martedì 15 settembre 2015

IL MONDO NUOVO


Con questo film si compie il percorso artistico di un autore, Claudio Caligari, che sebbene abbia potuto completare solo tre film, meno di quanti ne avesse in mente e in lavorazione, è ugualmente riuscito a lasciare il segno per tanti appassionati di cinema, grazie alla sua capacità di andare al fondo delle storie raccontate per restituirne il tratto essenziale delle vicende umane. Saper dire il vero, scegliendo di non dire il bello. Non essere cattivo riprende Amore tossico (in mezzo c'è L'odore della notte, film di assalti e rapine notturne, molto introspettivo, con Mastandrea e Giallini) proprio dalla scena iniaziale del gelato, per poi raccontare la storia di due amici fraterni, Vittorio e Cesare, conflittuali, diversi nel carattere e destinati a percorrere strade differenti. Passando attraverso la vita violenta, la sregolatezza, e poi il tentativo di redimersi accettando di malavoglia quella che è per quasi tutti la quotidianità: il lavoro, la famiglia, la noia. Per alcuni un compromesso accettabile, per altri una catena troppo stretta e pesante. Oltretutto in un mondo in cui attraverso il denaro passa la differenza tra poter scegliere e subire. Il racconto ha anche momenti leggeri; come in ogni film di Caligari, i suoi personaggi pur agendo ai margini e oltre la legalità, compiendo torti, rimangono impacciati, non sono i veri cattivi da tenere lontani, come direbbe Rust Cohle; o almeno non tutti.


E dunque il titolo del film può essere preso come un buon promemoria: non essere cattivo, tendi al bene, per quello che ti è possibile. Curiosamente lo stesso consiglio contenuto in un bel libro recente, Mar Bianco di Claudio Giunta. Un giallo che si può gustare avendo l'accortezza di aspettare una notte piovosa e che credo possa essere apprezzato sia dai cultori dell'investigazione, sia da chi si perde nei dettagli, negli spazi morti, nelle riflessioni in cui si affonda tenendosi aggrappati alla letteratura. La storia di un giornalista freelance in declino al quale l'equilibrio dei morti e dei vivi consegna una seconda possibilità, professionale e sentimentale, portandolo alla ricerca di tre giovani uomini scomparsi in un arcipelago (Solovki) al largo del Mar Bianco. Una zona descritta come l'habitat naturale del male trasmesso come un virus, dalla violenza tribale con le sue regole, alla violenza istituzionale della "parentesi" sovietica. Al mistero della trama si aggiunge la ben più ardua ricerca di senso del protagonista, che man mano che scopre dettagli di uno dei tre scomparsi, aggiunge dettagli e domande sulla propria vita, su come e cosa ci fa cambiare – più cerchiamo di avvicinarci a una certa consapevolezza e più ci sgomenta l'incidenza del caso (Infinite Jest), o almeno vale per certe persone, chissà quelli che vanno dritti senza cedimenti – cose così. Ma insomma si ride pure, si legge con piacere, c'è un personaggio memorabile e toccante, Valentin, c'è di passaggio un rimando a Pascale, Passa la bellezza, che ci sta sempre bene. C'è insomma da leggere (e ogni tanto regalate dei fiori!).



martedì 18 agosto 2015

IL MONDO NUOVO


Mommy - Canada 2014, regia di Xavier Dolan


Il ragazzo morde il mondo e il mondo ricambia; affamati e incontenibili. E poi lo sguardo si apre ad ogni possibile istante da viversi senza freni, con tutte le conseguenze che ciò comporta. È un film che oltrepassa le barriere emotive e forse costringe ad erigerle, perché sembra tutto sbagliato e tutto giusto quello che accade, quello che vivono questa madre e questo figlio, questa coppia di amori finiti in mezzo a circostanze che farebbero tremare i polsi ai più, santi inclusi. Un film che non si trattiene, che non ha paura di usare ralenty e splendide canzoni, che va visto in originale per avere ancora più addosso il frastuono dolce e atroce, la speranza e i nervi a fior di pelle, la dannata solitudine di questa madre e questo figlio e della loro nuova amica, corpi fragili che si sbattono addosso e si coccolano e finalmente ridono per un po' di tempo, per un breve e sacrosanto momento di riposo da una vita schifa.   

mercoledì 29 ottobre 2014

GIOVANI E FAVOLOSI



BIGLIETTI PREGO!

