sabato 17 novembre 2012

PRESI ALLA POLVERE

“Sono uno che fa cose tipo salire su un taxi e dire al tassista: “In biblioteca, e a tutta””.

 Un piccolo e utile saggio.

 Il commento personale, in fondo trascurabile, e, dato il caso, detto davvero senza ironia ( non senza però il compiacimento effettivamente sciocco nello scrivere “detto davvero senza ironia”; un peccatuccio perdonabile in fondo ): Dopo di questo solo liste della spesa. Depressione, divertimento, dedizione, dipendenza. Dopo la seconda lettura. Edmund Wilson scrisse a proposito di Joyce, dell'impegno che richiede, del fatto che se uno scrittore ci ha messo anni a fare un libro, un lettore non può pensare di cavarsela con una sola lettura. In più, alcune letture danno proprio piacere, sono divertenti, ti prendono. Certe opere incidono a fondo. Tolti però l’intrattenimento puro e semplice, anche della maggior qualità possibile, e quella che si potrebbe dire la descrizione del mondo, di noi, certe volte rimane il bisogno di leggere, solo quello, continuo, di conoscere il più possibile. Dentro Infinite Jest ( IJ ) c’è scritto a un certo punto, che ognuno pare avere un’attenzione ossessiva per qualcosa. E in Questa è l’acqua, che credenti o meno, non possiamo esimerci dal venerare ( dunque diventa fondamentale riuscire a scegliere a cosa pensare: che poi sia i giovani tennisti dell'accademia sia i residenti della casa di recupero, sono soggetti a cui viene detto di non pensare: i primi per essere immersi nel gioco senza spazio per il proprio Io, un ostacolo alla vittoria; i secondi perché solo seguendo regole precise possono sperare di farcela contro la dipendenza ). IJ, nel suo modo di prendere il lettore ( ammesso che accada, ovvio ), diventa quasi simile al film diabolico omonimo di cui parla, l’ipotesi di un tentativo analogo, per fortuna impossibile. Per cui verrebbe da dire che Wallace non voglia che i suoi libri siano letti assiduamente, ma con misura. Il nodo alla fine è che IJ racconta l’epoca in cui è stato per la prima volta così accessibile il piacere alla massa. Lo fa in maniera strabiliante nelle descrizioni e nell’azione, e vicina all’essenziale, soprattutto nei dialoghi. Un altro nodo mi sembra la percezione di sé. A parte quando siamo chiaramente felici o tristi, come stiamo? Il fatto stesso che uno ci pensa è indice che le cose potrebbe andare meglio? Mah!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Eh, beh. Wallace.
:-)
ciao
f

piccolo aiutante di... ha detto...

eh, ormai sono da curare, mi mancano solo i poster in cameretta.

cassandra ha detto...

io ho anche il poster in cameretta...