mercoledì 7 settembre 2011

Best Impression in Earth (La rubrica dei film di Stefano)



Premessa doverosa. L’ho visto due volte, prima al cinema poi a casa. Per rivederlo con più calma. La visione fu in un cinema all’aperto, in mezzo ai lamenti e agli sghignazzi. È troppo lungo, quando finisce, che significa questo, che significa quello. Una mia amica ( fresca rosa aulentissima, motivo principale di distrazione e agitazione interiore, bella e impossibile come le rovesciate, che quasi uno si accontenta di prendere il pallone e sognare, nell’attimo in cui si ricade a terra e la botta fa male al cuore ) ha provato a chiedere ad una signora se per cortesia poteva far stare buone le sue bambine, e si è sentita rispondere che tanto i dialoghi non c’erano.  

Nota alla locandina. Ho scelta quella con il piede di un neonato in omaggio a Gaia, nata da pochi mesi, mia nipotina. Così se ancora le sue foto non sono state messe su face book l’ingresso nel world wide web è assicurato.

THE TREE OF LIFE – USA 2011, 139’. Regia di Terrence Malick.
Un inno alla vita. Un maestoso, ambizioso inno alla vita. Un viaggio attraverso continui salti tra le vite dei personaggi, tra l’evolversi dell’universo e della Terra, ogni stato che si rinnova, ogni esistenza legata all’altra dall’energia, e prova a dire l’autore, dalla grazia, da Dio. C’è una famiglia, cui sappiamo sin dalle prime battute che incontrerà il lutto, la perdita di uno dei tre ragazzi all’età di 19 anni, nell’America anni ’50 delle messe ogni domenica e dei padri padroni; i momenti di crescita dei bambini, i loro giochi con la madre che è uno splendore e gli scontri con il padre ( musicista fallito dice lui: i musicisti non falliscono mai ) che esige di essere chiamato “Signore”. C’è la natura, osservata spesso dal basso verso l’altro, posando lo sguardo lungo i fusti degli alberi, attraverso i fili d’erba, verso il cielo, perfino sott’acqua. Lunghe sequenze per raccontare la nascita delle stelle e dei pianeti, i primi esseri viventi, i dinosauri e infine l’uomo. Poi le anime, tutte assieme, finalmente assieme per darsi gli abbracci che mancavano e dimenticarsi dell’odio trasmesso inutilmente. Ora: passata la sbornia dell’emozione, delle lacrime post-capolavoro, degli stati d’animo attraversati come se invece di due ore e passa fossero passati anni, dovrei fare degli accenni su alcuni aspetti tecnici, com’è d’uopo ( sì, d’uopo ) in questi casi. Per fortuna non faccio il critico e quindi mi limito a dire che ho trovato perfetto il modo di seguire i personaggi con la macchina da presa, come in una danza, nei giochi domestici come nelle arrampicate sugli alberi. Il film alterna tre scenari: quello principale della famiglia, quello del figlio maggiore ormai adulto che ripensa alla sua vita nel mondo moderno e quello più naturalistico tipo super quark per usare una similitudine almeno chiara. Le voci fuori campo dei protagonisti legano il tutto. C’è un’armonia iniziale, la famiglia, rotta da un lutto, poi si torna indietro a scoprire le altre magagne, la durezza del padre e la ribellione del primogenito, la sua scoperta dell’odio. Come potrebbe dire “Quèlo” la domanda non è tanto chi siamo dove andiamo eccetera, ma piuttosto come direbbe un altro “Che fare?”. Posta la nostra vicenda in un turbinio di eventi macrocosmici come abitiamo i nostri spazi, cosa ne facciamo della nostra energia? La risposta del film è affidata alla voce della madre: vivere amando, meravigliandosi, sperando. Quando il primogenito ( Sean Penn ) si ritrova a camminare alzando lo sguardo in mezzo ai grattacieli c’è un momento in cui si accorge di ciò che lo circonda e sorride. Uno di quei momenti speciali che a volte càpita di incontrare, un lampo di gioia. Ve ne racconto uno: qualche anno fa stavo andando in motorino per la campagna dalle mie parti e canticchiavo un po’ a voce un po’ mentalmente “Otherside” dei Red Hot Chili Peppers. Verso la fine della canzone c’è uno special in cui la tensione aumenta fino a sfociare nell’assolo distorto di Frusciante John, ed è il momento che più mi piace della loro musica ( ho molti dei loro dischi, regolarmente acquistati ). Bene, stavo percorrendo una salita proprio mentre cantavo lo special, dunque tensione su tensione, e meraviglia delle meraviglie scollinai sull’assolo di Frusciante con il sole rosso fuoco dei tramonti in faccia con una coincidenza oserei dire magica, e davvero in quell’attimo avvertii una gioia ricca, elettrizzante, piena di vita. Dimenticavo: le musiche, originali e non. Da ascoltare e riascoltare. C’è molta classica e mi pare anche sacra, ed è da brividi. Film lungo, rece lunga. 

5 commenti:

Anonimo ha detto...

( fresca rosa aulentissima, motivo principale di distrazione e agitazione interiore, bella e impossibile come le rovesciate, che quasi uno si accontenta di prendere il pallone e sognare, nell’attimo in cui si ricade a terra e la botta fa male al cuore )
esiste qualcuno che scrive una cosa del genere, pensandola? o la scrive per scriverla?

stef ha detto...

@ anonimo

scrivere per scrivere no, immagino che si scriva sempre per qualcuno, a parte i diari o non so che. Cos'è che trovi sbagliato o ridicolo o altro?

Anonimo ha detto...

nè sbagliato, nè ridicolo. molto bello. TROPPO molto bello

stef ha detto...

un po' ho anche barato. L'inizio viene da Rosa fresca aulentissima di un certo Cielo d'Alcamo, ( XIII sec.) poeta siciliano. La sua è una cosìdetta poesia giullaresca, anche se usa sia il linguaggio popolare che colto, il tutto a detta degli esperti, di mio ho solo sfogliato un libro di letteratura per le scuole superiori. Nella poesia c'è un dialogo fra un giullare che ce sta a provà e una donna che resiste resiste ( minaccia di farlo menare dai suoi, estiqatsi dice lui, c'è una legge che me rimborsa ) ma poi cede non tanto alle sue belle parole, ma alla sua insistenza. Assedio prima dell'era-stalking

va be', hai preso proprio la parte vera e necessaria di tutto, nel senso che il resto neanche mi ci sarei messo a pensarlo

le rovesciate poi da piccolino mi venivano anche bene

Anonimo ha detto...

seeeeeee. :) mo ti posso far passare l'amor Scortese, ma che facevi le rovesciate... no.