lunedì 3 ottobre 2011

Cosa racconteremo dei film che (non) vedremo di questi cazzo di anni zero




(LA RUBRICA DEI FILM DI STEFANO - Stef, vai a vedere Sex and Zen 3D e ce ne fai la recensione?)
THERE WILL BE BLOOD – USA 2007, 158’. Regia di Paul Thomas Anderson.
Raramente mi è capitato di vedere un film con una tale forza espressiva capace di farti rimanere immobile al punto che quando rifiati dopo una scena hai le gambe che ti fanno male. Prima se pensavo al cinema puro pensavo a Kubrick o Leone, adesso mi viene in mente subito questo film.
I primi quindici minuti, favolosi, con una sirena ( Jonny Greenwood, suoni con la band più fica e sei pure un gran compositore! ) sparata verso le frontiera, dove un uomo è in cerca di sangue nero.
Certo bisogna menzionare Daniel Day-Lewis ( e bisogna vederlo in originale sennò non vale ) e accennare alla storia. Daniel Plainview è uno che sa trovare i pozzi buoni, porta con sé il figlioletto orfano del suo amico, sia per devozione che per far buona impressione con la gente, e un giorno si imbatte in un ragazzo che dice che dove abita lui di petrolio ce n’è a volontà. È la svolta. Plainview accresce sempre di più le sue fortune, arriva a rifiutare contratti milionari per fare di testa sua e portare il petrolio ovunque senza bisogno di nessuno. Ma più il petrolio viene estratto più cresce il suo odio, verso tutti. Verso il predicatore con cui deve scendere a patti per farsi vendere le terre dalla gente che pende dalle sue labbra; verso suo figlio, rimasto sordo dopo l’incendio alla torre d’estrazione, verso chiunque provi a vivere in maniera serena. Musica: Fratres di Arvo Pärt e questo di Brahms. Poi i pezzi di Greenwood: Popcorn Superhet Receiver, Prospectors Arrive e Convergence.


LA ZONAMEX 2007, 97’. Regia di Rodrigo Plá.
Questo film invece ti attanaglia con la miseria umana, con il razzismo e la ferocia di cui siamo capaci. Ambientato in Messico, ma pare che nel futuro prossimo sorgeranno “zone” in diverse parti d’Occidente, dove all’interno di una grande città sorge un quartiere speciale, una zona appunto, con i muri e i recinti, con l’ingresso e l’uscita controllati da guardie private, con un proprio sistema di video-sorveglianza e un’assemblea di quartiere. Soprattutto la possibilità di negoziare leggi private in accordo con lo stato. Non bisogna per forza essere straricchi per vivere nella “zona”, basta non essere come i poveri là fuori, la feccia. Succede che tre ragazzi entrano di notte grazie alla corrente che salta, irrompono nella casa di una signora per derubarla e uno di loro la ammazza. Interviene una guardia che uccide due di loro e però a sua volta viene uccisa da un residente armato. Il quartiere cercherà dapprima di non far sapere niente alla polizia, poi quando non sarà più possibile, e intanto il ragazzo superstite è in trappola, si metteranno d’accordo con le solite mazzette. Alejandro, uno studente non del tutto convinto della bontà di vivere dietro un muro, finisce per fare amicizia con Miguel, il ragazzo superstite, lo filmerà mentre confessa i suoi reati, e cercherà di farlo uscire dalla “zona”.  



CONSUMATI. Da cittadini a clienti – Benjamin R. Barber ( 2007 anno d’uscita, 2010 anno di pubblicazione in Italia)
Barber considera il capitalismo come malato, non certo come una malattia. Descrive il cambiamento avvenuto nell’essere passati da una società spinta dall’ethos protestante ( parlando spesso del saggio di Max Weber ) ad un ethos infantilistico, passando per la privatizzazione del cittadino fino alla società totalizzante, in cui il marketing conquista ogni spazio possibile. I passaggi che ho trovati attinenti ai due film sopra sono quelli in cui racconta i capitalisti di una volta ( addirittura Jakob Fugger ), parlando di Rockfeller, che mi ha ricordato il Daniel Pleinview del Petroliere. Così viene descritto Rockfeller, citando un passaggio dalla biografia scritta da tale Chernow: “nell’intento di imporre un ipertrofico desiderio di ordine in un industria senza legge e senza Dio, che poi era quella petrolifera, Rockfeller dimostrava una brama di dominio […] un atteggiamento di superiorità messianica, e un disprezzo per gli inavveduti che si mettevano sul suo cammino, oltre che una forma di crudeltà competitiva, mancanza di scrupoli e collusione su larga scala senza precedenti”. Tutto ciò comunque inserito nell’ottica dell’ethos protestante.

Per quanto riguarda il film messicano ho trovato questo lungo passaggio: “negli ultimi vent’anni abbiamo assistito all’esternalizzazione e alla privatizzazione delle funzioni di polizia nei paesi sviluppati e in via di sviluppo, ancora una volta guidate dagli Stati Uniti”. C’è un accenno alle carceri for profit, non più attente alla punizione e alla riabilitazione dei cittadini, ma alla competizione con altre aziende. Infine si arriva “all’assunzione di agenti di custodia privati e la creazione di comunità chiuse e segregate che caratterizzano sempre più le periferie americane, che tentano di isolarsi dal degrado urbano. A Parigi e Londra, la valenza è opposta: lì le ricche enclave del centro cercano di isolarsi dalle banlieue. L’isolamento è però inefficace: gran parte dei mali urbani, dalle droghe e dalle gang alle armi e alla delinquenza giovanile, hanno seguito le popolazioni del ceto medio che si ritiravano dalle zone centrali per rifugiarsi nelle fasce suburbane e nelle aree verdi decentrate. E i ghetti della periferia non isolano le élite del centro dalla violenza e dal caos, come hanno imparato i francesi nell’autunno del 2005. La privatizzazione della sicurezza non funziona un granché. Inoltre, isolare le comunità povere privatizzando la sicurezza per i ricchi vuol dire dividere il popolo e corrompere la cittadinanza democratica. Significa minare il concetto stesso di sicurezza pubblica, la cui legittimità dipende interamente dal suo essere costituita e applicata collettivamente. Distribuire i benefici della sicurezza in base alla classe o al reddito o permettere a gruppi di una comunità di creare una propria sicurezza privata significa, di fatto, abrogare il contratto sociale”. Ci sarebbe anche da menzionare il paradosso delle guardie di sicurezza private utilizzate nelle missioni all’estero ( vedi Iraq ), con la situazione assurda dell’ambasciatore statunitense protetto da esse invece che dai soldati. Oltre al fatto che gli appalti sono assegnati dagli uomini di governo che siedono nei consigli d’amministrazione delle società a cui vengono assegnati tali appalti. Senza contare che queste forze “speciali” in pratica non rispondono a nessuno.

1 commento:

insorgere ha detto...

http://www.super-pop.it/blog/2009/06/Elezioni-Comunali-Sborra.jpg


questa mi era sfuggita