Sono arrivato da pochi giorni Grottaglie. Ad accogliermi è stato il principesco matrimonio di mia cugina Giusy: solo ora inizio a digerire l'impossibile quantità di cibo ingerita. Per aggiornare questo blog mi sono deciso a usufruire dello spazio internet del Prince Cafè, uno dei pochi posti a Grottaglie in cui ci sia una connessione (per quanto a prezzi improbabibili) e il Branca Menta (il cui prezzo è invece gioiosamente basso, e questo proietta un'ombra di alcolismo sulle prossime settimane di vacanza).
A causa anche dell'indigestione causata dalle nozze di mia cugina, ho passato questi primi giorni di vacanza a leggere pigramente e girottolare per le campagne intorno a casa mia.
Ho divorato il primo volume della trilogia "His Dark Materials" di Philip Pullman, chiedendomi di continuo come l'avrei preso se l'avessi letto a dodici o tredici anni. Il fatto è che Pullman si concentra su paure infantili molto più complesse di quelle con cui fa i conti la Rowling in Harry Potta: Lyra scopre ben presto di non essere affatto orfana (che in fondo è il maggior cruccio di Harry) e che avere dei genitori è molto peggio. Inoltre Lyra e i personaggi di Pullman sono bambini veri: fumano e bestemmiano, tanto per dirne una, cosa che Ron ed Hermione non farebbero mai: al limite i gemelli Weasley, ma nei romanzi della Rowling sono poco più che macchiette. E soprattutto mi chiedo quanto mi sarei emozionato per l'idea teologica al fondo del primo volume, la connessione ipotizzata (ma che Lyra alla fine arriva a mettere in discussione) tra la "materia oscura" e il peccato originale, e la profonda bellezza di costruire l'ultimo capitolo sulla discussione di un passo del Genesi (modificato per farci rientrare i Demoni che popolano l'universo di Pullman), con riferimenti anche alla discussionee sul loro valore storico e teoretico (il padre di Lyra, Lord Asriel, che si rivela peggiore dei "cattivi" fin lì combattuti dalla figlia, arriva a paragonare il racconto biblico alla radice quadrata di -1, che non esiste e non è immaginabile, ma ci consente di fare e conoscere un sacco di robe altrimenti al di fuori della nostra portata). L'unico difetto che riesco a trovare in Pullman è nel modo in cui tratteggia i potenti, nell'aura di grandezza e forza che immancabilmente riconosce in essi, ma dev'essere una cosa normale per un inglese: in fondo loro hanno una monarchia che funziona da un millennio, e anche se una volta sono arrivati a tagliare la testa al loro re, si sono abituati ad un'idea di potere che è per un italiano inconcepibile. Uno scrittore italiano non avrebbe resistito alla tentazione di rendere almeno uno dei "potenti" ridicolo, così come uno francese, probabilmente, non avrebbe resistito alla tentazione di farne almeno uno molle e vizioso.
A parte la roba di studio ho iniziato a leggere "Gog e Magog" di Martin Buber, e soprattutto a rileggere le stroncature di Giovanni Papini: mi dispiace solo di non avere il volume con la stroncatura di Carolina Invernizio (di cui, su imbeccata di Cinzia e Olivia mi sono letto il pessimo ma divertentissimo "La felicità nel delitto"). Comunque, non sono d'accordo praticamente su niente di quello che dice Papini, a parte quando insulta Benedetto Croce (ma cambiando pochissimo si potrebbero estendere le sue critiche a qualsiasi hegeliano o heideggeriano mai passato, presente e futuro).
Questo pomeriggio esporrò le mie bianche carni al primo giorno di mare: prevedo ustioni e vergogna di fronte a villeggianti bruniti dal sole. Per fortuna ci saranno con me Dado e Gianluca, anche loro in possesso della tipica abbronzatura del muratore.
Nel prossimo post: disegni estivi, musica estiva e la vita grottagliese narrata da un emigrato in vacanza.
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