Slavoj Zizek
"In difesa delle cause perse. Materiali per la rivoluzione globale"
Ponte alle Grazie
26.00 euro
OVVERO: del coitus interruptus.
(Cercherò d'essere breve, anche se poi di singoli aspetti del libro di Zizek vorrei provare a parlarne più diffusamente, ma questa sarà un tentativo di recensione molto in generale, e anche molto tranchant, e temo anche molto superficiale)
Si arriva alla fine delle 572 pagine di In difesa delle cause perse e si vorrebbe dire a Zizek, come alla fidanzatina delle superiori, "ma che è, vuoi lasciarmi così?"
Faccio francamente fatica a credere quanto sia insoddisfacente la fine di questo libro che, di paradosso in paradosso, di provocazione in provocazione, mi stava comunque piacendo.
Perché prima di arrivare al dunque, il libro di Zizek è, in molti suoi punti, del tutto rinfrescante: anche se ogni tanto gli esempi di Zizek sono del tutto pretestuosi, anche se il secondo capitolo sull'ideologia della famiglia è un po' fuori contesto (pur essendo nel suo insieme decisamente divertente), anche se ogni tanto Zizek si riavvolge nella polemica accademica (le pagine contro l'interpretazione di Stavrokakis mi ha reso una volta di più conscio di quanto io sia ormai lontano dal bailamme delle pubblicazioni universitarie**), il percorso è chiaro, ed è tutto contenuto nel titolo..
Si tratta, più o meno, di dare una nuova interpretazione dei movimenti rivoluzionari dell'ultimo secolo (e non solo: anche il terrore rivoluzionario viene riabilitato) e dei loro risultati, senza negare la loro relazione con l'ideologia o la teoria politica alla loro base, ma cercando di capire la natura di questa relazione. Perché non basta dire che lo stalinismo non c'entra niente con il comunismo o che al contrario ne è la sua logica conseguenza. E idem per la rivoluzione culturale, per il terrore giacobino, ecc. ecc.
Si tratta, detto in poche parole, di riformulare una teoria dell'evento rivoluzionario che sia innanzitutto in grado di spiegare la differenza tra eventi rivoluzionari autentici e "non", una teoria capace di prendersi carico della violenza che si sprigiona negli eventi rivoluzionari e di quella necessaria a stabilire nuove regole quando si passa dall'ubriacatura rivoluzionaria al "mal di testa del giorno dopo".
Si tratta di creare una nuova teoria dell'agire politico che non prenda come inevitabile lo stato delle cose attuale (che non arrivi cioè a "naturalizzare" il sistema capitalista, a vederlo come sfondo inevitabile, come forma unica dell'interazione sociale ed economica) e che sia in grado di individuare i punti di forza su cui esercitare la critica, le contraddizioni interne al sistema, gli agenti rivoluzionari possibili, le possibili alleanze, ecc. ecc.
Zizek ci prova, e in alcuni momenti il tentativo è esaltante: non che la sua forma di marxismo-hegelismo-lacanismo sia particolarmente divertente (oltretutto il buon Zizek ha l'orribile vizio di saltare da un gergo all'altro, anche se il suo preferito è il lacanese), ma perché nel leggere alcuni suoi capitoli (su tutti, quello dedicato alla rivalutazione dello stalinismo) si prova qualcosa di simile alla trepidazione con cui si seguono le evoluzioni di un ginnasta particolarmente bravo, la simpatia con cui si risponde ai suoi movimenti tendendo i muscoli delle gambe, saltando sulla sedia, stringendo le mani. In Zizek c'è la passione del gesto atletico (intellettuale), e la speranza che ce la faccia.
E in certe cose ce la fa, o almeno mette in dubbio che l'interpretazione corrente sia quella corretta, e anzi insinua il dubbio che sia esattamente l'interpretazione opposta a quella corretta.
Mi rifaccio sempre al capitolo sullo stalinismo, che mi ha grandemente divertito: l'idea che lo stalinismo sia stato un fallimento perché troppo umano, che ha fallito proprio perché incapace di portare all'estremo quello che era contenuto nell'atto rivoluzionario, di applicare il terrore in tutta la sua anti-umanità, è un'enormità, ma è un'enormità che vale la pena pensare (anche se: no, non mi convince per niente), e che almeno libera delle energie per ripensare non solo la rivoluzione d'ottobre e i suoi effetti, ma anche la possibilità stessa di una rivoluzione al giorno d'oggi.
