Con questo film si compie il
percorso artistico di un autore, Claudio Caligari, che sebbene abbia
potuto completare solo tre film, meno di quanti ne avesse in mente e in
lavorazione, è ugualmente riuscito a lasciare il segno per tanti
appassionati di cinema, grazie alla sua capacità di andare al fondo
delle storie raccontate per restituirne il tratto essenziale delle
vicende umane. Saper dire il vero, scegliendo di non dire il bello.
Non essere cattivo riprende Amore tossico (in mezzo c'è L'odore
della notte, film di assalti e rapine notturne, molto introspettivo,
con Mastandrea e Giallini) proprio dalla scena iniaziale del gelato,
per poi raccontare la storia di due amici fraterni, Vittorio e
Cesare, conflittuali, diversi nel carattere e destinati a percorrere
strade differenti. Passando attraverso la vita violenta, la
sregolatezza, e poi il tentativo di redimersi accettando di
malavoglia quella che è per quasi tutti la quotidianità: il lavoro,
la famiglia, la noia. Per alcuni un compromesso accettabile, per
altri una catena troppo stretta e pesante. Oltretutto in un mondo in
cui attraverso il denaro passa la differenza tra poter scegliere e
subire. Il racconto ha anche momenti leggeri; come in ogni film di
Caligari, i suoi personaggi pur agendo ai margini e oltre la
legalità, compiendo torti, rimangono impacciati, non sono i veri
cattivi da tenere lontani, come direbbe Rust Cohle; o almeno non
tutti.
E dunque il titolo del film
può essere preso come un buon promemoria: non essere cattivo, tendi
al bene, per quello che ti è possibile. Curiosamente lo stesso
consiglio contenuto in un bel libro recente, Mar Bianco di Claudio
Giunta. Un giallo che si può gustare avendo l'accortezza di
aspettare una notte piovosa e che credo possa essere apprezzato sia
dai cultori dell'investigazione, sia da chi si perde nei dettagli,
negli spazi morti, nelle riflessioni in cui si affonda tenendosi
aggrappati alla letteratura. La storia di un giornalista freelance in
declino al quale l'equilibrio dei morti e dei vivi consegna una
seconda possibilità, professionale e sentimentale, portandolo alla
ricerca di tre giovani uomini scomparsi in un arcipelago (Solovki) al
largo del Mar Bianco. Una zona descritta come l'habitat naturale del
male trasmesso come un virus, dalla violenza tribale con le sue
regole, alla violenza istituzionale della "parentesi"
sovietica. Al mistero della trama si aggiunge la ben più ardua
ricerca di senso del protagonista, che man mano che scopre dettagli
di uno dei tre scomparsi, aggiunge dettagli e domande sulla propria
vita, su come e cosa ci fa cambiare – più cerchiamo di avvicinarci a una
certa consapevolezza e più ci sgomenta l'incidenza del caso
(Infinite Jest), o almeno vale per certe persone, chissà quelli che
vanno dritti senza cedimenti – cose così. Ma insomma si ride pure,
si legge con piacere, c'è un personaggio memorabile e toccante,
Valentin, c'è di passaggio un rimando a Pascale, Passa la bellezza,
che ci sta sempre bene. C'è insomma da leggere (e ogni tanto regalate dei fiori!).