Philip Roth - Indignazione
pp. 136
17,50 €
Arriva un momento in cui gli editor non riescono a dirti che forse non è il caso di pubblicarlo, quell’ultimo racconto lungo che hai scritto; quello che, impaginato bello largo, il tuo editore ha intenzione di pubblicare come tuo nuovo romanzo.
Ed è un peccato, perché potrebbero farti notare che lo sviluppo del protagonista che ti sei inventato è monco e incomprensibile, e che il mondo che gli disegni attorno è sempre, sempre fuori fuoco. Che i personaggi parlano in maniera profondamente irreale, che gli scontri verbali che dovrebbero essere il climax della vicenda fanno venire il latte alle ginocchia. Che gli unici personaggi per cui si provi un minimo di affezione nel corso del libro sono quelli con un evidente problema psichico, e anche loro sfruttano l’empatia che non possiamo non provare per i poveri matti.
Che la chiusura con il dialogo dal mondo dei morti è ridicola.
Gli editor, se non avessi tu oltrepassato quel momento in cui si smette di poterti dire che hai scritto una cosa piuttosto brutta, avrebbero potuto dirti che c’erano delle cose buone: il rapporto con il padre (anche se: due palle questa metafora super-esplicita della macelleria), l’idea di ambientare tutto intorno alla guerra di Corea, il romanzo di formazione che non passa mai di moda perché il passaggio dalla cretinaggine adolescenziale a quella adulta l’abbiamo vissuto tutti e non smette di sembrarci un momento importante. Ma ti avrebbero detto anche che non bastava e che magari valeva la pena di tagliare, tagliare, tagliare e farne un bel racconto (magari bellissimo) di cinquanta pagine.
Ma gli editor hanno smesso di dirti queste cose e quindi, vabbè, l’hai pubblicato.
Pazienza.
(per completezza: Indignazione parla del figlio di un macellaio kosher che va a studiare in un’università lontana per sfuggire all’asfissiante padre. il ragazzino è uno studente modello, ma al college scopre il sesso con una matta e ninfomane ma, oh, molto dolce. Non fa amicizia con nessuno ma litiga col rettore. Fuori incombe la guerra di Corea. Finisce male)
pp. 136
17,50 €
Arriva un momento in cui gli editor non riescono a dirti che forse non è il caso di pubblicarlo, quell’ultimo racconto lungo che hai scritto; quello che, impaginato bello largo, il tuo editore ha intenzione di pubblicare come tuo nuovo romanzo.
Ed è un peccato, perché potrebbero farti notare che lo sviluppo del protagonista che ti sei inventato è monco e incomprensibile, e che il mondo che gli disegni attorno è sempre, sempre fuori fuoco. Che i personaggi parlano in maniera profondamente irreale, che gli scontri verbali che dovrebbero essere il climax della vicenda fanno venire il latte alle ginocchia. Che gli unici personaggi per cui si provi un minimo di affezione nel corso del libro sono quelli con un evidente problema psichico, e anche loro sfruttano l’empatia che non possiamo non provare per i poveri matti.
Che la chiusura con il dialogo dal mondo dei morti è ridicola.
Gli editor, se non avessi tu oltrepassato quel momento in cui si smette di poterti dire che hai scritto una cosa piuttosto brutta, avrebbero potuto dirti che c’erano delle cose buone: il rapporto con il padre (anche se: due palle questa metafora super-esplicita della macelleria), l’idea di ambientare tutto intorno alla guerra di Corea, il romanzo di formazione che non passa mai di moda perché il passaggio dalla cretinaggine adolescenziale a quella adulta l’abbiamo vissuto tutti e non smette di sembrarci un momento importante. Ma ti avrebbero detto anche che non bastava e che magari valeva la pena di tagliare, tagliare, tagliare e farne un bel racconto (magari bellissimo) di cinquanta pagine.
Ma gli editor hanno smesso di dirti queste cose e quindi, vabbè, l’hai pubblicato.
Pazienza.
(per completezza: Indignazione parla del figlio di un macellaio kosher che va a studiare in un’università lontana per sfuggire all’asfissiante padre. il ragazzino è uno studente modello, ma al college scopre il sesso con una matta e ninfomane ma, oh, molto dolce. Non fa amicizia con nessuno ma litiga col rettore. Fuori incombe la guerra di Corea. Finisce male)
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