(abbuffata Horror a questo giro: grazie, Stefano)
Breve introduzione: come si sarà capito, mi sono messo a mappare le produzioni horror di alcuni paesi, chiaramente pesco parte a casaccio parte secondo ricerche, cercando il meglio ovvio.
ILS – Loro sono là fuori. FRA 2006, 77’ . Regia di David Moreau e Xavier Palud. Il film che mi è piaciuto di più dei cinque e in generale degli ultimi horror visti, per questo anche quello di cui meno devo parlare per non rivelare nulla a chi lo volesse vedere. Considerando l’ondata delle pellicole sanguinolente arrivate dalla Francia, gioca tutto sul mistero e sui classici della tensione. Madre e figlia in macchina si schiantano contro un palo della luce, non si fanno male, però la macchina non parte; la madre scende apre il cofano e sparisce, la figlia la seguirà in breve. Sembra che si avrà a che fare con delle creature mostruose, animali comunque, invece. Il giorno dopo si conoscono i veri protagonisti della storia, una coppia di francesi che vivono a Bucarest, lei insegna in un collegio di lingua francese, lui è uno scrittore. Di notte, in casa loro, una vecchia e grande casa situata vicino ad una foresta, cominciano i problemi. Rumori, corrente che salta e ritorna, la loro macchina rubata, ombre che si fanno sempre più concrete, urla belluine, costretti a fuggire. Oltre a l’interesse per capire come andrà a finire ( cioè non tanto si salvano o non si salvano, piuttosto ma chi sono e che vogliono quegli altri ) mette pure paura.
À L’INTÉRIEUR. FRA 2007, 83’ . Regia di Alexandre Bustillo e Julien Maury. Cerca in tutti i modi di sconvolgere e per buona parte ci riesce. Più che il sangue, tanto, è l’efferatezza a colpire, e poi un finale che insomma, è tosto. Sarah, incinta, va a sbattere contro una macchina, nell’incidente muore il suo compagno e crede lei, chi era nell’altra macchina. Ma invece no, nell’altra macchina c’era una con il volto di Beatrice Dalle, vista in “Tassisti di notte”, vestita di nero, lenta, matta. Dal momento che era incinta anche lei, ma il suo bambino è morto, si è decisa a prendere quello di Sarah, direttamente dalla pancia. Vigilia di Natale, Parigi brucia, un campo di battaglia in piccola scala, le forbici rubano la scena a tutti. Insieme con “Martyrs”, il Titolare ne ha già detto, fra i più duri da digerire in circolazione. Tra l’altro in Italia manco è uscito.
AI CONFINI DELL’INFERNO. FRA 2007, 108’ . Regia di Xavier Gens. Parte in mezzo a una guerriglia post-elezioni, anche qui immagino a richiamare gli incidenti delle “banlieues”, quattro giovani d’origine algerina, fra di loro una ragazza incinta ( sarà una costante ), hanno fatto un colpo, un mucchio di soldi, scappano verso l’Olanda. Diventa poi una sorta di “Non aprite quella porta”, con una famiglia armata di tutto punto, una porcilaia per le torture e per i maiali, un padre padrone nazi in cerca boh della discendenza purissima, e insomma abbonda lo splatter, ma pure la noia; è proprio brutto.
SAINT ANGE. FRA 2004, 98’ . Regia di Pascal Laugier. Storia di fantasmi, bambini fantasmi, in un orfanotrofio appena chiuso, nelle Alpi Francesi ’58. Arriva Anna, cacciata dal precedente lavoro forse perché incinta, a dare una mano per le faccende. Sono tutte donne, la direttrice, la governante, c’è anche una ragazza, dalla personalità disturbata, orfana e irrecuperabile. Il mistero del film sono le presenze di questi fantomatici bambini, sui quali si ostina ad indagare la nuova venuta. Il film è anche bello dal punto di vista estetico, sviluppa o meglio ingarbuglia i personaggi, ma è pesante; la musica, dalle parti di Debussy ( e poi molto meglio un violoncello solo come nella scena del sotterraneo ) come d’uopo per descrivere il fantastico o l’onirico, sembra servire a tappare i buchi e quindi male. Però il regista è quello che poi farà “Martyrs” e infatti a un certo punto si vede un po’ d’azione. La protagonista scopre un sotterraneo, ancora una discesa verso l’ignoto, e quando vi arriva scopre una sorta di laboratorio stile resident evil oppure appunto “Martyrs”, bianchissimo, immenso, animato guarda un po’ da ‘sti benedetti bambini, che pare subissero degli esperimenti oppure no. A voler essere noiosi direi che la morale è che le pasticche è meglio prenderle, si andrà sul pianeta Trillafon ma almeno non si avranno certe allucinazioni; a voler immergersi nelle interpretazioni c’è della sostanza sotto, ma il film non ha forza, il regista comunque si farà apprezzare ( “Martyrs” l’ho già detto? ) e svilupperà meglio i temi religiosi o mistici che pare gli interessino.
DANS MA PEAU. FRA 2002, 93’ . Regia di Marina de Van. La protagonista ( la regista stessa ) va ad una festa e accidentalmente si taglia; una brutta ferita di cui però non si accorge. Com’è o come non è, comincia ad avvertire una ossessione continua per la sua carne, deve tagliarsi. La sua vita scorre come sempre, ha un compagno, viene promossa sul lavoro, ma a lungo andare perde ogni interesse per null’altro che se stessa. Si tagliuzza, si mangiucchia, nella completa solitudine e insofferenza. Ora, a me sembra che come cortometraggio sarebbe stato perfetto, perché è tedioso ogni oltre limite, la rappresentazione dell’ossessione che pian piano si insinua mediante inquadrature asciutte, buone le scene dure e crude, restituisce magari a pieno tutta l’ambiguità di questa donna, la sua follia senza disastri, senza clamori, ma per un’ora e mezza è uno strazio.
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