(disclaimer: post scritto in fretta e un pò sboccato)
a me quello che mi sconvolge è che
queste robe diventino una notizia. Sarà che sono uscito da relativamente poco dall'adolescenza o dalla postadolescenza, o sarà che ho una buona memoria e mi ricordo com'è, ma il modo in cui i giornalisti parlano dei ragazzi e del loro atteggiamento verso il sesso non cessa di stupirmi. A parte che qui si chiacchiera di ragazzini di dodici e tredici anni e ci si ostina a chiamarli bambini, che è vero: sono bambini, se si parla di violenza, ma in quanto a voglia di scopare e a curiosità verso il funzionamento e l'utilità del proprio pisello iniziano a essere grandi. Stiamo tornando, per paura e per psicosi, ad una situazione pre-freudiana rispetto alla sessualità infantile, e il problema è che i giornalisti parlano di sessualità infantile fino ai diciassette anni. Quando facevo la prima elementare, Gianfranco Magazzino portava in classe le figure delle femmine ritagliate da TV Sorrisi e Canzoni e
tutti i bambini della mia classe facevano capannello intorno a lui per guardarle e commentarle; mi ricordo che il commercio di giornaletti o immagini porno era diffusissimo già prima delle medie, e alle medie e alle superiori tutti avevano in classe quello che, sfruttando il vantaggio di essere seduto all'ultimo banco, passava l'ora di matematica a farsi una sega.
Quando ero piccolo passavano sempre in TV un film, Rimini Rimini, e in un episodio c'era un ragazzino di tredici anni che si scopava l'amica della madre, e poi le chiedeva un compenso. Ora non lo ripassano più in tv, quel film, ed era catalogato per famiglie. Nel Gioco di Manara la protagonista, in un attacco di foia involontaria cercava di fare una pompa a un ragazzino: nelle edizioni recenti Manara stesso ha tolto quella pagina.
Ora siamo in tutt'altro ambiente mentale: l'altro giorno, su un free press del cazzo leggevo questo articolo inquietante su "ragazze sedicenni violentate a loro insaputa e riprese con il telefonino": l'ho letto solo perché pensavo ci fosse un errore del titolista, e che le fanciulle fossero riprese a loro insaputa: mi sembrava strano che venissero violentate - a sedici anni - senza accorgersene. Non era un errore del titolista: il giornalista interrogava il solito fantomatico esperto che affermava che le ragazzine erano violentate ma non se ne accorgevano: "magari acconsentono a farlo perché sono innamorate o perché si sentono desiderate, ma in realtà sono vittima di violenza". Ora, se una a sedici anni me la dava perché era innamorata di me o perché lusingata dal mio desiderio (ma non accadeva: non scopavo, al liceo), allora ero ispo facto un violentatore? Certo, se io poi metto on line i video fatti con la mia ragazza, e lo faccio a sua insaputa, sono sicuramente un pezzo di merda, faccio qualcosa di illegale che è molto simile a una violenza e devo andare in riformatorio: ma quello che viene prima si chiama "scopare", non violenza. Un gruppo di ragazzini che se lo misura è la cosa più naturale dell'universo, triste dirlo, ché noi maschi non ci facciamo una bella figura, ma è così: crescendo ci si ritrova a misurarsi la macchina o lo stipendio o quanto è figa la nostra fidanzara, ma il concetto è lo stesso. A dodici tredici anni si è solo più sinceri, e invece di misurare oggetti transizionali ci si misura il cazzo. Ora, le domande sono: sta povera crista di insegnante deve andare in carcere o perdere il lavoro per questo (se li avesse misurati lei, lo ammetto, sarebbe ben diverso, ma se io avessi dodici anni sarebbe il mio sogno erotico preferito)? e soprattutto, se l'insegnante non si è accorta di niente, i carabinieri come cazzo sono venuti a saperlo? (questo giusto perché l'articolo di repubblica è pieno di cose inutili e non spiega per bene cos'è successo...)