L'esercizio di Zizek si fa sempre più difficile man mano che si passa dall'analisi del passato alla definizione degli spazi, delle motivazioni, degli agenti e degli obiettivi rivoluzionari odierni (per non parlare: delle modalità, della rivoluzione, dei suoi effetti). Ma a questo ero preparato. Per dire: so che è più facile parlare di cosa è andato storto in passato e distinguere su questa base eventi rivoluzionari "veri" ed eventi "falsi" (cioè, reazionari, confermativi dell'ordine esistente)*** che fare una cartografia del "proletariato" oggi e degli spazi in cui può esplodere la violenza rivoluzionaria. E so che è difficilissimo farlo senza rischiare di dire corbellerie galattiche.
Il problema è che però Zizek tira via l'ultima parte del suo saggio: individua quattro campi di azione-attrito (ecologia, biotecnologie, proprietà intellettuale, nuove forme di segregazione-assenza dello stato) in cui può esplodere il sistema, e individua forse delle sinergie possibili tra i quattro campi. Ma poi non ha assolutamente nessuna idea di come andare avanti, di come fare a giustificare l'emergere in uno di questi campi di una coscienza politica rivoluzionaria (a parte pensare agli intellettuali del copyleft come possibili capi e guide di una rivoluzione nelle banlieue e tra i rifugiati ...) piuttosto che di un non-evento reazionario (sempre ammesso che la distinzione regga).
In più: il libro chiude individuando in uno dei quattro campi (l'ecologia) il campo possibile e immaginando per esso un campo di applicazione del terrore, saltando però a piè pari l'evento rivoluzionario e immaginando invece una dinamica del tutto interna alla politica degli stati, con sanzioni "terroristiche" per chi non rispetta il nuovo ordine "ecologista".
E' solo un'ipotesi, è vero, ma è tirata via e non prende in carico la nozione di evento che (condivisibile o meno) lo stesso autore aveva sviluppato per 500 e passa pagine.
Insomma: aspetto la prossima teorizzazione: per ora questo è, quando funziona e non si perde nel cazzeggio ****, un buon tentativo di rimettere in discussione alcuni supposti punti fermi della politica e della filosofia odierna (inevitabilità della politica degli stati, naturalità del capitalismo, ecc., realpolitik, fine delle grandi narrazioni e delle grandi ideologie politiche, ecc), ma ancora, semplicemente, una pars destruens e neanche pienamente convincente.
Però: consigliato. E' intelligente e utile, ed è più che abbastanza.
** Ovvero: Zizek spende un numero francamente eccessivo di pagine a dimostrare di non aver interpretato Lacan male, e io mi chiedevo tutto il tempo: ma che ti frega? la cosa fondamentale non è - giacché si parla di rivoluzione - l'aver detto o no cazzate sul mondo? Ma forse la mia posizione è ingenua: evitare di dire cazzate su Lacan o sul mondo sono due cose più vicine di quanto io pensi.
*** tra parentesi: la distinzione di Zizek tra rivoluzioni "vere" e rivoluzioni di destra (fascista e nazista, in primis) è comprensibile e condivisibile ma pelosissima e attaccabile anche da un bimbo di tre anni o da qualcuno appena appena retoricamente più accorto di Giuliano Ferrara
**** su libri, sinfonie e film: cazzeggio divertente, intelligente e in sé molto interessante, ma in secondo piano, se si cerca di leggere questo libro seriamente
4 commenti:
Andate ad avvertire Zizek, la rivoluzione è cominciata: un patriota, un Pietro Micca, un Batman, ha sferrato un pugno liberatorio a Capezzone e si è dileguato per le strade di Roma!
grazie Cassandra! mi hai messo di buonumore di primo mattino!
vorrei dirti quanto mi piacciano certi passaggi di questa tua recensione e vorrei esprimerti quanto mi appassioni il tema in questo momento e poi comunicarti quello che penso di zizek in generale e anche tante altre cose
però oggi ti posso dire solo BUNGA BUNGA!
BUNGA BUNGA a TE!
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