Il sogno è uno di quelli soliti
(O. e C. ci vedono:
sottofondi sessuali e insoddisfazioni personali):
di crepe nei muri e di lenzuola a fiori sui balconi
di condomini altissimi e un chiosco di giornali
nello spiazzo dove c'è ora la rotonda
(Pino Sopraffino, il giornalaio,
ero convinto vivesse lì, e io ci compravo i libri, e il mio primo porno, che era giapponese, e ora ci portano a pisciare i cani) (e a baciarsi le coppiette)
(E quello spazio teoricamente evita incidenti, comunque poco gravi - a quell'incrocio non c'era morto mai nessuno, d'altra parte non c'è niente,
nessun posto in cui andare, non c'è ragione d'affrettarsi,
una pizzeria, un supermercato che hanno appena aperto - brutto, ma mia madre dice costa poco)
(E ci abita gente che conosco, intorno a quella rotonda,
tutti figli di gente che lavorava all'Italsider, ma anche l'unico delinquente o quasi che ho avuto per amico - invece che per cugino
- andavamo d'accordo, in seconda elementare - il che forse fa di lui solo un teppista, aveva sette anni -
E con me era gentilissimo,
Solo che una volta - giocavo a pallone nel campetto sotto casa sua -
Provò a tirarci - a me e ai miei compagni di squadra -
bottiglie di birra vuote in testa - gli sarà sembrato divertente, ma non sapeva che giocavo in quella squadra - dopo un po’ abbiamo anche smesso d'essere amici, ma non mi ricordo come, forse ha cambiato scuola - scrissi un tema molto bello, su tutta la vicenda).
E nel sogno le campagne
si aprivano alle spalle dei palazzi*:
Le case popolari come ritratte e concentrate
contro la sterpaglia che riconquistava spazio.
* come nella realtà, ma ancora più incoerenti
E forse le campagne erano anche fra i palazzi
E per andare da uno all'altro bisognava riconoscere i sentieri
Schivare i cani randagi
E arrampicarsi
Nessun commento:
Posta un commento