Sul treno verso la solita manifestazione c’erano due ragazzette delle medie, o delle superiori, non saprei dire, ormai vado per i 30 e non mi (dis)oriento più in quel senso. Poi arrivò una giovane donna. Bella che un passeggero prima di scendere passandole di fianco fra i sedili si fermò come per controllare. Bella ed elegante, discreta, con dei semplici pantaloni neri e una camicetta rosa leggera sotto la quale albeggiava un reggiseno nero. Bella con le cuffiette per ascoltare la musica mentre sorrideva al suo piccolo schermo in mano (beati loro), mentre io sorridevo al mio piccolo libro e un po’ sbirciavo. Poi lei cominciò a truccarsi e a controllare e ricontrollare che fosse tutto perfetto, prima nel suo specchietto e poi persino nel riflesso del vetro della carrozza. A quel punto le avrei voluto dire che più di così non poteva fare, che oltre avrebbe sedotto l’umanità intera, le divinità tutte e chissà cos’altro. Non dissi nulla. Io osservo, ascolto, prendo nota mentalmente e a volte riporto in seguito. Arrivo tardi, come alla manifestazione, che credevo fosse di pomeriggio e invece era di mattina. A dire il vero per alcuni la manifestazione era organizzata da gente in ritardo con la storia. Il Wall Street Journal lo chiamò il Movimento per il suicidio economico dell’Italia. Così a spasso per Roma incrociavo sparuti gruppetti di ritorno stando attento a Google maps per non perdermi. Lungo Via Merulana, che già è tutto dire, c’è Largo Leopardi, e qui la toponomastica giocò sporco, assieme a un tale che si mise seduto poco più in là dove io mi ero fermato per riposare il piede malandato, che non la smetteva di parlare al cellulare della sua storia con un altro uomo ormai in crisi, dopo nove anni, perché lui credeva ancora nella sincerità del sentimento (parole sue), mentre l’altro nella generosità del coito (interpretazione mia). Poi non molto da segnalare, una visita annoiata al museo d’arte orientale e il rientro in treno con la sera che avanzava assieme a una metafora della mia inesistente situazione sentimentale, piccoli appunti come questi scritti sull’onda dell’entusiasmo per una ragazza incontrata, che man mano si fanno più incerti, circondati da scarabocchi e righe e forme geometriche ossessive e soprattutto puntini di sospensione in caduta libera; fino a che arriva sempre il momento che la storia non c’è, i personaggi non ci sono, non si è fatto neanche un racconto e la pagina è da buttare (sei solo un amico).


martedì 26 agosto 2014

IL MONDO NUOVO





Intro: “Ehi, ciao, quanto tempo. Ti chiamo per… sai sto vedendo un film stupendo, c’è un tizio solitario che lavora al comune di Londra e si cura dei funerali di chi non ha famigliari, gente sola…pensavo a noi, cioè a te, se ti andava di… non dico per forza a un funerale… anche solo da un’altra parte… ah!… però aspetta non... attaccare.”

Intermezzo trascurabile dal punto di vista del film: c’è una raccolta di saggi di Stephen Jay Gould, On Land, e in uno di questi si parte dal funerale di Marx, pare ci fossero solo nove persone (non è da questi particolari che si giudica un…) e una di queste fosse uno scienziato con il quale Marx nei suoi ultimi anni aveva stretto un legame. Ora non ricordo bene, ma è istruttivo perché all’epoca Marx aveva appoggiato la teoria di Darwin, sebbene piegandola alla sua visione ideologica, e in poche pagine Gould mostra come in fondo non è che Marx l’avesse poi capita così bene, cosa in sé comprensibile. Però è interessante perché Gould ricostruisce un poco il rapporto fra Marx e Darwin per quanto riguarda la ricostruzione che in parte è arrivata ai giorni nostri.

