considerando che poi dovevo ricopiare in bella e rispondere alle altre domande. Considerando soprattutto che non so cosa pensano i giovani del suicidio e di Amleto, e neanche io in fondo. A un certo punto guardando i miei compagni mi è venuta la curiosità circa i loro pensieri. Chissà che avranno scritto. Io non ho resistito a tirare in ballo Ian Curtis e DFW, così alla cazzo di cane, un po’ per vedere se la prof mi chiederà chi sono ( magari li conosce ) e un po’ per vezzo, dopo un accenno a un amico che lavora in fabbrica e che un motivo per farla finita ce l’ha di fronte quasi tutti i giorni. Però in verità mi è piaciuto farlo, avere la sensazione di poter dire qualcosa di significativo con la campanella che incombe e la consapevolezza che no, non è in quelle mie poche righe, una ventina, che si cela un qualsiasi segreto. Se c’è una cosa che ho capito è mi affascina l’idea del suicidio, se un artista si è suicidato subito mi viene l’interesse per le sue opere. Molto comune immagino e molto banale. Quando ero più giovane ( dagli! ) e squinternato vivevo molto male, non so fino a che punto ne ero consapevole, ma certamente ripensandoci mi rendo conto di quanto tempo ho sprecato e di quanta vita ho fatto a meno ( non saprei come definire il fatto che una persona racconti i fatti propri sul web, una sorta di esondazione biografica, una estrema solitudine nonostante una vita sociale accettabile. Un po’ di tempo fa Elasti segnalò un blog di una giovane che raccontava il suo problema e a me pare una cosa incredibile, che supera l’interesse per Shakespeare ). Insomma, direi che questo monologo mi fa pensare a ciò che sta in mezzo, ovvero come vivere meglio. Come stiamo, dunque?

Infine il film, Alps, il secondo di Lanthimos che vedo, curiosamente l’altro film di lui che ho visto è stato il primo che ho recensito qua. Non so bene cosa dirne, l’altro ( Dogtooth ) mi pare migliore. Una farsa fredda e desolante, imbarazzante, a sprazzi ridicola. Partendo dalle parole del regista, è un film in cui delle persone cercano di sfuggire dalla propria vita per metterne in scena un’altra, impersonando persone defunte al servizio dei loro famigliari. Come Amleto non sa più se la sua follia sia recitata o vera ( almeno da quel che ho capito, o almeno da quello che c’è scritto sul libro di testo, dato che l’opera intera non la conosco ), così la protagonista non si accontenta di fingere.

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