lunedì 8 novembre 2010

Bernstein e Woodward "L'affare Watergate"


Due sabati fa, su una bancarella di Torino, per la modica cifra di un euro, ho comprato questa meraviglia. Si tratta di una prima edizione del 1974, prima ancora che Nixon subisse l'impeachment e prima ancora che ne venisse tratto il film (Tutti gli uomini del presidente), motivo anche per il quale la Garzanti sceglie un sobrissimo "L'affare Watergate" come titolo italiano.

Il libro in sé è una cronaca molto scarna (benché occupi 350 pagine circa) e molto poco cinematografica (piena zeppa com'è di nomi, particolari, anticlimax, non-rivelazioni) del lavoro dei due giornalisti del Washington Post, ma a suo modo incredibilmente avvincente.

Ovviamente, quello che tiene viva l'attenzione è il progressivo svelarsi del sistema messo su dal presidente americano, e il progressivo sgretolarsi del muro di silenzio e smentite che i suoi uomini e il suo ufficio stampa avevano cercato di creare intorno ai due giornalisti e al quotidiano per cui lavoravano.

La cosa che più mi ha impressionato del libro è però la prefazione di Alberto Ronchey (direttore della stampa e futuro ministro con Amato e Ciampi) in cui il buon giornalista trova necessario spiegare che questi americani sono molto strani e che per loro è sacrosanto il processo mediatico fatto al presidente Nixon, cosa che a noi italiani non può che apparirci molto moralista e piccolo borghese, e financo incomprensibile.

Cazzo.
Cosa doveva fare Nixon perché il "processo mediatico" fatto ai suoi danni ci sembrasse sacrosanto anche a noi italiani?
Cosa deve fare un capo di stato perché sembri sacrosanto dirgli di andarsene, in Italia?
Sono domande eterne, ecco.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

http://www.dagospia.com/mediagallery/dago_gallery-28496/300416.htm

daniele ha detto...

thanx, anonimo