Still Life, di Uberto Pasolini, 2013, UK e Italia. Questo film credo abbia avuto un discreto seguito, premiato a Venezia, buone recensioni. Per me un vero gioiello, piccola e delicata sorpresa. Ne voglio parlare un po’ a fondo per cui avviso l’eventuale passante [SPOILER] Il protagonista, John May è una sorta di eroe in miniatura, un tipo davvero solitario che si occupa di una cosa alla quale nessuno di solito pensa se qualcuno non ti viene a dire che c’è un lavoro apposta. In breve è un impiegato del comune che si occupa di risalire ai parenti o amici di un defunto in seguito al decesso, quando il defunto a una prima ricerca non ha nessuno che se ne occupi. Nella prima parte l’incanto arriva dai modi di John May, dalla sua cura per i dettagli che mette nell’organizzare il funerale, anche quando è solo lui che vi assiste. Poi arriva il suo ultimo caso, dal momento che per dei tagli al personale e perché le sue ricerche scrupolose in fondo costano. In quest’ultima ricerca scopriamo particolari di vita di un uomo che nel film non vediamo mai: una sua vecchia compagna, la sua giovane e graziosa figlia che non lo vede da anni, da quando era in carcere; e la cosa curiosa è che già ne sappiamo più di questo tizio che di John May, che si porta addosso un velo di tristezza esile, pacata, sostenuta da musiche perfette (di Rachel Portman) e distratta da piccoli momenti buffi che rendono il film più leggero e godibile. Solo nel finale è concessa un po’ di commozione e la storia subisce un paio di colpi ad effetto che però non guastano, sebbene il primo sia amaro, beffardo. Magari rendono meno coerente il tutto, ma questi poi sono pensieri oziosi.

lunedì 25 agosto 2014

IL MONDO NUOVO






Premessa numero uno: nel Simposio di Platone a un certo punto Socrate chiede a Diotima quale sia l’essenza più vera di Eros. Diotima risponde che è il demone, dato che tutto ciò che è demonico è intermedio fra Dio e il mortale. Da qui poi parte tutto un discorso che ha affascinato Hölderlin circa la complessità della figura di Eros, circa l’aspirazione imperfetta dell’uomo nel suo agire per forza di cose asintotico verso una unificazione con robe tipo l’essere o la natura. Per cui poi ci attende il regno della bellezza. Più o meno. Poteva andare peggio.

Premessa numero due: nel film Giovane e Bella a un certo punto i ragazzi in classe recitano una poesia di Rimbaud, Romanzo, che si può leggere qua. E insomma vado a prendere il mio libro di poesie di Rimbaud e quando trovo la poesia vedo che su alcuni versi ci ho fatto delle righe sopra a matita, come a volerli cancellare. Piccole debolezze e coincidenze, solo perché non ho foto di gattini a disposizione.

Il film dunque. Giovane e Bella, Jeune et Jolie, di François Ozon, Francia, 2013. Isabelle, una giovane di 17 anni torna dalle vacanze dopo aver avuta la prima esperienza con un uomo e comincia a prostituirsi. Alla scuola e alle festicciole nelle quali scivola un po’ anonima avvolta in abiti larghi e per nulla attraenti alterna camere d’alberghi lussuosi, clienti maturi e benestanti, abiti firmati e sensuali, a volte presi di nascosto alla madre. Perché? La madre chiederà invano (non dei vestiti). E così procede, da un lato forse con sconcerto e tristezza, oppure no, procede dolcemente, lasciando al nostro sguardo le cose che la giovane Isabelle fa, lasciandoci immaginare la sua intimità. Per alcuni, molti, il suo fascino.

domenica 24 agosto 2014

IL FUTURO Ė TROPPO GRANDE

Per chi è interessato ai film documentari segnalo questa recensione e la relativa rubrica, così potete restare aggiornati alle prossime visioni.

