Buttai la scatola di preservativi sul letto.
<<Secondo te che cosa sono questi?>>
Mi guardasti sbadigliando. <<Palloncini?>>
<<Sei una gran furba, vero, Maeve? Se fossi
altrettanto sveglia a scuola saresti una cima. Sono tuoi?>> Senza dire
niente ti girasti verso il muro. <<Sono molto deluso di te>> dissi.
<<Be’, non sei contento che li ho usati? Così non ho
fatto la fine di mamma>>.
<<E con questo che vorresti dire?>> Rispondesti sdegnata: <<Lo sai
bene>>.
<<No che non lo so>> <<Sì che lo sai, accidenti. Mammina la
lurida puttana>>
<<Come osi parlare così di tua madre?>>
<<Ho imparato da te, lo facevi molto spesso>> urlasti. <<Ai
tuoi tempi te ne sei uscito con un paio di cosette sul suo conto. Forse te ne
sei scordato. Come scordi tutto quello che non ti fa comodo>>.
<<Quando ti ci metti sei proprio una piccola stronza>>
<<Oh, lo so, lo so, lo so. Proprio come
mammina>> <<Esatto amore, proprio come lei>>
<<Ehi, senti, cambia disco, Billino,
d’accordo?>> <<Le somigli così tanto che non capisco perché non te
ne torni da lei>>. Ti alzasti a sedere sul letto con gli occhi
fiammeggianti. <<Ti ricordo bene>> urlasti. <<Cristo, non
pensare che l’abbia dimenticato. So com’eri ridotto, in uno stato pietoso. E mi
dici chi cazzo ti credi di essere per venirmi a fare la predica?>>.
<<Sono tuo padre, ecco chi sono>>. <<Ma davvero? E come fai a
saperlo?>>. <<Lo so, come so che tu sei una ragazza>> ti
dissi allora. <<Perché se non lo fossi ti farei assaggiare la cinghia>>.
<<Ma certo, dai, non trattenerti. Con lei non ti sei mai
trattenuto>>. <<Questa è una balla schifosa. Non ho mai toccato tua
madre con un dito>>. <<Magnifico, magnifico, non la picchiavi da
mattina a sera. Che cosa vuoi, adesso, una cazzo di medaglia per essere stato
il marito modello? Eh, paparino carissimo?>>
Uscì dalla stanza rosso d’ira e me ne andai a fare un lungo
giro in macchina. Un paio di notti dopo, ero mezzo addormentato quando bussasti
alla porta della mia camera ed entrasti con una tazza di tè per me. Ti sedesti
sulla sponda del letto e parlammo un po’. Mi chiedesti scusa per quello che era
successo; e così feci io. Decidemmo di riprovarci. M’infilai una vestaglia e
scendemmo insieme in cucina, dove scrivemmo una serie di regole sul retro di
una busta. Tu non avresti portato a casa i tuoi amici senza dirmelo e io non ti
avrei sgridato quando avrei perso le staffe. Tu non mi avresti mentito e io non
ti avrei mentito. Ti avrei permesso di passare una notte a settimana a casa di
un’amica, a patto che tu riordinassi la tua stanza regolarmente e io sapessi
con esattezza dov’eri. E da allora in poi entrambi avremmo cercato – questa era
un’idea tua – tutti e due avremmo cercato di moderare il linguaggio.
<<Perché a volte, Billino, il tuo linguaggio è proprio
atroce, cazzo>> dicesti. <<Mi dai un pessimo esempio.>>
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