Il film si chiama Il futuro è troppo grande, metto anche il link al sito. L'ho visto anch'io ed è un film che riesce a fornire alcuni spunti di riflessione sia sul tema dell'immigrazione che sul modo in cui poi ogni persona vive e racconta la sua esperienza, considerando che gli stessi protagonisti hanno contribuito con immagini girate da loro stessi.


domenica 24 novembre 2013

COSE CHE (NON) CI SIAMO DETTE


Dammi risposte complesse. Così Gipi. Di fronte alla bellezza di unastoria di Gipi e di Una sterminata domenica di Claudio Giunta (rimando anche al suo sito, dove ci sono materiali estratti da poter leggere), verrebbe da ammettere che no, io al momento non posso dare risposte complesse e restituire quanto ho ricevuto e forse nemmeno fare domande complesse. E dunque la miglior cosa è chiedere risposte complesse. Poi la bellezza si esprime in varie forme, e le tavole di Gipi in qualche modo contraddicono il suo assioma, perché travolgono con una immediatezza tale che uno vorrebbe abbandonarsi a quella forza e tacere. Che sia una forza triste o gioiosa. Invece nella bellezza della raccolta di saggi di Giunta, ma vale anche per tutti i saggi nei quali riconosciamo un dono, ci sono alcuni aspetti che a volte insinuano dei dubbi ricorsivi, dubbi che si pone l’autore stesso, circa la possibilità di scrivere saggi sull’Italia e sul mondo che non scadano nella costernazione, nel moralismo, nel lamento dell’intellettuale. Scrivere dalla prospettiva dell’osservatore partecipante che a seconda del grado di approssimazione parlerà come Leopardi rifiutando la consolazione e l’inganno puerile, oppure come una guida al meeting di Comunione e Liberazione ( CL ), per la quale la conquista dell’Africa e dell’America è stata un’allegra scampagnata, in amicizia. Per questo ci sono le medicine. Non c’è niente come il pop, per schivare la costernazione, basta non fare attenzione. Parole di Giunta. Potrebbe essere una canzone de I cani. E a questo punto solo Lisa Simpson avrebbe la forza di ribattere. E il passo successivo è il disagio che comporta a volte questo chiedersi il perché delle cose, disagio non solo privato, per la vastità e per l’impotenza, ma anche per i rapporti con gli altri, come emerge ancora dal primo dei saggi di Giunta, quello sul meeting di CL, Anything goes. È il disagio che si prova a sentirsi estranei e in qualche modo superiori di fronte a ciò che pensano gli altri, e in questo caso a chi procede non tanto e non solo con la certezza della fede, ma con la fede nella certezza ( se ne è venuto fuori un gioco di parole à la Renzi, abbiate pietà ). E uno vorrebbe che l’abbraccio fraterno possibile non avvenga né con gli occhi strafatti della certezza né con quelli insinceri della condiscendenza, vorrebbe trovare l’immediatezza di un abbraccio e basta.

Dal momento che non si capisce molto di cosa sono fatte queste due opere, rimando ai link per le rispettive schede. Questo in fondo è solo un consiglio di lettura.

giovedì 7 novembre 2013

IL MONDO NUOVO


Womb – 2010, 111’. Regia di Benedek Fliegauf .

In questo film succede una cosa ( diciamo due ) che dovrebbe sconvolgere, ma che viene raccontata con la stessa placida grazia con la quale il film parte. Due bambini crescono assieme, poi lei parte, torna dopo 12 anni e i due si ritrovano, e diventano amanti. Poi lui muore ( preso sotto da un’auto ) e lei decide di farlo clonare e di partorire il clone, che crescerà e diventerà amante a sua volta di una giovinetta che passa da quelle parti. La vicenda viene anche narrata in una sorta di mondo a parte, una casa sul mare, nel Nord Europa, dove gli unici contatti sono con qualche bambino amico del clone e le mamme dei suoi amici, per cui apprendiamo che i cloni ( le copie ) sono emarginati dalla vita sociale, per quanto abbiano gli stessi diritti, almeno da ciò che si intuisce. La vicenda dunque è tutta giocata sul piano personale-famigliare, tanto più che il ragazzo solo alla fine saprà chi è veramente. Nelle scene iniziali e nella inconsapevolezza c’è tutta la bellezza possibile. Nei pensieri di questa donna amante e poi madre del proprio amante c’è l’incrinatura irrisolvibile del tempo che non lascia scampo e dell’unicità che l’esperienza dona alla nostra vita.